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I compensi degli amministratori delle società pubbliche

I compensi degli amministratori delle società pubbliche
I compensi degli amministratori delle società pubbliche

Il tema degli emolumenti da corrispondere agli amministratori delle società partecipate e il regime transitorio stabilito dal decreto legislativo n. 175/2016 (Testo Unico sulle società partecipate) in attesa del decreto attuativo che definirà indicatori dimensionali per individuare fino a cinque fasce di classificazione delle società a controllo pubblico.

 

Indice:

1. Inquadramento normativo

2. La giurisprudenza della Corte dei Conti

3. Conclusioni

 

1. Inquadramento normativo

Le società pubbliche – cioè le società per azioni, o più raramente le s.r.l., partecipate direttamente o indirettamente dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali - sono rette anzitutto dalle norme del codice civile in materia di società di capitali.

Per le società per azioni, nel fare quindi riferimento in primis alle norme civilistiche (articolo 2364, punto 3, codice civile) che annovera tra le competenze dell’assemblea dei soci la determinazione del compenso spettante agli amministratori, e più specificatamente all’articolo 2389 cod. civ., risulta che il compenso dei membri del consiglio di amministrazione  è determinato di norma dall’assemblea dei soci. Per le società a responsabilità limitata vige invece una deregulation, a seguito dall’abrogazione con la riforma del 2003 del rinvio automatico alle norme dettate in materia di spa, per la quale è lo statuto in genere a regolare la competenza degli organi a deliberare i compensi destinati agli amministratori.

In ordine cronologico, la prima disciplina speciale dei compensi ai componenti degli organi amministrativi delle società a partecipazione pubblica, diretta o indiretta, è quella dettata dalla legge 296/2006 (legge finanziaria 2007), che con i commi 725, 726, 727 e 728 ha sottoposto la materia a specifici e stringenti limiti quantitativi. Per effetto di tali norme, “nelle società a totale partecipazione di comuni o province” i compensi destinati al presidente e ai membri del consiglio di amministrazione, non possono essere superiori al 70% per il presidente e al 60% per gli altri componenti (quindi compreso l’amministratore delegato) dell’indennità spettante al sindaco o presidente di Provincia che controllano la società. Tali compensi erano stati poi oggetto della riduzione del 10 per cento disposta dall’articolo 6, comma 6, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 applicabile alle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché nelle società possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria dalle amministrazioni pubbliche alla data di entrata in vigore del provvedimento

Una seconda fase della disciplina dei compensi degli organi amministrativi delle partecipate  è quella delineata dall’articolo 4, comma 4, del decreto legge n. 95/2012, nel testo introdotto dall’articolo 16, comma 1, del decreto legge n. 90/2014, convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, la quale ha previsto che "[…] fatta salva la facoltà di nomina di un amministratore unico, i consigli di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di amministrazioni pubbliche superiore al 90 per cento dell’intero fatturato devono essere composti da non più di tre membri, ferme restando le disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. A decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori di tali società, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013 […]".

Una terza fase (di natura transitoria) e una quarta fase (di prossima attuazione) della predetta disciplina è quella che viene delineata dal testo unico in materia si società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, come modificato dal decreto legislativo 16 giugno 2017 n. 100.

L’articolo 11, comma 6, del d. lgs. 175/2016 ha infatti previsto che “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le società a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette società. Per le società controllate dalle regioni o dagli enti locali, il decreto di cui al primo periodo è adottato previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per ciascuna fascia è determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette società devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potrà comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre società a controllo pubblico. Le stesse società verificano il rispetto del limite massimo del trattamento economico annuo onnicomprensivo dei propri amministratori e dipendenti fissato con il suddetto decreto. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono limiti ai compensi inferiori a quelli previsti dal decreto di cui al presente comma. Il decreto stabilisce altresì i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurata ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente. In caso di risultati negativi attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta”.

Le predette disposizioni che, per comodità espositiva, abbiamo definito come quarta fase, costituiranno l’assetto definitivo della disciplina, che attualmente è regolata invece da una terza fase di natura transitoria, delineata dal comma 7 del medesimo articolo 11 del d. lgs. 175/2016, il quale stabilisce che “fino all’emanazione del decreto di cui al comma 6 restano in vigore le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e successive modificazioni, e al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 dicembre 2013, n. 166”. Tale rinvio, peraltro poco chiaro, al richiamato limite (80% del compenso corrisposto nel 2013), va di pari passo con la razionalizzazione delle società partecipate di cui alla recente disciplina, che determinerà un accrescimento dimensionale delle società a partecipazione pubblica a fronte di una riduzione del loro numero, con nuovi modelli aziendali che saranno caratterizzati da una discontinuità con il passato. Ove tardasse l’emanazione del decreto di cui al citato comma 6, pertanto, si determinerebbe una paradossale situazione per cui, a fronte di un processo espansivo dal quale scaturiranno società di notevoli dimensioni e corrisponderanno nuove e maggiori responsabilità per gli amministratori, si avrebbe l’applicazione dei limiti di compenso parametrati all’esercizio 2013 ovvero agli emolumenti percepiti da altri soggetti (i sindaci e presidente di province, con l’articolo 1, commi 725 e seguenti, della legge n. 296 del 2006), ma comunque, in ogni caso, si avrebbe il riferimento a elementi relativi a entità societarie più piccole e ormai superate.

 

2. La giurisprudenza della Corte dei Conti

La disciplina dei vincoli finanziari agli emolumenti degli amministratori di società partecipate da enti locali è stata oggetto di molteplici interventi interpretativi da parte delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Nei casi esaminati dalle Sezioni regionali di controllo della Lombardia (deliberazione n. 1/2015/PAR), del Veneto (deliberazione n. 68/2016/PAR) e del Piemonte (deliberazione n. 2/2016/PAR), le richieste di parere vertevano sull’interpretazione dell’articolo 16, comma 1, del citato decreto-legge n. 90 del 2014, che ha modificato i commi 4 e 5 dell’articolo 4 del decreto-legge n. 95 del 2012, cioè della norma che ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, il costo annuale sostenuto per i compensi degli amministratori delle società partecipate, direttamente o indirettamente, da pubbliche amministrazioni, ivi compresa la remunerazione di quelli investiti di particolari cariche, non può superare l’80 per cento di quello complessivamente sostenuto nell’anno 2013.

Invece, le deliberazioni delle Sezioni regionali di controllo della Lombardia (n. 88/2015/PAR), dell’Abruzzo (n. 80/2016/PAR) e dell’Emilia Romagna (n. 119/2015/PAR) hanno riguardato il caso di amministratori di società partecipate da enti locali, nei cui confronti il compenso massimo erogabile deve rispettare i limiti di cui all’articolo 1, comma 725, della legge n. 296 del 2006, la quale stabilisce che, nelle società a totale partecipazione di comuni e province, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, attribuito al presidente ed ai componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore, per il presidente, al 70 per cento e, per i componenti, al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco ed al presidente della provincia, ferma restando la possibilità di corrispondere un’indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili ed in misura comunque non superiore al doppio dell’indicato compenso onnicomprensivo.

La giurisprudenza contabile si è quindi più volte pronunciata sulle questioni interpretative attinenti ai due articoli di legge sopra indicati, i quali trovano concorrente applicazione nel caso degli organi di amministrazione, monocratici o collegiali, delle società partecipate da enti locali (Sezione regionale di controllo della Lombardia, deliberazioni n. 186/2013/PAR e n. 1/2015/PAR). Diverso è, infatti, l’ambito di applicazione delle due normative, posto che la legge finanziaria per il 2007 aveva introdotto un limite al compenso del singolo amministratore (presidente o componente del CdA) per le sole società partecipate da comuni e province (rapportandolo all’indennità del sindaco o del presidente della provincia dell’ente socio). Diversamente, il decreto-legge n. 95 del 2012 ha previsto un limite ai costi complessivamente sostenuti per gli amministratori delle società controllate o interamente partecipate da tutte le amministrazioni pubbliche, riferendolo alla spesa storica sostenuta per il medesimo organo nel 2013.

I pareri sopra richiamati hanno affermato, pertanto, che gli enti locali, nella determinazione dei compensi spettanti agli amministratori delle proprie società partecipate, debbono rispettare entrambi i predetti limiti.

Al riguardo, è stato rilevato, inoltre, che, facendo salva la facoltà di nomina di un amministratore unico, l’articolo 4 del citato decreto-legge n. 95 del 2012 ha inteso accordare all’ente socio la possibilità di operare una scelta alternativa (meno dispendiosa) rispetto al numero massimo di amministratori nominabili in seno all’organismo partecipato (oggetto di contenimento a 3 o 5 membri da parte della medesima norma). Tale facoltà non comporta, tuttavia, che, dal 1° gennaio 2015, il costo sostenuto dall’ente per l’amministratore unico possa superare l’80 per cento di quello complessivamente sostenuto, per il medesimo organo di amministrazione (collegiale o monocratico) nell’anno 2013, non ravvisandosi alcuna eccezione in tal senso nel testo della legge.

Alla luce delle predette considerazioni, è stato ritenuto ammissibile il riconoscimento di un’indennità di risultato all’amministratore unico, nei limiti previsti dall’articolo 1, comma 725, secondo periodo (effettiva produzione di utili e fino ad un massimo del doppio del compenso annuale), solo se l’onere complessivo a carico della società controllata non superi l’80 per cento di quello sostenuto nell’anno 2013 per la remunerazione del medesimo organo amministrativo della società partecipata, ritenendo quindi che il predetto limite si applichi indifferentemente al trattamento economico complessivamente considerato, comprensivo del compenso fisso e della eventuale indennità di risultato (deliberazioni della Sezione reginale di controllo della Lombardia n. 96/2013/PAR, n. 64/2016/PAR e n. 71/2016/PAR).

3. Conclusioni

Tenuto conto della differente disciplina introdotta dal decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – in particolare dall’articolo 11, commi 6 e 7 - va tuttavia evidenziato che il nuovo testo unico sulle società partecipate, mediante l’emanando decreto ministeriale, tende ad uniformare la disciplina dei limiti remunerativi posti agli organi di amministrazione e controllo di tutte le società pubbliche, introducendo vincoli non più ancorati a parametri storici (il costo sostenuto nel 2013, con l’articolo 4, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 95 del 2012) ovvero agli emolumenti percepiti da altri soggetti (i sindaci e presidente di province, con l’articolo 1, commi 725 e seguenti, della legge n. 296 del 2006), ma ad indicatori dimensionali, qualitativi e quantitativi, riferiti alla medesima società (fatturato, numero di dipendenti, clienti serviti, etc.). L’emanando decreto ministeriale, inoltre, dovrà stabilire i criteri di determinazione della parte variabile della remunerazione, commisurandola ai risultati di bilancio raggiunti dalla società nel corso dell’esercizio precedente (la norma espressamente precisa che, in caso di risultati negativi, attribuibili alla responsabilità dell’amministratore, la parte variabile non può essere corrisposta).

Inoltre, alla luce del regime transitorio di cui al comma 7 dell’indicato articolo 11 del d. lgs. 175/2016, per gli amministratori delle società partecipate dagli enti locali (come da altre pubbliche amministrazioni) rimane in vita, in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale di cui al comma 6 del medesimo articolo 11, il limite finanziario costituito dal costo sostenuto per compensi all’organo di amministrazione nel 2013 (avente fonte nell’articolo 4, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2015 e mantenuto in vigore dall’articolo 11, comma 7, del nuovo testo unico fino all’emanazione del citato decreto ministeriale).

Le indicate norme di finanza pubblica non prevedono, invece, un limite diretto ai costi che la società, controllata o interamente detenuta, da un ente locale (o da altra pubblica amministrazione) può sostenere a titolo di rimborso di eventuali spese documentate sostenute degli amministratori (per trattamenti di missione o altra esigenza istituzionale). Pertanto, la stessa inammissibilità di operazioni ermeneutiche volte ad ampliare la base di calcolo (il costo sostenuto nel 2013), "includendo nella stessa, voci (quali le indennità ed i rimborsi spese) che, ex se ed in quanto meramente eventuali, si atteggiano come ontologicamente distinte rispetto al compenso evocato dalla norma" (deliberazione n. 137/2015/PAR della Sezione regionale di controllo per le Marche e deliberazione n. 102/2015/PAR della Sezione regionale di controllo del Friuli Venezia Giulia), offre un’indiretta conferma all’assenza di precise limitazioni finanziarie ai costi sostenuti da società controllate da enti locali per il rimborso di spese documentate sostenute dagli amministratori.

Naturalmente, appare necessario che il rimborso delle spese documentate, oltre ad osservare il canone della congruità, sia conforme ad un preventivo provvedimento di carattere generale adottato dall’assemblea dei soci, vale a dire dal sindaco dell’ente locale proprietario. Tale esigenza trova oggi un preciso fondamento normativo nell’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 175 del 2016, che impone alle amministrazioni pubbliche socie di fissare "con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, delle società controllate". Queste ultime, a loro volta, in virtù del successivo comma 6 "garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti". I due citati provvedimenti vanno pubblicati sul sito internet dell’amministrazione socia e della società controllata (pena, in caso di omissione o incompletezza, l’applicazione delle sanzioni poste dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33).