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Le Società Pubbliche nell’ordinamento giuridico attuale. La “Riforma Madia” ed il “T.U. sulle Società a Partecipazione Pubblica”

Le Società Pubbliche nell’ordinamento giuridico attuale. La “Riforma Madia” ed il “T.U. sulle Società a Partecipazione Pubblica”
Le Società Pubbliche nell’ordinamento giuridico attuale. La “Riforma Madia” ed il “T.U. sulle Società a Partecipazione Pubblica”

Il fenomeno delle Società Pubbliche, introdotto per la prima volta in Italia verso la fine del XIX secolo e sviluppatosi ampiamente negli anni ’60, incontrò un significativo ridimensionamento con le privatizzazioni degli anni ’90, ma la ratio che aveva ispirato la loro istituzione continuò a creare opinioni contrastanti sul futuro delle stesse.

Chi, da un lato, sottolineava le criticità intrinseche al fenomeno, si trovava a scontrarsi con chi, invece, ribadiva l’importanza delle finalità economicamente e socialmente cautelative che ne avevano favorito l’affermazione.

Garantire servizi pubblici essenziali anche in presenza di criteri di antieconomicità, combattere il dilagante tasso di disoccupazione, evitare monopoli privati in settori estremamente delicati per l’intera economia o per la sicurezza nazionale ed incentivare forme di sviluppo nei territori in evidente difficoltà, furono solo alcune delle motivazioni che indussero il legislatore ad intervenire su una maggiore regolamentazione delle Società Pubbliche, piuttosto che indirizzarsi verso la totale dismissione dei relativi pacchetti partecipativi.

Sulla scia di queste considerazioni, il primo significativo intervento fu inserito all’interno della Legge Finanziaria 2008 (Legge n. 244 del 2007, articolo 3 comma 27 e ss.), in cui, partendo dal comma 27 dell’articolo 3 viene testualmente riportato che “al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ne' assumere o mantenere direttamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. E' sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e che forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza”.

Inoltre, al successivo comma 28, si precisa che “l'assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati dall'organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27. La delibera di cui al presente comma è trasmessa alla sezione competente della Corte dei conti.

Come si evince chiaramente dalla norma citata, il Legislatore, piuttosto che indirizzarsi sulla necessità di proseguire un processo di privatizzazione tout court delle partecipate, preferì un’azione di contenimento del fenomeno, individuando strettamente le relative aree di applicabilità e, di fatto, suggerendo la dismissione o la trasformazione di tutte quelle società che ne restavano fuori. Venne così chiaramente stabilita la possibilità, per gli Enti Pubblici di qualsivoglia livello, di procedere alla creazione o di mantenere i pacchetti di controllo societario, solo laddove gli scopi della società in questione fossero strettamente compatibili con le finalità intrinseche dell’Ente stesso e quindi laddove si trattasse di “società strumentali” che operassero nel campo dei “servizi di interesse generale”.

Ma è con la Legge di Stabilità del 2014 (Legge 27 dicembre 2013 n. 147, articolo 1 commi da 550 a 569) che, finalmente, il legislatore decise di intervenire in maniera corposa, seppur ancora poco organica, nel tentativo di applicare dei correttivi giuridico-normativi ai difetti che avevano indotto la politica di privatizzazione delle Società a controllo pubblico.

Tra le principali novità introdotte, sicuramente degne di nota resteranno le seguenti:

- Nel caso in cui i soggetti di cui al comma 550 presentino un risultato di esercizio o saldo finanziario negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti accantonano nell'anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione…; 

- i soggetti di cui al comma 550 a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, perseguendo la sana gestione dei servizi secondo criteri di economicità e di efficienza; 

le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali  titolari  di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all'80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un  risultato  economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori; 

- Ferme restando le disposizioni in tema di limitazione alle assunzioni, gli enti locali di riferimento possono escludere, con propria  motivata deliberazione, dal regime limitativo assunzioni di personale per le singole aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, scolastici e per  l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e le farmacie, fermo restando l'obbligo di garantire il raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di contenimento della spesa di personale

- l’abrogazione dei vincoli quantitativi alle partecipazioni societarie introdotti dal d.l. 78/2010; 

- l’abrogazione del vincolo di cessione o liquidazione delle  società controllate direttamente o indirettamente dalle  amministrazioni pubbliche, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di  amministrazioni  pubbliche superiore al 90 per cento dell'intero fatturato.

Questo laborioso processo di riorganizzazione, ispirato fondamentalmente ai criteri di efficienza ed economicità, nonché al contenimento della spesa pubblica, proseguì con la successiva Legge di Stabilità del 2015 (Legge n. 190/2014)la quale stabiliva chiaramente che “al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, il contenimento della spesa, il buon andamento dell'azione amministrativa e la tutela della concorrenza e del mercato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli istituti di istruzione universitaria pubblici e le autorità portuali, a decorrere dal 1º gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri: 

a) eliminazione delle società e delle partecipazioni societarie non indispensabili al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, anche mediante messa in liquidazione o cessione;

b) soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c) eliminazione delle partecipazioni detenute in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali, anche mediante operazioni di fusione o di internalizzazione delle funzioni;

d) aggregazione di società di servizi pubblici locali di rilevanza economica;

e) contenimento dei costi di funzionamento, anche mediante riorganizzazione degli organi amministrativi e di controllo e delle strutture aziendali, nonché attraverso la riduzione delle relative remunerazioni”.

Inoltre, al fine di attuare una forma di pressante controllo sulle Società partecipate dagli Enti Pubblici i presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i presidenti delle province, i sindaci e gli altri organi di vertice delle amministrazioni di cui al comma 611, in relazione ai rispettivi ambiti di competenza, definiscono e approvano, entro il 31 marzo 2015, un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, le modalità e i tempi di attuazione, nonché l'esposizione in dettaglio dei risparmi da conseguire. Tale piano, corredato di un'apposita relazione tecnica, è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicato nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata. Entro il 31 marzo 2016, gli organi di cui al primo periodo predispongono una relazione sui risultati conseguiti, che è trasmessa alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e pubblicata nel sito internet istituzionale dell'amministrazione interessata. La pubblicazione del piano e della relazione costituisce obbligo di pubblicità ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33”.

L’iter di riordino della materia, secondo dei criteri di organicità, nell’ottica di un netto superamento dei regimi transitori e volto alla riorganizzazione di una normativa considerata oggettivamente frastagliata, parte indubbiamente dalla cd. Riforma Madia (legge 7 agosto 2015, n. 124) sulla riorganizzazione della Pubblica Amministrazione.

Gli articoli 16, 17 e 18, ai fini dell'attuazione della delega per il riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, ne enunciano principi e criteri direttivi.

Corre l’obbligo di riportarne i più significativi:

- distinzione tra tipi di società in relazione: alle attività svolte, agli interessi pubblici di riferimento, alla misura e qualità della partecipazione e alla sua natura diretta o indiretta, alla modalità - diretta o mediante procedura di evidenza pubblica - dell'affidamento, nonché alla quotazione in borsa o all'emissione di strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.(..) 

- definizione di un preciso regime che regoli le responsabilità degli amministratori degli enti partecipanti, degli organi di gestione e di controllo e del personale delle società partecipate. 

- individuazione dei requisiti di onorabilità dei candidati e dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo societario, anche al fine di garantirne l’autonomia rispetto agli enti proprietari.

- razionalizzazione e rafforzamento dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive, al fine di contenere i costi e di introdurre criteri obiettivi di valutazione che siano rapportati ai valori anche economici della gestione. 

- promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso l'unificazione, la completezza e la massima intelligibilità dei dati economico-patrimoniali. 

- eliminazione delle sovrapposizioni tra il regime privatistico e quello pubblicistico nella regolamentazione di istituti ispirati alle medesime esigenze di disciplina e di controllo. 

- possibilità di adozione di piani di rientro per le società con disavanzo di bilancio ed eventuale ricorso all'istituto del commissariamento. 

Come contenuto nelle deleghe espressamente previste nella Riforma Madia, il Governo inviò, sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica, uno schema di Decreto Legislativo contenente una prima bozza del Testo Unico sulle Società a Partecipazione Pubblica (A.G. 297). Esso non passò indenne l’esame delle Commissioni Parlamentari, che accompagnarono il loro parere favorevole con numerose prescrizioni ed osservazioni.

Il Governo, ritenendo chiaramente di non essere in grado di superare organicamente le perplessità evidenziate dalla Commissione Bilancio della Camera e dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, rimandò all’esame delle Camere un decreto ex novo (A.G. 297-bis), all’interno del quale, anche grazie ad una dettagliata relazione illustrativa, si diede conto del lavoro svolto, in ottemperanza alle osservazioni precedentemente avanzate da entrambe le Camere, attraverso le Commissioni sopra citate, allegando altresì i pareri favorevoli del Consiglio di Stato e della Conferenza Unificata Stato-Regioni.

Seppur con nuove osservazioni, il decreto ottenne l’approvazione delle due Camere.

Il Governo, dunque, approvò lo schema di decreto legislativo in via definitiva e il “Testo Unico sulle Società a Partecipazione Pubblica” (D.lgs. n.175 del 2016, successivamente modificato dal D.lgs. n 100 del 2017) entrò ufficialmente in vigore il 23 settembre del 2016, recando con se, finalmente, una trattazione organica della materia.

Come ampiamente specificato nella premessa dello stesso T.U., l'intervento normativo operato, (..)nel riassumere in un quadro organico le numerose disposizioni finora vigenti in materia, ne ridisegna la disciplina con la finalità di ridurre e razionalizzare il fenomeno delle società a partecipazione pubblica, avendo anche riguardo ad una efficiente gestione delle partecipazioni medesime ed al contenimento della spesa pubblica.

Volendolo semplificare, esso si articola prevalentemente in quattro interventi:

- una parte introduttiva in cui vengono individuati gli ambiti di operatività del Testo Unico, l’oggetto, le definizioni e i vari tipi di Società in cui è ammessa una partecipazione pubblica (Articoli 1-3); 

- una seconda parte, volta sia a stabilire condizioni e limiti delle partecipazioni pubbliche, sia a ridisegnare compiutamente le regole per la costituzione di società, nonché l’assunzione, il mantenimento ovvero l’alienazione di partecipazioni societarie da parte degli Enti Pubblici (Articoli 4-10); 

- una terza parte recante diversi criteri di amministrazione e controllo delle Società Pubbliche, in riferimento ai requisiti degli amministratori ed ai relativi compensi; un efficace regime di responsabilità degli organi rappresentativi; l’assoggettabilità al fallimento ed alle procedure concorsuali; un sistema di controllo da parte delle AA.GG. e un monitoraggio costante da parte del MEF; 

- un’ultima parte recante disposizioni volte alla razionalizzazione dei sistemi di impresa e finalizzate all’economicità, all’efficienza ed alla trasparenza della gestione amministrativa delle Società Pubbliche (Articoli 19-25).

Attualmente, il maggior numero delle quote di partecipazioni societarie dello Stato sono in mano al Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), ferme restando le ipotesi (numericamente superiori, ma di certo meno rilevanti sul piano economico-finanziario nazionale) di pacchetti societari in mano agli Enti Locali.