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La tutela concorrenziale delle informazioni “meno riservate”

La tutela concorrenziale delle informazioni “meno riservate”
La tutela concorrenziale delle informazioni “meno riservate”

 Abstract

La tutela delle notizie riservate come diritto non titolato di proprietà industriale (art. 1, 2.4, 98 e ss. CPI) non esaurisce gli strumenti di tutela previsti dalla legge, essendo applicabile alle condotte di illecita acquisizione, utilizzazione o divulgazione di notizie riservate di natura tecnica o commerciale anche la disciplina in materia di concorrenza sleale, segnatamente la fattispecie prevista dall’art. 2598 n. 3 c.c. (alla quale rimanda infatti, in funzione residuale, l’art. 99 CPI); la detta normativa opera dunque come strumento generale di tutela sussidiaria, al quale è possibile fare ricorso sia quando ricorrano tutti i presupposti di cui all’art. 99 CPI sia quando ricorrano solo alcuni dei requisiti di cui alla citata normativa specialistica.

Per inquadrare l’ambito di operatività della fattispecie concorrenziale di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. non sovrapponibile alla disciplina speciale, si potrà, da un lato, escludere le condotte sussumibili nella fattispecie tipica del CPI (nella intepretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità e di merito); dall’altro, si potranno enucleare i casi in cui le condotte di acquisizione, utilizzazione e divulgazione di notizie riservate potranno ritenersi lecite, operazione che può essere condotta tenendo conto anche degli spunti forniti dalla nuova direttiva comunitaria sui segreti (in fase di attuazione).

L’applicazione della richiamata normativa di cui all’art. 2598 n. 3 c.c. richiede una condotta in capo al concorrente connotata dall’utilizzo, diretto od indiretto, di mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale, in modo che l’effetto di tale condotta sia tale da pregiudicare o da poter pregiudicare l’impresa concorrente attribuendo all’autore della condotta di un illegittimo vantaggio concorrenziale.

La recente direttiva comunitaria in fase di attuazione all’art. 3 considera lecita l’acquisizione (scoperta o creazione) autonoma di notizie riservate (punto 1 lett. a), e altresì lecite vengono ritenute le ipotesi di acquisizione di notizie riservate tramite reverse engineering (punto 1 lett. b); inoltre, pure lecita è l’acquisizione da parte dei lavoratori o rappresentanti dei lavoratori (punto 1 lett. c), infine, la liceità sussiste altresì in tutti i casi in cui la condotta possa considerarsi conforme a leali pratiche commerciali.

Di norma, sono mezzi scorretti di acquisizione delle informazioni riservate lo spionaggio, la violazione di obblighi di non concorrenza di natura sia legale che pattizia, nonché l’acquisizione di notizie segrete attraverso la condotta dell’ex dipendente o dell’ex agente o dell’ex collaboratore; ancora, lo storno di dipendenti o di agenti o collaboratori in genere del concorrente finalizzato all’acquisizione di segreti aziendali;

In tutti i casi in cui viene in considerazione la concorrenza dell’ex dipendente o dell’ex collaboratore, abbandonata la teoria per la quale l’ex dipendente o l’ex collaboratore sono vincolati per legge da un obbligo di non concorrenza anche successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, si determina sovente un conflitto tra interessi entrambi dotati di rilievo costituzionale: da un lato il diritto dell’imprenditore di esercitare attività imprenditoriale nel rispetto delle regole di concorrenza, dall’altro il diritto del lavoratore di utilizzare le proprie esperienze professionali il diritto alla mobilità e il diritto di accrescere le proprie possibilità lavorative. Si tratta di un conflitto la cui soluzione richiede un contemperamento da parte del giudice, tenuto conto delle circostanze del caso concreto.

Sotto un profilo più prettamente processuale la fattispecie concorrenziale in esame trova applicazione nella prassi giudiziaria in conseguenza dei deficit di allegazione e di prova delle singole notizie riservate, nonostante la prospettazione della fattispecie tipica dell’art. 98 CPI; tali allegazioni e prove sono spesso mantenute “riservate” dagli stessi attori o dai ricorrenti, che sono portati ad esporle solo genericamente; una corretta prospettazione degli elementi di fatto tuttavia consente in primo luogo, la corretta individuazione del giudice competente: gli illeciti sussumibili nella fattispecie di cui all’art. 98 CPI sono infatti di competenza del giudice specializzato (sezione Impresa e non tribunale ordinario); in secondo luogo perché la corretta e completa prospettazione della fattispecie specifica di cui al citato art. 98 CPI consente anche di utilizzare strumenti di tutela (id est enforcement privato) non applicabili nel caso in cui  le condotte non posseggano i detti requisiti,  residuando, conseguentemente, soltanto il rimedio risarcitorio.