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Decreto per Genova. Da palazzo Chigi non si è librato in volo un grifone

Decreto per Genova. Da palazzo Chigi non si è librato in volo un grifone
Decreto per Genova. Da palazzo Chigi non si è librato in volo un grifone

E il copione si ripete. Immutabile.

Tale è stato, nei giorni scorsi, l’incipit del mio scritto “Nihil novi sub sole (calante) di Autostrade”, nella cui notazione finale ho sostenuto che uno screening degli arbitrati, come notorio definiti quasi sempre con pronunce favorevoli ai concessionari in ragione ad a causa dell’esercizio, quale effettuato, omesso o solo ritardato, della “vigilanza” da parte dell’amministrazione concedente, avrebbe recato sicuro sostegno alle mie conclusioni in ordine agli “effetti perversi di un modello concessorio ad alta dose di vigilanza che trasudi cogestione”.

E tale, ahimè, deve essere anche l’incipit di questo mia ulteriore riflessione.

Ed invero, ancora una volta, il copione si è ripetuto, immutabile.

Da quanto comunicato in conferenza stampa dal Premier e dal Ministro per le Infrastrutture, il Consiglio dei Ministri ha licenziato “salvo intese” (in ordine alla figura del commissario straordinario da preporsi alla ricostruzione ed all’ambito dei suoi poteri) il testo del decreto “urgenze per Genova...”.

Sempre da quanto si è appreso dalla viva vox delle Istituzioni e dai resoconti dei media, mutatis mutandis il provvedimento, nelle more delle “intese” non ancora pubblicato, appare ricalcare i precedenti adottati in occasione delle emergenze che hanno nel tempo colpito il Paese (misure di sostegno a privati e imprese; facilitazioni fiscali; nomina commissario per le emergenze e, salvo intesa, su nome e poteri, del commissario per la ricostruzione).

Dalle dichiarazioni fin qui rese non emerge con chiarezza se siano state assunte decisioni concrete, e nel caso quali siano state, in ordine al soggetto cui andrà affidata l’esecuzione dei lavori di recupero e/o ricostruzione integrale del ponte Morandi, nel mentre dalle stesse si trae la soddisfazione dell’Esecutivo per le misure previste in decreto, pro futuro, in tema di vigilanza.

Intervengo “a caldo” ed ancor prima di aver potuto visionare il testo (sol) perchè oggi a me preme stigmatizzare come -a mio avviso e senza minimamente venir meno al rispetto dovuto alle Istituzioni- non appaia lungimirante il puntare su di un mero rafforzamento del sistema di vigilanza senza far luogo, nel contempo, ad una rimodulazione della convenzione con Autostrade, posto che ben difficilmente si giungerà a dichiararne la decadenza; rimodulazione, da estendersi alle altre vigenti convenzioni aventi le medesime caratteristiche, che elimini quanti momenti di vigilanza/cogestione inquinano i rapporti e deresponsabilizzano i concessionari, diluendone le responsabilità.

Sul punto mi sono già dilungato abbastanza negli scritti precedenti, a disposizione di chi volesse leggerli, e quindi mi fermo.

Devo solo constatare che, da quanto si è appreso, ieri si è andati oltre in questa opera nefasta, intesa come “ne fasta”.

Il decreto ipotizza la creazione di un apposita “Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture(recte: istituisce, salvo resipiscenze in sede di “intese” e/o parlamentare), che si andrà ad aggiungere alla Direzione generale ministeriale sulla vigilanza ed agli altri organismi preposti alla vigilanza sulla sicurezza sul lavoro; il che, senza io esser Tiresia, ma purtroppo Cassandra, nel dar luogo ad un moltiplicarsi di burocrazie, concorrerà a render ancor più fitti e inestricabili i nodi delle competenze/responsabilità, con conseguente ampliamento, in concreto, della sfera di “immunità” del concessionario, nonché, sempre a mio modo di vedere, con dilatazione ingiustificata della spesa pubblica.

Ma, ancor di più, il provvedimento licenziato “salvo intese” prevede di rafforzare la vigilanza con l’assunzione di 250 “giovani ingegneri”, privi quindi di esperienze, nel mentre occorrerebbe che fossero (stati) messi in circolo schiere di maturi tecnici (anche solo geometri o figure equivalenti) ma non dallo Stato, bensì dal concessionario, che, a suo rischio e sotto la sua esclusiva responsabilità, aveva ed ha da garantire la sicurezza totale delle infrastrutture.

Ed infine, ancor più singolare, e significativo, si profila il dato che una delle misure adottate di cui sembra andarsi più fieri sia stata quella di aver imposto, addirittura con norma di legge, l’obbligo di installare dei “sensori” che consentano un monitoraggio costante della rete: obbligo che, come dire, è (aveva ad essere ab origine) in re ipsa per garantire un minimum di sicurezza, in ispecie nelle ben note condizioni in cui versava il ponte Morandi.

Ancora una volta, devo quindi concludere, si è obliterato il dato che, in sede europea, già la Comunicazione interpretativa del 2000 “sulle concessioni nel diritto comunitario” fissò la differenza fra appalti e concessioni nel trasferimento al privato “dell’alea relativa alla gestione”, ossia del “rischio economico”, con i connessi corollari in termini di autonomia e responsabilità. Concetti questi poi scolpiti della direttiva 214/23/UE (cfr., in particolare, articolo 165 e Considerando 18, 19 e 20).

E troppo facilmente si dimentica che lo “ius variandi”, che costituisce l’altra differenza strutturale fra appalto e concessione, si sostanzia nella potestà dell’amministrazione non già di compartecipare alla gestione, sub specie di vigilanza/ingerenza, ma solo di fruire di margini di elasticità per poter intervenire in ragione delle esigenze della platea degli utenti, mutevoli nel tempo.

Se non che dei menzionati principi i modelli concessori di cui si fa uso nel Bel Paese non appaiono tener molto conto, forsanche -a pensare si fa peccato, ma spesso si coglie nel segno - in quanto minore ingerenza si traduce in minore esercizio di poteri ex latere pubblico (classe politica e dirigenza), cosi evitandosi di attribuire unicuique suum: il che a dire, in parole povere, tu concessionario gestisci in piena autonomia e rispondi di ogni errore, commissivo o omissivo; io concedente incasso i corrispettivi pattuiti e vigilo, ma ab externo, senza offrire varchi che consentano a te privato di sottrarti, o di tentare di sottrarti, alle tue proprie responsabilità.

Ovviamente, non sto predicando che debba attenuarsi il sistema della vigilanza; ci mancherebbe. 

Sto solo dicendo che deve assumere forme corrette e proprie; sto dicendo che se si vuole una vigilanza efficace ed incisiva vanno evitate, a monte, intersecazioni fra la sfera del concedente e del concessionario e quindi tavoli/commissioni et similia congiunti in cui si condividano scelte operative, emanazioni fluviali di “direttive”, autorizzazioni per attività gestionali pure e/o manutentive e, ovviamente, ca va sans dire, va scongiurato che possano esistere soggetti che, sotto quale che sia forma, siano contemporaneamente al soldo sia dell’amministrazione che del concessionario.

Per far solo dei pochi esempi, ci si può interrogare sulla bontà di previsioni, puntuali e certosine, a mente delle quali:

A) rientrano fra gli obblighi del concessionario (qui di Autostrade, ma identiche previsioni son contenute nelle similari convenzioni):

-“ di presentare all’esame del concedente, per la relativa approvazione, entro il mese di novembre di ciascun anno, il programma dei lavori di ordinaria manutenzione, nonché di miglioramento della rete….” (art, 3, lettera g, della convenzione unica);

- “di presentare all’esame del concedente, per la relativa approvazione,… i progetti di manutenzione straordinaria….….” (articolo 3, lettera h);

-  “di sottoporre gli schemi di bando di gara... all’approvazione del concedente, che deve pronunciarsi entro trenta giorni…” , nonché di “di aggiudicare i contratti relativi alle procedure di affidamento ... tramite commissioni di gara, nominate dal Ministro delle Infrastrutture” (lettera q, punti 2 e 3);

B) rientrano fra le potestà del concedente, oltre quelle innanzi indicate, l’approvazione puntuale e dettagliata - che, per come modulata, si sostanzia in una vera e propria forma di cogestione - di ogni tipo di progettazione, approvazione aggiuntiva a tutte quelle imposte dalla normativa generale e facenti capo alle diverse Autorità preposte ai diversi rami (articolo 24 della convenzione Autostrade e similari in altre convenzioni).

Son queste e le tante altre previsioni riflettenti la medesima filosofia di ingerenza nella gestione a snaturare, a mio modo di vedere, il rapporto concessorio, a ricondurlo in un’area diversa, che in concreto sa tanto di appalto, di modesto appalto, a dispetto delle grandi parole spese a magnificare il “sistema concessorio”.

Son queste le previsioni che, in tal modo snaturato il rapporto, hanno nel tempo alimentato un contenzioso dalle immani proporzioni, “assolutamente incongruente con un rapporto di concessione”. E qui sto utilizzando le esatte parole già pronunciate, nel lontano anno 1991, dal Capo di Gabinetto del Commissariato straordinario per gli interventi del Titolo VIII della l. 219/1981, già Direttore Generale del Ministero dei Lavori pubblici (cfr. il suo intervento contenuto nella raccolta “Dal terremoto al futuro. La ricostruzione a Napoli” edito da Electa, Napoli, che racchiude anche un mio scritto stigmatizzante l’ibridità della commistione concedente/concessionario nella pratica venutasi ad instaurare e che, per quanto è dato conoscere, non è mai venuta meno, consolidatasi invece in sistema).

Concludo dicendo che sono reintervenuto non per desiderio di mantenere in qualche modo la scena, ma perché amareggiato nell’assistere al reiterarsi di vecchi copioni e, quindi, come ho cercato sommariamente di render palese, di antichi e reiterati errori che non fanno bene al sistema Paese e ancora una volta mostrano che in terra italica l’etica della responsabilità, con il suo corollario che nulla di solido e di etico si edifica consentendosi in concreto di sfuggirvi, è solo un miraggio, anzi neppure quello.