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L’attenuante della minore gravità nella disciplina del reato di atti sessuali con minorenne: una ricognizione della giurisprudenza di legittimità sull’applicabilità di tale circostanza attenuante

L’attenuante della minore gravità nella disciplina del reato di atti sessuali con minorenne: una ricognizione della giurisprudenza di legittimità sull’applicabilità di tale circostanza attenuante
L’attenuante della minore gravità nella disciplina del reato di atti sessuali con minorenne: una ricognizione della giurisprudenza di legittimità sull’applicabilità di tale circostanza attenuante

di Giuseppe Migliore - Studio penale a Roma

 

L’articolo 609 quater del Codice Penale, che disciplina il delitto di atti sessuali con minorenne, contiene – precisamente al comma quarto – la previsione di una circostanza attenuante ad effetto speciale secondo la quale “Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

L’importanza dell’attenuante della minore gravità appare evidente se solo si consideri la severa cornice edittale collegata al delitto di atti sessuali con minorenne, che prevede l’applicazione delle pene previste per il reato di violenza sessuale (articolo 609 bis del Codice Penale), ovvero la reclusione dai cinque ai dieci anni.

Trattandosi di pene molto elevate, il possibile riconoscimento di una circostanza attenuante ad effetto speciale come quella in oggetto, con possibile diminuzione di pena in misura non eccedente i due terzi, comporta una mitigazione estremamente importante del quadro sanzionatorio.

Passando ad una disamina della disciplina dell’attenuante de qua non può sfuggire che un’analoga circostanza attenuante, identica per ratio e formulazione, sia prevista nell’ultimo comma dell’articolo 609 bis del Codice Penale (“Violenza sessuale”); per tale ragione i criteri che l’interprete è chiamato a seguire nella valutazione circa la sussistenza dell’attenuante in oggetto sono estremamente simili a quelli enucleati dalla Giurisprudenza in tema di minore gravità del delitto di violenza sessuale, seppur con delle particolarità specificamente legate alla figura di reato degli atti sessuali con minorenne.

È infatti pacifico nella Giurisprudenza che l’attenuante de qua sia applicabile tanto alle condotte di violenza sessuale aggravate per l’età inferiore agli anni dieci della vittima (articolo 609 bis, comma terzo, e 609 ter, comma secondo, del Codice Penale) che agli atti sessuali con minori della stessa età (articolo 609 quater, comma quarto, e 609 ter, comma secondo, del Codice Penale). (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 31927/2015).

Dal punto di vista sistematico la Giurisprudenza ha avuto modo di osservare in maniera granitica come l’attenuante in parola non risponda ad esigenze di adeguamento del fatto alla colpevolezza, bensì sia legata al riconoscimento di una più lieve compromissione del bene giuridico tutelato dalla Norma.

In tal senso il bene giuridico protetto deve essere individuato nella libertà sessuale del minore, nonché nel sano e regolare sviluppo dello stesso: ad una più lieve compromissione della libertà sessuale della vittima ed ad un più lieve turbamento dello sviluppo psico-fisico del minore il Legislatore ha inteso associare una diminuzione di pena, legata quindi alla minore invasività della condotta in relazione al bene protetto.

Il criterio principale che deve guidare l’interprete nell’indagine circa la sussistenza dell’attenuante in oggetto è quello di procedere ad una valutazione globale ed intera del fatto reato, utilizzando tutti i parametri di cui al primo comma dell’art. 133 del Codice Penale, con esclusione invece di quelli enucleati nel secondo comma di detto articolo.

Pertanto, il Giudicante dovrà basarsi su una valutazione globale della vicenda, in cui assumeranno importanza: la qualità dell’atto compiuto, il grado di coartazione della vittima, le condizioni fisiche e mentali della vittima, le caratteristiche psicologiche del minore – anche in relazione alla sua età -, l’entità della compromissione della libertà sessuale del minorenne nonché il danno arrecato alla vittima anche in termini psichici (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Quarta, n. 43458/2017).

Sempre nell’ambito di una disamina globale della vicenda si è stabilito che anche la presenza di un solo indice di conclamata gravità, tra quelli che la Giurisprudenza indica come meritevoli di valutazione, sia sufficiente per negare la concessione dell’attenuante della minore gravità (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 52380/2016).

A riprova della necessità di una valutazione globale e completa del fatto reato la Suprema Corte ha avuto modo di escludere in più arresti giurisprudenziali che il riconoscimento dell’attenuante possa essere escluso sulla base dei soli elementi oggettivi della fattispecie (minore età della vittima e atto sessuale compiuto), dovendosi porre attenzione a tutte le caratteristiche del fatto – oggettive e soggettive -  che possano aver portato ad una compromissione di lieve entità del bene tutelato (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 16443/2016).

In via più specifica è stato ritenuto che la mera “tipologia” dell’atto sessuale compiuto con il minorenne, per quanto invasivo, non possa valere – da sola - per concedere o negare l’attenuante. (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 31927/2015).

È stato altresì negato che l’attenuante in oggetto possa essere dichiarata insussistente sulla base della mera circostanza costituita dalla tenera età del minore (nel caso di specie infradecenne), essendo necessario anche in questo caso valutare altri elementi di disvalore (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 45179/2013).

Profilo di particolare importanza è quello dell’eventuale “consenso” all’atto sessuale da parte del minorenne, visto che il delitto di atti sessuali con minorenne non prevede l’esercizio di una violenza da parte dell’agente al fine di conseguire l’atto sessuale.

Sotto tale profilo, è stato più volte statuito dalla Giurisprudenza che in termini astratti il “consenso” del minore, pur irrilevante ai fini dell’integrazione del reato, può essere valutato ai fini della concessione dell’attenuante della minore gravità, soprattutto se considerato in unione ad una minima invasività delle condotte (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 52380/2016); tuttavia è stato precisato come il “consenso” della vittima possa essere oggetto di valutazione, ma sempre e solo in un’ottica di disamina globale dell’intero fatto-reato (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 16443/2016).

Inoltre, in molti arresti giurisprudenziali è stato stabilito che l’eventuale “consenso” del minore al compimento dell’atto sessuale, seppur astrattamente valutabile ed anzi non trascurabile, abbia in realtà una valenza del tutto marginale ai fini del riconoscimento dell’attenuante della minore gravità, poiché il vizio radicale della volontà del minore e della sua capacità di autodeterminarsi consapevolmente comporta una sostanziale svalutazione del “consenso” eventualmente espresso (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 16443/2016; Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 42738/2016).

In via specifica, in un’ottica di svilimento del profilo del “consenso” del minore al compimento dell’atto sessuale, è stato ad esempio ritenuto che la circostanza che gli atti sessuali si inseriscano nel contesto di una “relazione amorosa” rappresenti un elemento negativo di valutazione, essendo indice, da un lato, di una sostanziale prevaricazione nei confronti del minore, e dall’altro della ripetizione degli atti sessuali per un lungo lasso di tempo (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 34512/2017).

In effetti, un altro dei criteri di valutazione da tenere in conto nell’indagine circa la possibile sussistenza dell’attenuante della minore gravità nel reato di atti sessuali con minorenne, è stato individuato proprio nella durata della condotta delittuosa.

Si ritiene, infatti, che l’attenuante in oggetto non possa essere concessa qualora gli abusi nei confronti della vittima siano stati reiterati nel tempo, e quindi abbiano avuto una considerevole durata, indice di una compromissione non lieve del bene giuridico tutelato (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Quarta, n. 16122/2016; Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 42738/2016).

Scendendo in casi particolari, meritano di essere segnalati alcuni arresti giurisprudenziali che sono intervenuti in situazioni in cui la specifica vicenda appariva di per sé stessa connotata di particolare gravità.

Ad esempio, si è ritenuto che non possa essere riconosciuta l’attenuante della minore gravità nel caso in cui l’abuso venga perpetrato nei confronti del proprio figlio, con uno sviamento della funzione tipica del genitore (accudimento e protezione della prole), che determina una grave compromissione del bene giuridico tutelato dalla Norma, sotto il profilo della tutela dello sviluppo psico-fisico e della personalità del minore (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 51895/2016).

È stato, inoltre, escluso che possa essere riconosciuta l’attenuante in oggetto nel caso in cui dagli atti sessuali consegua lo stato di gravidanza della minore, atteso l’innegabile danno al normale sviluppo psico-fisico che tale condotta provoca nella vittima (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 49572/2015).

Proprio sulla scorta della Giurisprudenza maturata in tema di attenuante della minore gravità nella violenza sessuale (come detto di identico contenuto a quella di cui si tratta), è stato affermato che le qualità della persona offesa dal reato (anche se si tratti di prostituta o di soggetto dedito a condotte particolarmente libertine) non influenzano la possibile applicazione dell’attenuante, che prescinde dalle condizioni e dalle qualità personali della vittima del reato (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 16443/2016).

Un caso molto particolare, ma di grande attualità, è quello in cui la Suprema Corte è stata chiamata a valutare la possibile applicazione della attenuante nel caso di atti sessuali posti in essere esclusivamente per via telematica; in tale arresto giurisprudenziale è stato affermato che il fatto che gli atti sessuali vengano compiuti attraverso mezzi telematici (e quindi in via meramente virtuale) non possa da solo bastare per il riconoscimento dell’attenuante della minore gravità, in quanto in questo caso ad un’innegabile minore compromissione della sfera fisica del minore non è detto che si accompagni anche una compromissione psichica di minore gravità. Anche in tale caso, quindi, viene affermato che solo una valutazione globale ed intera del fatto reato possa condurre l’interprete ad una proficua valutazione della possibile sussistenza della attenuante della minore gravità (Cfr: Cassazione Penale, Sezione Terza, n. 16616/2015).

 

Redatto il 13 dicembre 2017

Giuseppe Migliore: Studio penale a Roma