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“Un blog è un blog”

Tar Lazio, Sezione Terza, 20 settembre 2017, n. 9841

Di Serena Sileoni - Carlo Melzi D’eril

 

Mentre il rispetto della normativa in materia di editoria, invocata dalla Associazione ricorrente, attiene all’esercizio del diritto di cronaca e ai suoi limiti, la pubblicazione di fatti e opinioni su di un blog, anche se ricorrente nel tempo, risulta legata al più generale principio di libera manifestazione del pensiero «con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (articolo 21, c. 1, Cost.) (fattispecie nella quale il Tribunale ha escluso l’obbligo di registrazione nel ROC per i blog).

Le prospettate questioni di legittimità costituzionale si presentano manifestamente infondate proprio a causa della non comparabilità della testata giornalistica strutturata come tale rispetto a un semplice e spontaneo blog presente sulla rete Internet. La detta non comparabilità deriva proprio dal carattere -qualificante- della periodicità, che risulta assente per il blog, e che è, invece, dato imprescindibile per ottenere l’iscrizione nel Registro degli operatori della comunicazione.

Nell’estate del 2016, il Codacons ricorreva al tribunale amministrativo del Lazio con lo scopo di far riconoscere il sito www.romafaschifo.com (RFS) come operatore delle comunicazioni, con obblighi conseguenti all’iscrizione al relativo registro.

La vicenda nasce dal tentativo dell’associazione dei consumatori di conoscere l’identità del proprietario del dominio internet romafaschifo.com, un blog di crescente importanza e influenza nel dibattito pubblico sulla gestione e amministrazione della città di Roma. A una prima richiesta in tal senso inoltrata alla Polizia postale prima e al Corecom poi, gli uffici rispondevano che il sito non risultava iscritto, e non era tenuto a farlo, nel Registro degli operatori della comunicazione (Roc). Ugualmente, nessuna risposta alle sollecitazioni di monitoraggio e controllo giungeva dall’Agcom, dal Consiglio regionale del Lazio, dalla Fieg e da Facebook.

Il Roc è stato istituito dalla l. 31 luglio 1997, n. 249 per garantire la conoscibilità degli assetti proprietari e la tutela del pluralismo informativo. Grazie ad esso, si può risalire con facilità ai titolari di concessioni e autorizzazioni in materia di comunicazione (operatori di rete, fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, soggetti esercenti l’attività di radiodiffusione, imprese concessionarie di pubblicità, imprese di produzione o distribuzione di programmi radiotelevisivi; agenzie di stampa a carattere nazionale; editori di giornali quotidiani, periodici o riviste; soggetti esercenti l’editoria elettronica; imprese fornitrici di servizi di comunicazione elettronica: articolo 2, c. 1, regolamento). In tal modo, non solo è garantita la trasparenza e la pubblicità degli assetti proprietari, ma è anche agevolata la verifica delle regole sulla disciplina relativa alle concentrazioni e sul rispetto dei limiti previsti per la partecipazione di società estere.

Al registro non sono tenute a iscriversi, secondo quanto dispone l’articolo 3-bis del d.l. 18 maggio 2012, n. 3, «le testate periodiche realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica ovvero on line, i cui editori non abbiano fatto domanda di provvidenze, contributi o agevolazioni pubbliche e che conseguano ricavi annui da attività editoriale non superiori a 100.000 euro».

Secondo il TAR, la giurisprudenza, soprattutto penale, ha già avuto modo di distinguere le testate giornalistiche on line dai meri siti di informazione non organizzata in maniera professionale. Per le prime, valgono obblighi specifici, tra cui l’iscrizione al Roc dell’editore, corrispondenti a una maggiore garanzia di libertà di espressione, che deriva essenzialmente dal secondo comma dell’articolo 21 Cost. relativo allo specifico divieto di censura e limitazioni preventive al diritto di manifestazione del pensiero per la stampa.

L’orientamento e l’interpretazione penalistici, con questa sentenza, sono stati fatti propri per la prima volta anche in sede amministrativa.

Sotto il profilo degli obblighi amministrativi blog e siti di informazione non professionali non possono essere equiparati alle testate on line, pur quando il seguito di opinione pubblica maturato e l’influenza esercitata attraverso i propri articoli siano rilevanti per i consociati, dal momento che mancano di alcuni requisiti formali e di struttura che rendono impossibile comparare i primi alle seconde.

Non si tratta di mero formalismo. L’accoglimento dell’interpretazione del ricorrente avrebbe infatti aperto le porte alla possibilità di un’interpretazione, più che sostanziale, arbitraria e casistica di cosa sia testata e cosa no. Se, infatti, non fossero i requisiti formali e di struttura, ma la natura dei contenuti pubblicati e la loro rilevanza mediatica come pretendeva il ricorrente, occorrerebbe un “giudice” che abbia l’autorità di pesare e ponderare tali contenuti e la loro rilevanza, con buona pace della certezza del diritto e con molti danni alle forme più spontanee di libertà di manifestazione del pensiero.

L’iniziativa giudiziaria del Codacons mirava inoltre a far rinviare alla Corte costituzionale, in via generale, una questione di legittimità costituzionale del richiamato articolo 3 bis. Oltre all’obiettivo specifico al caso di far equiparare il blog RFS alle testate on line considerando l’eco mediatica ormai ottenuta, il ricorrente ha tentato anche la via dell’istanza di rinvio alla Corte finalizzata a estendere l’applicazione dell’articolo anche ai blog nei casi in cui, per il loro contenuto sostanziale, possono essere definiti testate editoriali. Ad avviso del Codacons, la mancata inclusione dei blog nella norma costituirebbe una misura discriminatoria rispetto alle testate giornalistiche, contraria non solo all’articolo 3 Cost., ma anche ai principi dell’Unione europea sulla parità di trattamento e non discriminazione di cui costituiscono un rinvio mobile l’articolo 11 e l’articolo 117 Cost.

Il Tar non solo non ha ritenuto RFS soggetto all’obbligo di iscrizione al Roc, ma non ha nemmeno ravvisato dubbi di incostituzionalità nell’articolo 3-bis, data la non comparabilità dei blog alle testate on line.

Queste ultime da un lato e siti informativi di altra natura dall’altro (blog, forum, newsletter, social network, newsgroup, mailing list) restano quindi distinti anche per il giudice amministrativo con riguardo ad alcuni parametri di tipo ontologico e strutturale e ad altri di tipo teleologico. Non è sufficiente che un blog pubblichi contributi che hanno una rilevanza nella vita sociale e politica perché sia soggetto agli obblighi amministrativi delle testate, ma è necessario che esso ne possegga anche i medesimi tratti caratterizzanti, quali la testata, la regolarità di pubblicazione (definita come requisito imprescindibile e qualificante della periodicità nella sentenza in commento), l’organizzazione in una struttura con un direttore responsabile e una redazione, finalizzata all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati, al fine di consentire la libera formazione delle opinioni[1].

Mentre una testata giornalistica on line deve soddisfare una serie di adempimenti analoghi alle testate tradizionali, con tutte le responsabilità (civili, penali e amministrative) ma anche con tutte le garanzie del caso, il blog è una «sorta di agenda personale aperta e presente in rete», contenente diversi argomenti, ordinati cronologicamente ma senza un necessario intento di informazione.

La decisione del TAR pare condivisibile nel merito, anche se sembra trarre ispirazione da un indirizzo fortemente criticato della stessa giurisprudenza in materia di sequestro di stampati. Le Sezioni Unite, infatti, in sede sia civile[2]sia penale[3], hanno stabilito che l’articolo 21, co. 3 e 4, Cost., nel limitare i casi di sequestro preventivo di stampati, sia applicabile anche ai siti internet che veicolino informazione in modo professionale, dotati quindi di una periodicità, una testata, un direttore. Una simile interpretazione è stata resa possibile dall’introduzione di una inedita nozione di «stampa» non più tratta dall’articolo 1 della l. 47/1948, bensì da un non meglio definito concetto “figurato”, che corrisponderebbe appunto alla stampa periodica.

Questa soluzione, dichiaratamente preferita al fine di superare problemi di uguaglianza che fin a quel momento aveva generato l’applicazione della disciplina a tutela del sequestro di stampati soltanto alle manifestazioni del pensiero diffuse in forma cartacea e non on-line, non pare affatto condivisibile, se non altro, perché supera una interpretazione letterale a favore di una “figurata” per di più del tutto estranea alla tradizione esegetica in materia. Uno dei rischi di un simile orientamento è che tale nozione metta radici nell’ordinamento e condizioni le decisioni future di corti e tribunali.

E allora ci sembra doveroso sottolineare che è soprattutto la presenza degli elementi strutturali che rende un sito una testata on line, non bastandone la finalità genericamente informativa. Se, quindi, RFS risponde alle finalità di una testata giornalistica on line, poiché di fatto contribuisce a divulgare e scambiare informazioni e commenti sull’attualità sociale e politica di Roma, d’altro lato difetta del requisito strutturale legato alla periodicità e alla necessarietà delle pubblicazioni, «nel senso che esse bene potrebbero cessare in qualsiasi momento, anche perché non effettuate da persone professionalmente qualificate per l’attività pubblicistica, né da un soggetto strutturato come testata giornalistica».

Pertanto, mentre da un lato i blog non devono sottostare agli obblighi di pubblicità degli assetti proprietari, dall’altro non godono della tutela costituzionale assicurata dal terzo e quarto comma dell’articolo 21 della Costituzione, ma semplicemente da quella prevista dal primo comma del medesimo articolo. Pubblicare su un blog non è esercitare un’attività professionale di informazione. È comunque manifestare il proprio pensiero con uno di quegli ‘altri’ mezzi di informazione con cui si chiude, in formula aperta, il primo comma dell’articolo 21 Cost.

Non è necessario utilizzare la assai criticata, estensione dell’interpretazione penalistica anche in sede amministrativa per escludere dalla registrazione al Roc blog del tipo RFS. A nostro avviso è sufficiente (e necessario) restare ancorati alla rassicurante interpretazione letterale della legge, senza sostituire al primo significato delle parole, uno ulteriore, figurato, solo per venire incontro a un, più o meno condivisibile, ossequio al principio di uguaglianza.

Possiamo anche pensare che, a dispetto di una visione eccessivamente spontaneista dell’informazione e dell’espressione on line, l’organizzazione del servizio di informazione non risponda più necessariamente ai canoni dell’editoria tradizionale. Basti pensare al ruolo dei social network, che chiaramente non sono testate on line e che veicolano le informazioni in maniera molto meno spontanea di quanto si immagini.

Ciò detto, riteniamo più prudente e maggiormente in linea con una corretta interpretazione della disposizione normativa la strada indicata dal giudice amministrativo, senza bisogno, per la verità, di accenni a per lo meno discutibili filoni interpretativi nati da un metodo di interpretare la legge che non auspichiamo prenda piede.

Basterebbe infatti pensare che l’alternativa a questa interpretazione, come vorrebbe il ricorrente, è quella di decidere, caso per caso, quando un dominio eserciti un’influenza sull’opinione pubblica, al di là della sua organizzazione e struttura: uno scenario pericoloso, sia per la libertà di manifestazione che per quella di informazione. Molto più pericoloso delle notizie false o diffamanti, che hanno altre vie per provare ad essere debellate.

 

[1] Cass. pen., sez. V, 25 febbraio 2016, n. 12536, Boschi, in www.penalecontemporaneo, 26 ottobre 2016, con nota di S. Vimercati, La Cassazione conferma l’inestensibilità ai blog delle garanzie costituzionali previste per gli stampati in tema di sequestro.

[2] Cass. civ., sez. un., 18 novembre 2016, n. 23469, in Foro it., 1, 2016, 3753 ss.

[3] Sentenza particolarmente discussa in dottrina: Cass. pen., Sez. un., 29 gennaio 2015, n. 31022, Fazzo e altro, in Quad. cost., 2015, 1013 ss., con nota di P. Caretti, La Cassazione pone, meritoriamente, alcuni punti fermi in tema di regolazione dell’informazione via internet; in Proc. pen. giust., 2015, 78 ss., con nota di A. Pulvirenti, Sequestro e Internet: dalle Sezioni Unite una soluzione equilibrata ma “creativa”; in Cass. pen., 2015, 3454 ss., con nota di L. Paoloni, Le Sezioni Unite si pronunciano per l’applicabilità alle testate telematiche delle garanzie costituzionali sul sequestro della stampa: ubi commoda, ibi et incommoda?, in Guida dir., 2015, n. 38, 82 ss., con nota di C. Melzi d’Eril – G. E. Vigevani, Il sequestro di una pagina web può essere disposto imponendo al service provider di renderla inaccessibile; in Dir. proc. pen., 2015, 2002, con nota di S. Lorusso, Un’innovativa pronuncia in tema di sequestro preventivo di testata giornalistica on line; in Dir. inf. informatica, 2015, 1041 ss., con nota di G. Corrias Lucente, Le testate telematiche registrate sono sottratte al sequestro preventivo. Qualche dubbio sulla “giurisprudenza legislativa”; volendo anche in www.penalecontemporaneo.it, 9 marzo 2016, con nota di C. Melzi d’Eril, Contrordine compagni: le Sezioni unite estendono le garanzie costituzionali previste per il sequestro degli stampati alle testate on-line registrate.

 

Redatto il 26 gennaio 2018