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Il terrore viaggia sul web. L’Unione europea e la battaglia contro la divulgazione di contenuti terroristici online

Il terrore viaggia sul web. L’Unione europea e la battaglia contro la divulgazione di contenuti terroristici online
Il terrore viaggia sul web. L’Unione europea e la battaglia contro la divulgazione di contenuti terroristici online

di Carla Bassu

 

Indice 

1. Libertà v. sicurezza: il grande dilemma nella lotta al terrorismo

2. Eliminare i contenuti terroristici dal web: una impresa possibile?

 

1. Libertà v. sicurezza: il grande dilemma nella lotta al terrorismo

Che la rete rappresenti un veicolo formidabile per la diffusione di qualsiasi tipo di messaggio è una realtà assodata quanto il fatto che la lotta al proselitismo, nel quadro più generale della guerra strenua al terrorismo internazionale, sia una delle sfide più impegnative per le democrazie costituzionali. Ciò che rende questa prova così insidiosa è che si tratta di uno scontro impari dal momento che gli ordinamenti democratici, nel configurare lo strumentario finalizzato al contrasto del terrorismo, devono prestare attenzione a non ledere gli architravi della struttura costituzionale rappresentati dai diritti individuali. Le libertà fondamentali sono messe sotto pressione nella dinamica delle priorità di una democrazia che deve riuscire nella missione di assicurare la pubblica sicurezza nel rispetto delle prerogative dei singoli. Il punto di equilibrio tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti si presenta come lo Shangri La del costituzionalismo almeno da quando, con gli attacchi dell’11 settembre 2001, il terrorismo internazionale ha frantumato il senso di inviolabilità del governo e del popolo americano, facendo nel contempo irruzione negli incubi di chiunque aderisca al modello di civiltà occidentale. Missione compiuta dunque per i terroristi, che hanno senz’altro avuto successo nel loro obiettivo di seminare il panico e, in una escalation di attentati che purtroppo non ha visto finora soluzione di continuità, hanno costretto gli ordinamenti ad adottare misure incidenti in senso restrittivo sulle libertà individuali. Infatti, facendo perno sull’affidamento delle popolazioni che in situazioni di pericolo sono disposte ad accettare (più o meno di buon grado) limitazioni al regime ordinario di diritti, le democrazie minacciate hanno introdotto negli anni una serie di misure che hanno gravato talora seriamente sulle libertà della persona.

Tra le sfere particolarmente colpite dalle normative antiterrorismo vi sono senz’altro la riservatezza e la segretezza delle comunicazioni, dal momento che l’ingerenza in questi spazi – la cui inviolabilità è, in circostanze ordinarie, pienamente garantita a livello costituzionale- può essere utile nella individuazione tempestiva e nella prevenzione di manifestazioni terroristiche, ma anche la libertà di manifestazione del pensiero, nel caso in cui si traduca nell’espressione di contenuti terroristici. Ed ecco che il confine tra legittima manifestazione del proprio pensiero e diffusione di messaggi eversivi e potenzialmente pericolosi per la pubblica sicurezza diventa labile.

 

2. Eliminare i contenuti terroristici dal web: una impresa possibile?

In questo contesto, che richiede il massimo grado di attenzione nella ponderazione degli interessi coinvolti – si colloca, da ultimo, la proposta della Commissione europea finalizzata a prevenire la divulgazione di contenuti riconducibili al terrorismo tramite la rete[1]. L’iniziativa, sottoposta all’attenzione dei leader dei Paesi membri Ue, riuniti a Salisburgo il 19 e 20 settembre 2018, tiene conto delle enormi potenzialità di comunicazione e socializzazione consentite dalle piattaforme internet, che rappresentano una risorsa inestimabile in termini di potenziamento delle opportunità di conoscenza ma forniscono anche una enorme cassa di risonanza per contenuti eversivi o, comunque, non compatibili con i principi e i valori fondamentali di una democrazia. Basti pensare, in questo senso, a quanto emerso dalle indagini relative agli attentati terroristici portati a compimento negli ultimi anni sul territorio europeo che hanno messo in evidenza il ruolo prioritario svolto da internet nelle fasi di reclutamento e indottrinamento dei terroristi e nell’organizzazione concreta degli attacchi. Il web è utilizzato sistematicamente non solo come strumento operativo per gli attivisti del terrore ma anche per dare massimo risalto ai risultati delle atrocità compiute, attirare nuovi adepti e alimentare la paura nelle comunità minacciate. La condivisione online di contenuti terroristici si è dimostrata strumentale alla radicalizzazione dei cosiddetti “lupi solitari” che – ispirati proprio da messaggi veicolati dal web – si sono resi protagonisti di alcuni tra i più efferati attacchi messi in atto di recente in Europa.

Dal punto di vista tecnico, i messaggi terroristici condivisi online per le finalità di cui sopra vengono diffusi attraverso provider che forniscono servizi di hosting che consentono a soggetti terzi di caricare contenuti. L’abuso degli strumenti di comunicazione informatica da parte dei terroristi riguarda le grandi piattaforme di social media al pari di provider di modeste dimensioni e mette in luce in ogni caso una forma di responsabilità nei confronti degli utenti esposti a materiale terroristico. Su input delle pubbliche autorità i provider hanno adottato alcune misure orientate a individuare ed eliminare materiale violento di matrice terroristica presente sulle proprie piattaforme ma fino a ora tali misure sono state di carattere volontario, inserendosi nell’ambito di progetti di partnership come l’Internet Forum Ue, avviato nel dicembre 2015 nel più ampio contesto dell’Agenda europea sulla sicurezza.

Questo genere di iniziative ha promosso un circuito virtuoso di collaborazione tra gestori web, istituzioni nazionali e l’Europol Internet Referral Unit che ha portato alla realizzazione (sempre su base volontaria) di meccanismi di rimozione automatica di contenuti di matrice terrorista dalle piattaforme aderenti al sistema. Ferma restando l’auspicabilità del consolidamento di queste forme di cooperazione non si può trascurare di osservare i limiti connessi a operazioni riconducibili alla buona volontà e al senso di responsabilità dei soggetti coinvolti. Per affrontare in maniera organica ed efficace un problema tanto complicato si rende invece necessaria l’adozione di regole stringenti, espressione di un piano di intervento omogeneo e tassativo.

 Il Parlamento europeo già da tempo aveva preso atto di questa esigenza, come si evince dalla risoluzione sulle piattaforme web e sul mercato digitale del 15 giugno 2017, nella quale si registra l’esigenza di rafforzare le misure di contrasto alla diffusione online di contenuti illegali e pericolosi, invitando la Commissione a presentare iniziative legislative in tale senso[2]. La Commissione europea ha raccolto la sollecitazione e nel marzo 2018 ha prodotto una prima Raccomandazione avente per oggetto l’introduzione di misure di contrasto alla diffusione di materiale illegale online[3].  Il provvedimento prevedeva tra l’altro la predisposizione di barriere volte a impedire il caricamento e la condivisione di propaganda terroristica. Tra le misure prospettate: la previsione di un sistema di monitoraggio accurato dei contenuti caricati, la predisposizione di filtri tali da impedire la pubblicazione immediata di contenuti sospetti e l’indicazione di uno spazio temporale di un’ora dedicato alla valutazione del materiale e all’eventuale rifiuto definitivo della divulgazione.

Il Consiglio europeo del 28 giugno 2018 ha mostrato apprezzamento per l’intenzione della Commissione di presentare una iniziativa legislativa «to improve the detection and removal of content that incites hatred and to commit terrorist acts». La proposta della Commissione, in questa ottica, aspira alla determinazione di una cornice normativa organica, chiara e armonica che costituisca un riferimento imprescindibile ed efficace per evitare l’abuso delle risorse di comunicazione telematica e prevenire la diffusione di materiale terroristico. L’obiettivo finale è di garantire la piena funzionalità del Digital single market senza compromettere il bene primario della pubblica sicurezzaPer conseguire tale scopo è necessario fare chiarezza rispetto al regime di responsabilità dei provider che sono tenuti a mettere in pratica tutte le azioni idonee, ragionevoli e proporzionate a garantire la sicurezza dei servizi da loro forniti e a eliminare tempestivamente i contenuti terroristici dalle loro piattaforme. Tutto ciò badando a rispettare la libertà di manifestazione di pensiero tutelata nelle società aperte e democratiche come pilastro dell’ordinamento costituzionale. Non si tratta di un compito facile perché individuare il confine tra il diritto di esprimere liberamente la propria opinione e il rispetto dell’altrui libertà e della pubblica sicurezza è estremamente difficile da individuare e, per alcuni (nello specifico, per coloro che ritengono non limitabile la libertà di parola) non può nemmeno essere stabilito. Per questo motivo, nella proposta di Regolamento in commento la  Commissione propone anche l’introduzione di una serie di guarentigie orientate ad assicurare il pieno rispetto di diritti fondamentali quali appunto la libertà di espressione e la libertà di informazione che – come non ci si stanca di ribadire – sono elementi basilari del costituzionalismo contemporaneo – oltre alla possibilità di ricorrere contro misure ritenute lesive di tali diritti nel rispetto delle tutele giurisdizionali di cui all’art. 19 TEU e dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Il proposito è quello di stabilire in capo ai provider un nucleo di doveri definiti in modo omogeneo per i Paesi membri dell’Ue nei confronti dei quali ricadrebbero oneri di controllo.

L’esistenza di un parametro normativo uniforme costituirebbe un riferimento importante per tutti gli operatori di settore e contribuirebbe non poco nell’azione sistematica di contrasto al terrorismo, consentendo anche l’individuazione chiara del limite invalicabile della tutela delle libertà di informazione e opinione.

Particolarmente significative, nella proposta della Commissione, risultano le norme per la trasparenza e i dispositivi riconosciuti per avviare una contestazione formale della rimozione dei contenuti pubblicati sul web. Importante anche il ruolo affidato agli Stati membri che, in base al progetto, sono tenuti a svolgere un ruolo attivo nell’attuazione delle misure, prevedendo sanzioni specifiche nel caso di inadempimento da parte dei provider che non mettano in atto le misure previste.

Il nodo irrisolto, che potrà essere sciolto solo una volta che la normativa sarà attuata (per ora siamo in una fase embrionale di iniziativa), è rappresentato dal grado di pervasività delle misure proposte sulla sfera delle prerogative individuali e, in particolare, l’incidenza rispetto alle libertà di informazione e del pensiero. Oltre al disposto delle norme, quello che conta e che determina a definirne la qualità e l’efficacia è l’interpretazione delle regole è infatti il modo in cui vengono applicate nella realtà dei fatti.

In questa fase esprimere un giudizio su interventi che sulla carta paiono ragionevoli e studiati tenendo conto del bilanciamento degli interessi in campo può risultare prematuro ma è importante seguire passo dopo passo e monitorare con rigore l’evoluzione di una normativa necessaria in un settore cruciale nella vita quotidiana di un ordinamento democratico e di ognuno di noi.

 

[1] V.  Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on preventing the dissemination of terrorist content online. A contribution from the European Commission to the Leaders’ meeting in Salzburg on 19-20 September 2018COM(2018) 640 final 2018/0331 (COD)

[2] European Parliament resolution of 15 June 2017 on online platforms and the digital single market (2016/2276(INI))

[3] Commission Recommendation of 1 March 2018 on measures to effectively tackle illegal content online (C(2018) 1177 final)