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La trasparenza come strumento di prevenzione della corruzione. Evoluzione normativa e profili giuridici

La trasparenza come strumento di prevenzione della corruzione. Evoluzione normativa e profili giuridici
La trasparenza come strumento di prevenzione della corruzione. Evoluzione normativa e profili giuridici

La trasparenza, principio trasversale e diffuso all’interno dell’ordinamento giuridico, si afferma in termini di valore assoluto come diritto fondamentale, rientrando tra quelli compresi nell’art. 2 della Costituzione. È indubbio, infatti, che aldilà degli specifici ambiti applicativi, le nuove discipline in materia di trasparenza assegnano al cittadino il diritto di partecipare ai processi decisionali dell’amministrazione pubblica. Quella della “casa dalle mura di vetro” è un’antica ambizione, che ha origini nelle celebre frase pronunciata da Filippo Turati nel 1901.

Al centro di un quadro normativo ormai eterogeneo, si colloca l’efficientamento dell’azione amministrativa, realizzato con  la Legge n 190 del 2012 e le successive modifiche e integrazioni, da ultimo il Decreto Legislativo n. 97 del 2016.

La corruzione è diventata nel nostro Paese un fattore sistemico di decadimento della convivenza a tutti i livelli: un ostacolo all’eguaglianza, alla competitività, all’efficienza del settore pubblico e privato. Fra le azioni di contrasto a tale fenomeno, la prevenzione ex ante può incidere tanto quanto la repressione ex post, se non addirittura in misura maggiore.

Il valore dell’approccio preventivo è stato sottolineato da diverse commissioni di studio e organismi internazionali, che hanno proposto misure concrete, di natura legislativa o amministrativa. Particolarmente efficace nell’imporre al nostro Paese una nuova politica anticorruzione è stato il Rapporto del GRECO (Group of States Against Corruption – organo anti-corruzione costituito in seno al Consiglio d’Europa) sull’Italia del 2009, contenente molte critiche e diverse raccomandazioni, tra le quali l’adozione di un piano organico di lotta alla corruzione e la configurazione di un’autorità nazionale anticorruzione che fosse indipendente dal Governo.

Proprio grazie alla pressione internazionale, ad una diffusa sensibilità dell’opinione pubblica e in considerazione dei costi economici della corruzione, l’Italia è arrivata, dopo una lunga discussione parlamentare, ad approvare la legge 6 novembre 2012, n. 190 (cosiddetta “Legge Anticorruzione”). Tra gli strumenti fondamentali introdotti dalla legge, come si è visto, vi è la “trasparenza”, che nella ratio legis applicata del legislatore possiede due finalità di fondo: in primo luogogarantire il buon andamento dell’amministrazione, che è strettamente legato al diritto dei cittadini di conoscere come l’amministrazione destina le risorse di cui dispone, quali risultati ottiene e con quali costi; in secondo luogo, garantire l’imparzialità della pubblica amministrazione attraverso la messa in risalto dei casi di cattiva amministrazione. La trasparenza assurge quindi ad importante mezzo per sviscerare i fenomeni corruttivi e consentire ai cittadini di esercitare il ruolo di watchdog sul corretto e imparziale svolgimento dell’azione amministrativa.

Affinché, a sua volta, la trasparenza venga garantita è necessario il rafforzamento degli strumenti informativi a disposizione dei cittadini: la pubblicità dei documenti e degli atti sui siti web delle pubbliche amministrazioni (la cosiddetta “Amministrazione trasparente”) e il diritto di accesso ai documenti e alle informazioni delle pubbliche amministrazioni.

La Legge Anticorruzione ha consolidato una scelta compiuta da molti anni, ovvero quella di abbandonare il vecchio strumento dell’accesso ai documenti e di evidenziare in modo significativo il principio di pubblicità. La trasparenza, nel senso di pubblicità delle informazioni, si è rivelato uno strumento di prevenzione, soprattutto per quanto riguarda l’uso improprio delle risorse pubbliche. Comportando costi esigui in termini di spesa e di autonomia, il rimedio più efficace ed economico per prevenire gli abusi, infatti, è proprio la trasparenza: se tutti possono vedere come le risorse pubbliche vengono utilizzate, vi è un disincentivo ad abusarne, ovvero ad impiegarlo in modo scorretto.

La Legge n. 190 del 2012, a tal riguardo, pone a carico delle amministrazioni pubbliche tre obblighi di pubblicazione delle informazioni nei rispettivi siti web. Il primo (art. 1, comma 15), da un lato, riguarda i bilanci e i conti consuntivi e dall’altro, i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. La finalità è quella di implementare l’accountability finanziaria delle amministrazioni.

In virtù del secondo obbligo di pubblicazione (art. 1, comma 15), il rispetto dei tempi procedimentali è oggetto di un monitoraggio periodico al fine di provvedere alla tempestiva eliminazione delle anomalie: i risultati di tale monitoraggio dovranno essere consultabili sui siti istituzionali delle amministrazioni. Tale obbligo è più orientato alla customer satisfaction, in quanto mira a rafforzare l’efficienza amministrativa.

Il terzo obbligo (art. 1, comma 16), infine, concerne le informazioni relative ai procedimenti amministrativi cui l’autorità pubblica attribuisce utilità ai privati, ovvero quelli riguardanti le autorizzazioni e le concessioni; la scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi; la concessione ed erogazione di sovvenzioni, sussidi, contributi e qualunque altro genere di vantaggio economico a persone ed enti pubblici e privati. La mancata attuazione di tale ultimo obbligo produce, anzitutto, una responsabilità dirigenziale, tale per cui il dirigente che non ha vigilato sul rispetto, da parte dei proprio uffici, degli standard quantitativi e qualitativi in materia di trasparenza, può subire una decurtazione della retribuzione di risultato fino all’ottanta per cento. La medesima inadempienza va poi anche ad incidere sull’efficacia stessa dell’atto, in quanto il comma 33 della legge in parola ammette la proposizione del ricorso, ma solo per i titolari di “interessi giuridicamente rilevanti” e “suscettibili di lesione diretta, concreta ed attuale”.

Vista la quantità e la complessità delle previsioni cui fa riferimento la legge n. 190/2012, all’art.1, comma 3 la norma ha previsto una delega al Governo per il riordino della disciplina inerente agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, sfociata nell’approvazione del Decreto Legislativo n. 33 del 14 marzo 2013, rubricato “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Ai sensi dell'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 33/2013, “la trasparenza è intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Nel comma 2 si puntualizza che “la trasparenza […] concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione»; inoltre, «è condizione di garanzia delle libertà individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali, integra il diritto ad una buona amministrazione e concorre alla realizzazione di una amministrazione aperta, al servizio del cittadino”.

Nel decreto legislativo in questione, all’art.10 particolare rilevanza assume la predisposizione del Piano Triennale per la Trasparenza e l’Integrità che ogni amministrazione ha l’obbligo di predisporre, incaricando un funzionario amministrativo che assume l’incarico di Responsabile della trasparenza. Il Piano Triennale viene predisposto, dunque, dal responsabile, il quale, come stabilito nell’art. 43 del decreto in esame, “svolge stabilmente un'attività di controllo sull'adempimento da parte dell'amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'Organismo indipendente di valutazione (OIV), all'Autorità' nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all'ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione”.

Il legislatore è intervenuto con il d.l. n. 90 del 2014 al fine di potenziare le funzioni in materia di trasparenza in capo all’ANAC. Il decreto in parola costituisce una delle ultime tappe di un percorso ormai decennale di riassetto organizzativo della prevenzione della corruzione, rappresentando dal punto di vista normativo un grande passo in avanti. Difatti, anche se tutte le incertezze in merito alla ripartizione di competenza tra ANAC e Dipartimento della Funzione Pubblica non sono state superate, la specializzazione dell’Autorità sugli esclusivi compiti di prevenzione della corruzione hanno limitato in buona misura le discrasie. Il Decreto Legge. n. 90 attribuisce all’ANAC anche il compito di “favorire la cultura della trasparenza” e prevenire i fenomeni della corruzione.

In conclusione, il diritto alla trasparenza, inteso come valore che permea di sé l’ordinamento giuridico, si afferma anche nel nostro Paese come pietra angolare del procedimento amministrativo, in virtù delle norme sopra descritte [NIcotra I. e Di Mascio F. in “La nuova autorità nazionale anticorruzione” Giappichelli Editore, Torino 2015].

L’ANAC assume, dunque, la missione istituzionale di organismo preposto alla prevenzione dei fenomeni corruttivi, anche attraverso la diffusione della cultura della trasparenza.

Tale ultimo aspetto, con specifico riferimento agli obblighi in capo alle amministrazioni di rendere più accessibili i processi decisionali i conseguenti atti amministrativi, trova origine in alcuni istituti di matrice comunitaria, come il Codice europeo di buona condotta amministrativa, il Mediatore Europeo,  e l’art. 11 § 1-2 del TUE, in cui è previsto che “Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali la possibilità di far conoscere e scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione; 2. Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società civile; 3. Al fnie di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell’Unione la Commissione Europea procede ad ampie consultazioni con le parti interessate.

Anche in ambito internazionale, pertanto, il principio della trasparenza riveste un ruolo sempre più penetrante e centrale, non solo per la conoscenza ai fini della partecipazione, ma anche nell’ottica del potenziamento di un controllo sociale diffuso nei confronti di chi esercita pubbliche funzioni.

In questa cornice, in linea con le principali organizzazioni internazionali, l’evoluzione normativa in Italia ha messo in evidenza la diffusione e la cultura della trasparenza, in primo luogo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della legalità.

Come detto, infatti, il legislatore aveva provveduto, con il Decreto Legge. n. 90 del 2014 (convertito in L. n. 114 del 2014) a introdurre significative modifiche in merito all’applicazione delle norme sulla trasparenza disciplinate dal Decreto Legislativo n. 33 del 2013. Tuttavia l’inefficacia di tale disciplina è stata rilevata dallo stesso presidente dell’ANAC, Raffaele Cantone, che ne ha rinvenuto le cause principali nella scarsa accettazione da parte delle amministrazioni, le quali hanno percepito le nuove disposizioni come un aggravio burocratico, più che come uno strumento di trasparenza e partecipazione. Ed è proprio in questa direzione che si muove l’intervento del legislatore, che con il Decreto Legislativo n. 97 del 2016 ha introdotto il cosiddetto FOIA (Freedom of information act).

L’integrazione de qua prevede diverse importanti novità, introducendo per la prima volta nel nostro ordinamento uno strumento giuridico che consente l’accesso a qualunque atto o documento della pubblica amministrazione senza che alla base si configuri obbligatoriamente un interesse legittimo, diretto, concreto e attuale. Pertanto, attraverso tale modello, che consente un più libero e agevole accesso per i cittadini, si è voluto incentivare la diffusione della trasparenza in un’ottica di contrasto ai fenomeni corruttivi e ai comportamenti illeciti dei funzionari pubblici. Nel dettaglio, il decreto fa riferimento a una nozione di trasparenza che prevede l’accesso ai documenti e alle informazioni della pubblica amministrazione stabilendo che “chiunque ha diritto ad accedere ai dati e ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti” al fine di “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” senza preclusioni relative alla “legittimazione soggettiva del richiedente”.

Di conseguenza la richiesta d’accesso in questione può essere trasmessa anche per via telematica e non va motivata. Entro trenta giorni le amministrazioni devono provvedere a dare riscontro inviando le informazioni richieste. Il rifiuto è ammesso solo laddove, attraverso il soddisfacimento della richiesta, si vada ad arrecare un pregiudizio concreto alla tutela degli interessi pubblici e privati; in ogni caso, il diniego dev’essere motivato, fermo restando che il cittadino ha la possibilità di rivolgersi al responsabile della trasparenza o al difensore civico e/o alla giustizia amministrativa. Inoltre, l’attività di vigilanza e l’elaborazione di linee guida è stata affidata all’ANAC.

È, quindi, attraverso la rimozione di ogni barriera verso il libero accesso alle informazioni di natura pubblica che può realizzarsi un diffuso e penetrante controllo sociale. L’evoluzione normativa nazionale e sovranazionale si sviluppa in una nuova dimensione in cui “la trasparenza è una condizione indispensabile per il funzionamento della democrazia” [Lodge J., Transparency and democratic legitimacy, in Journal of common market studies, 1994].

Nell’attuale quadro politico-istituzionale la tendenza verso tale dimensione sembra uno degli strumenti principali per contrastare la maladministration e incidere positivamente sulle scelte decisionali delle istituzioni pubbliche.