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Professor Zanchi, qual è il punto sullo stato di salute del trust oggi?

Professor Zanchi, qual è il punto sullo stato di salute del trust oggi?
Professor Zanchi, qual è il punto sullo stato di salute del trust oggi?

Intervista a Duccio Zanchi, avvocato esperto in trust e autore del libro “Materiali necessari per lo studio del trust”, Filodiritto Editore, 2018.

 

Ci troviamo di fronte a un panorama piuttosto variegato che provo a sintetizzare. Attorno al trust si è formato, dalla entrata in vigore della Convenzione dell’Aja un nucleo di studiosi e di appassionati della materia il cui punto di riferimento era rappresentato dal Prof. Lupoi. Nel periodo iniziale si è avuto un dibattito dottrinale molto alto fra questo gruppo di studiosi e coloro che negavano proprio il diritto di cittadinanza del trust nell’ordinamento. In questo periodo la giurisprudenza, solo di merito,  è molto scarsa anche perché di trust si parla poco e  con molto scetticismo, ma soprattutto se ne fanno pochi. La svolta avviene nel 2003 con la ormai nota sentenza del Tribunale di Bologna che opera una ricostruzione esemplare dell’istituto delineandone il profilo e  risolvendo quei fornisce risposta a quelli che una autorevole dottrina aveva individuato come impedimenti insormontabili al suo riconoscimento.

… e  poi?

Abbiamo assistito al crescere di un enorme interesse su questo argomento come testimoniano una produzione scientifica estremamente ricca e una altrettanto copiosa produzione giurisprudenziale sia di merito che di legittimità, purtroppo, devo aggiungere spesso ondivaga e quindi destabilizzante per chi opera con questo istituto.

Ci può fare qualche esempio ?

Non è difficile farne, basterebbe pensare alle oscillazioni in tema di trust autodichiarato, che rappresenta un fattispecie assolutamente prevalente in caso di trust familiari, di cui è stata recentemente messa in dubbio addirittura la possibilità di venir ricompresa all’interno della Convenzione perché mancherebbe la terzietà del trustee rispetto al disponente, oppure, ancor più clamoroso quanto accade in tema di imposizione fiscale in cui si continua a  ondeggiare fra la tesi di chi sottolinea la neutralità del conferimento al trustee e chi vorrebbe applicare l’imposta proporzionale. Tanto più pernicioso questo atteggiamento relativamente ai trust c.d. commerciali che molto spesso vengono posti in essere per facilitare operazioni più complesse che non sarebbero in alcun modo praticabili laddove il conferimento di beni in trust dovesse essere assoggettato a imposta.

Quali sono gli ambiti di maggior diffusione dell’istituto del trust?

Direi quello familiare in senso lato, con una forte accentuazione del dopo di noi e poi il trust commerciale dove il limite di impiego è dato unicamente dalla fantasia del giurista (fatto salvo quanto detto in tema di imposizione fiscale).

E le maggiori criticità?

Direi che è data dall’eccesso di confidenza e la scarsa serietà di chi si avvicina a questo istituto e che crede redigere un atto voglia dire copiare un formulario. Consideriamo che  proporre e fare un trust può essere interessante, talora anche sotto il profilo economico. Il problema è che vi sono moltissimi operatori che si reputano in grado di farlo senza un briciolo di umiltà nell’approcciare il tema. Vi sono in giro molti, troppi apprendisti stregoni che mettono in moto qualcosa che non sanno controllare. In questo la spregiudicatezza aiuta perché magari i problemi si porranno dopo alcuni anni e uno può sperare di essersi fatto dimenticare nel frattempo.

Un altro aspetto è l’italianizzazione dell’istituto.  Oggi molti trust sono redatti avendo presente la legislazione italiana senza considerare che invece dev’essere una legge straniera, di un paese trust, a regolare l’istituto e questo può dar luogo a non poche sorprese quando poi si tratta di applicare il trust e possono sorgere delle contestazioni.

Seguendo le riviste si può constatare che viene accolto un gran numero di domande di revocatoria dirette contro un trust. Come mai?

Intanto bisogna distinguere: l’istituzione del trust in quanto tale non è oggetto di revoca, sono revocati gli apporti effettuati perché si ritiene che abbaino recato pregiudizio ai creditori. E devo dire che è un bene che questo fenomeno sia così consistente perché è altrettanto vero che  si ricorre al trust avendo in mente un intento fraudolento che giustamente dev’essere stroncato.

Aggiungo che il rischio di una revocatoria si pone anche  laddove non sia presente un intento fraudolento e qui si ritorna a chi redige l’atto e che non interviene né sulle clausole, né in altro modo per mettersi legittimamente al riparo da questo rischio.

C’è qualche sentenza di particolare importanza che ritiene di segnalare al lettore?

Innanzi tutto quella del Tribunale di Bologna del 2003 che ha veramente fatto il punto sul trust dando altresì risposta a una serie di insidiose domande che un’attenta dottrina aveva sollevato e che ponevano in dubbio la compatibilità stessa dell’istituto nel sistema.

Poi vorrei ricordare la sentenza della Cassazione del 2004/10105 che ha affermato la non residualità del trust. In altre parole mentre si era finora quasi unanimemente affermato che  si poteva ricorrere al trust solo dopo aver verificato che  gli istituti previsti dall’ordinamento non erano in grado di soddisfare certe esigenze, la corte afferma che  questo esame non è necessario e che il trust è sullo stesso piano di qualsiasi altro istituto all’interno del sistema.

Da ultimo vorrei ricordare la sentenza  della Corte di Cassazione, n. 9637 del  19 aprile 2018 che censurando la pronuncia della Corte di merito che aveva affermato che non essendo il trust un contratto tipico, doveva essere valutato ai sensi dell’art.1322 c.c. al fine di stabilire se corrisponda o meno a una finalità meritevole di tutela secondo l’ordinamento interno, rileva come “la valutazione astratta della  meritevolezza di tutela è stata compiuta, una volta per tutte, dal legislatore”. Pertanto, la legge di ratifica della Convenzione ha dato cittadinanza all’istituto in oggetto così che il giudice non è tenuto a valutare di volta in volta se il singolo contratto risponda al giudizio previsto dall’art.1322 c.c

Ha qualche suggerimento di carattere generale per chi voglia istituire un trust?

Fondamentale, al di là delle clausole che si possono escogitare, è individuare un trustee di cui ci si possa fidare e a cui si possa attribuire ampia discrezionalità nella gestione del trust. Poi si tratta comunque di predisporre un efficace, ma non macchinoso, sistema di controllo del suo operato avendo sempre presente che non ci sarà mai nessuna soluzione – e questo vale non solo per il trust – che possa mettere al riparo dalla malafede e dalla disonestà.