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I doveri del collegio sindacale di società quotate, commento alla Cassazione n. 20437 del 2017

Nota a Cassazione Civile, Sezione II, n. 20437 del 28 agosto 2017
I doveri del collegio sindacale di società quotate, commento alla Cassazione n. 20437 del 2017
I doveri del collegio sindacale di società quotate, commento alla Cassazione n. 20437 del 2017

La sentenza in esame riguarda una Delibera assunta dalla Consob al termine di una istruttoria con la quale, a norma dell’articolo 195 del T.U.F., si ingiungeva al Sindaco di una società quotata il pagamento di una sanzione pecuniaria di Euro 382.000,00 per non aver adempiuto a quanto previsto in materia di doveri di vigilanza del collegio sindacale ex articolo 149 del T.U.F. 

Il richiamato articolo disciplina i doveri del collegio sindacale stabilendo che:

Il collegio sindacale vigila:

a) sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo;

b) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione;

c) sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo‑contabile nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione;

c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi”;

d) sull’adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell’articolo 114, comma 2. 

In particolare, le violazioni dei doveri di vigilanza contestate al sindaco, afferivano ad alcune operazioni con parti correlate compiute dalla società, e più precisamente con taluni soci di riferimento ovvero con società loro facenti capo, in relazione al rinnovo di un incarico di consulenza. Tali violazioni erano riconducibili, altresì, a carenze riscontrate nel sistema di controllo interno e nella struttura organizzativa societaria. 

Dall’esame dei motivi del ricorso presentati dal sindaco emerge che lo stesso declinava la propria responsabilità, in merito all’asserita carente vigilanza, sostanzialmente per due ordini di ragioni:

a) in primo luogo in ragione del progressivo cambiamento del ruolo svolto dal collegio sindacale a seguito dell’evoluzione normativa, e

b) in secondo luogo in ragione dell’impossibilità concreta, nella quale era venuto a trovarsi, di ottenere dalla società tutte le informazioni necessarie ad effettuare una valutazione sull’eventuale esigenza di effettuare controlli o attivare indagini sulle operazioni contestate.

Il sindaco sosteneva che il collegio sindacale avesse obblighi di “alta vigilanza”, con il conseguente affidamento unicamente all’organo di controllo interno delle attività di verifica riferite alla correttezza e all’affidabilità dei controlli effettuati da altri soggetti. Il ricorrente riteneva, pertanto, che il controllo demandato al collegio sindacale fosse sostanzialmente di tipo documentale, non potendo prescindere, ma anzi fondandosi, sull’esame dei dati e delle informazioni rese da altri soggetti interni ed esterni alla struttura societaria. 

In particolare, il sindaco eccepiva di aver confidato nella veridicità di documenti societari rivelatisi poi erronei o fraudolentemente resi, come un parere pro veritate reso dal comitato di controllo e alcune valutazioni rilasciate da esperti indipendenti. Eccepiva, inoltre, di esser stato tenuto all’oscuro da parte del consiglio di amministrazione in merito ad alcune decisioni afferenti l’operazione contestata dalla Consob. 

La questione sottoposta al vaglio della Corte concerneva, dunque, la possibilità per il sindaco di una società quotata di difendersi dalla sanzione irrogata adducendo l’impossibilità di esercitare il controllo per via di circostanze relative alla organizzazione societaria che, in concreto, impediscono di compiere un effettivo controllo sulla stessa.

Ebbene la Corte, nel non condividere la tesi del ricorrente, ha avuto modo di chiarire il contenuto dei poteri e dei doveri di vigilanza del collegio sindacale di una società quotata.

In particolare ha precisato che, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, T.U.F., “i sindaci possono, anche individualmente, procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo, nonché chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo il collegio sindacale può (…) avvalersi di dipendenti della società per l’espletamento delle proprie funzioni. I poteri di convocazione e di richiesta di collaborazione possono essere esercitati anche individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri. Ai sensi del comma 4 dell’articolo 150 del T.U.F. coloro che sono preposti al controllo interno riferiscono anche al collegio sindacale di propria iniziativa o su richiesta anche di uno solo dei sindaci”.

La Corte ha sottolineato la sussistenza nella disciplina del T.U.F. di una evidente dilatazione dei poteri spettanti al collegio sindacale rispetto alla disciplina codicistica prevista nell’articolo 2403 bis e ha illustrato come le ragioni esposte dal ricorrente non potessero trovare accoglimento, in quanto sul sindaco grava un autentico potere-dovere di vigilanza e denuncia, il cui omesso esercizio lo rende sanzionabile

La Corte ha, poi, ribadito l’orientamento secondo il quale l’eventuale complessità dell’articolazione della struttura organizzativa di una società non può comportare l’esclusione o anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo dei componenti del collegio sindacale. La Corte ha inteso, dunque, consolidare un orientamento volto a responsabilizzare gli organi societari e a limitare le giustificazioni deducibili dai soggetti chiamati ad effettuare il controllo sulle società.

La Corte ha anche sottolineato che il mancato esercizio del controllo o dell’adozione di iniziative ispettive del collegio sulla società non è giustificabile neppure laddove siano state fornite al collegio stesso informazioni erronee oppure laddove non si siano verificati indici di anomalia rispetto alla corretta gestione dell’impresa.

La Corte ha ritenuto che tali ipotesi integrino infatti “un mancato o incompiuto esercizio del potere-dovere di procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo, o di richiedere all’organo gestorio informazioni in ordine alle operazioni societarie”. Ci si trova dunque innanzi ad un autentico inadempimento dei doveri del sindaco, sul quale grava non soltanto un obbligo di vigilanza in funzione della salvaguardia degli interessi degli azionisti e di verifica dell’adeguatezza delle metodologie impiegate per il controllo interno della società, ma altresì un obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d’Italia ed alla Consob. 

Peraltro, anche nel caso di gruppi di società, precisa la Corte, il ruolo del sindaco non trova ostacoli, essendo previsto dall’articolo 151, comma 1, T.U.F., che possa rivolgere, anche individualmente, “richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate”. 

La Corte ha pertanto ritenuto che i sindaci avrebbero dovuto attivarsi per effettuare ispezioni e avrebbero dovuto altresì svolgere verifiche sulla documentazione fornita dagli organi amministrativi, senza limitare la propria funzione di controllo ad una mera attività formale di verifica. Al sindaco non compete certamente la valutazione sulla convenienza economica dell’operazione, tuttavia è senza dubbio da censurare l’omesso riscontro da parte di questi della contrarietà delle operazioni societarie agli elementari principi di regolare amministrazione e di rischiosità delle stesse. 

La Corte ha infine affermato che, sancendo l’articolo 149, comma 1, T.U.F., inter alia, il dovere del collegio sindacale di vigilare sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo (lettera a), sul rispetto dei principi di corretta amministrazione (lettera b), e sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società (lettera c), è ben possibile, in caso di inadempimento di tali doveri di controllo, procedere nei confronti del sindaco, contestando ciascuna di queste violazioni, con conseguente cumulo delle sanzioni

Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha rigettato il ricorso confermando la sanzione pecuniaria irrogata per Euro 382.000,00 e inoltre, condannando alle spese di lite il sindaco ricorrente, ha infine sancito il principio di diritto per il quale “i singoli membri del collegio sindacale hanno un autonomo dovere di vigilanza e di denuncia e, qualora ne venga omesso l’esercizio, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo”.