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Il Documento di Economia e Finanza: contenuto e iter di approvazione

Il Documento di Economia e Finanza: contenuto e iter di approvazione
Il Documento di Economia e Finanza: contenuto e iter di approvazione

Sommario

1. Origine e funzione del Documento di Economia e Finanza (DEF)

2. Il contenuto del DEF: le tre aree di riferimento

3. Iter di approvazione del Parlamento nazionale e slittamento del termine di approvazione in attesa del nuovo Esecutivo

 

1. Origine e funzione del Documento di Economia e Finanza (DEF)

Il Def (Documento di Economia e Finanza) è stato istituto con la Legge n. 39/2011 (Governo Berlusconi) con la finalità di garantire la migliore integrazione economica a livello europeo, poiché tale strumento contribuisce ad aumentare il grado di coordinamento delle misure intraprese e pone un orizzonte che non si ferma all’anno corrente, ma allarga il fronte al triennio successivo, con l’indicazione delle riforme che si vogliono realizzare e delle stime dei principali valori macroeconomici previsti secondo le tabelle e gli studi effettuati dai tecnici del Ministero dell’Economia e della Finanza e della Ragioneria Generale dello Stato.

In realtà, lo strumento di programmazione era già esistente dal 1988, poiché era stato introdotto dalla legge di contabilità n. 362/1988, con il nome di Documento di Programmazione Economico-Finanziaria (DPEF), poi successivamente sostituito dalla legge di bilancio n. 196/2009 in Decisione di Finanza Pubblica (DEP), e solo in seguito divenuto Documento di Economia e Finanza con la  sopra richiamata legge che ha raccolto le indicazioni giunte a livello comunitario, divenute improrogabili a fronte di una gravissima crisi che in quegli anni si era affacciata con la sua massima espansione sulle economie europee e, in particolare, sulle economie più fragili come quella italiana.

In questo senso, i documenti di programmazione sono diventati, a seguito della crisi, veri e propri protagonisti della politica economica dell’intera Unione europea, ricoprendo un ruolo centrale per il perseguimento degli obiettivi di crescita sostenibile, stabilità finanziaria e promozione della competitività sia sul piano interno, che su quello internazionale.

Coerentemente con questi obiettivi è stata prevista la data del 10 aprile, quale scadenza per la presentazione del Documento da parte dell’Esecutivo, e del 30 aprile, per l’approvazione delle risoluzioni da parte del Parlamento, al fine di poter valutare nell’arco della successiva metà dell’anno l’effettiva realizzazione degli obiettivi indicati, con la possibilità di intervenire con una Nota di Aggiornamento, da presentare ogni anno entro il 27 settembre, e con la Legge di Stabilità (da approvare entro il 31 dicembre) per eventuali correzioni e ulteriori specifiche per l’attuazione dei programmi economici.

Questa rigida scansione temporale è stata ulteriormente legittimata con il Regolamento UE n. 473/2013, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, con il preciso intento di consolidare la sorveglianza sulle politiche economiche dei vari Stati membri, al fine di evitare nuovi casi “Grecia” e di salvaguardare la tenuta dell’intero sistema economico e finanziario del Vecchio Continente.

Lo stesso Regolamento, al considerando numero 12, infatti, sottolinea espressamente che “l’istituzione di un calendario di bilancio comune per gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbe portare a una migliore sincronizzazione delle principali fasi di elaborazione dei bilanci nazionali contribuendo quindi all’efficacia del PSC (Patto di Stabilità e Crescita) e del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche.”

In virtù di questo calendario comune, i Parlamenti nazionali sono chiamati ad approvare i propri documenti programmatici entro tempi certi (il 30 aprile di ogni anno), dando tempo alle istituzioni europee di valutare, già nella fase della programmazione, l’effettiva solidità dei conti pubblici, e concedendo alla Commissione europea il potere di esprimere un parere e richiedere, eventualmente, delle integrazioni o la presentazione di un progetto riveduto sulla base dei rischi che vengono posti in evidenza rispetto all’esecuzione del progetto presentato.

2. Il contenuto del DEF: le tre aree di riferimento

La legge n. 39/2011 ha definito la struttura e i contenuti del Def, distinguendo tre differenti macro aree (chiamate “sezioni”) che si occupano di fornire informazioni e previsioni di varia natura. In particolare, il Def contiene una prima sezione dedicata al cd. “Programma di Stabilità”, documento programmatico, a cura del Dipartimento del Tesoro, con il quale il Governo delinea il quadro macroeconomico a politiche invariate e a legislazione vigente, gli obiettivi di politica economica e di riduzione del debito che si vogliono perseguire nel triennio successivo e i relativi andamenti tendenziali dei vari indicatori (su tutti: Pil, Rapporto Deficit/Pil, Debito pubblico/Pil) per ciascuno degli anni presi in considerazione.

Questa prima sezione rappresenta un punto cardine dello stesso documento, essendo sottoposta annualmente al vaglio delle autorità europee che sono chiamate a controllare l’attendibilità e la coerenza con i dati macroeconomici che vengono registrati nel ciclo annuale di sorveglianza, con particolare attenzione verso le risposte fornite in merito alle raccomandazioni formulate nel contesto condiviso del Patto di Stabilità e Crescita. La fortissima crisi economica e finanziaria che ha colpito l’UE ha portato, infatti, ad una crescente attenzione delle istituzioni comunitarie, riguardo al coordinamento e al controllo delle politiche economiche dei singoli Stati membri, nella convinzione che gli eventuali squilibri di una sola economia nazionale possano riverberarsi negativamente sull’intero sistema europeo, come accaduto nel drammatico caso della Grecia. Il ruolo della Commissione è essenzialmente indirizzato verso un obiettivo di coordinamento ed armonizzazione delle risposte programmatiche per costruire una crescita sostenibile e stabilizzata nel tempo.

La seconda sezione, denominata “Analisi e tendenze della finanza pubblica”, è predisposta a cura della Ragioneria Generale dello Stato e rappresenta un aspetto puramente nazionale, non essendo richiesta la sua presentazione a livello comunitario. Questa si occupa essenzialmente di registrare l’andamento della finanza pubblica, ponendo l’attenzione sugli obiettivi programmatici indicati in precedenza e sui risultati effettivamente realizzati.

Di particolare interesse, anche a livello comunitario, è invece il contenuto della terza sezione, denominata “Programma Nazionale di Riforma”, di competenza del Dipartimento del Tesoro d’intesa con il Dipartimento delle Politiche europee, con la quale si indicano le azioni prioritarie e le riforme di natura strutturale che si sono vogliono approvare nel breve e medio periodo, gli obiettivi che si perseguono attraverso l’approvazione di queste e le tempistiche nelle quali si intende agire. Questa ultima sezione, come la prima, deve essere messa nella disponibilità delle autorità europee che possono sollevare obiezioni e richiedere ulteriori chiarimenti sulla programmazione degli interventi normativi che si vogliono attuare.

3. Iter di approvazione del Parlamento nazionale e slittamento del termine di approvazione in attesa del nuovo Esecutivo

Il Def viene approvato dal Consiglio dei Ministri e presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno per la discussione parlamentare che, primariamente, deve avvenire all’interno delle Commissioni Bilancio di entrambi i rami del Parlamento in sede referente. Al termine della discussione in Commissione, il documento viene presentato all’aula per l’approvazione parlamentare, entro il 30 aprile di ogni anno, sotto forma di specifica risoluzione che lo stesso Parlamento indirizza al Governo.

Vale la pena sottolineare che questo documento programmatico non costituisce un vero e proprio atto legislativo avente forza di legge, ma essendo approvato con la forma della risoluzione, lascia aperta la strada alle modifiche, anche significative, del contenuto dello stesso. 

Si tratta essenzialmente di uno strumento a forte contenuto politico-programmatico che costituisce un limite invalicabile rispetto alla successiva deliberazione sul bilancio, individuando il saldo programmatico che dovrà essere rispettato nel triennio successivo e individuando le riforme e le strategie per la crescita e lo sviluppo sostenibile per gli anni a venire. Appare evidente che, stante la situazione di incertezza sul prossimo Esecutivo, la Commissione europea possa concedere all’Italia un calendario più favorevole in attesa che si sbrogli la matassa e si possa far partire la nuova Legislatura.