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Il territorio ed i suoi (mancati) custodi

Il territorio ed i suoi (mancati) custodi
Il territorio ed i suoi (mancati) custodi

Ancora una volta il copione si è ripetuto, immutabile. Ancora una volta abbiamo assistito ai rituali sempiterni e sempre eguali a sé stessi, alle lacrime, alle ondate di sdegno e quindi alle “grida puntuali e prevedibili, anche nei dettagli, prima ancora che vengan lanciate” (già così, in occasione dei morti di Genova, nel mio scritto “Nihil novi su sole calante di Autostrade”).

Il sigillo della puntata notturna di ieri di “Porta a Porta”, con le scontate dichiarazioni dei soggetti ivi chiamati a dir la loro, ha posto termine alla fase più immediata di commenti alle ultime morti, quelle di Casteldaccia, nella villetta abusiva travolta dalla piena dell’irato fiume Milicia.

Non è mia intenzione unire la mia voce ai diversi cori, né di esibirmi in un assolo sui fatti contingenti di Casteldaccia: cause, responsabilità dirette e/o indirette.

Ad evitare fraintendimenti, dirò solo che la totale estraneità del giudice amministrativo alla rete (ché di rete io credo si tratti) di responsabilità è stato chiaramente provata dai dati forniti: nessuna sospensiva mai concessa in seno al processo amministrativo, poi estintosi per perenzione (inattività delle parti) già nel 2011 e quindi piena efficacia, mai venuta meno, dell’ordinanza di demolizione; e questo a tacere del fatto che, da quanto si legge sui media, vi era stata anche sentenza di condanna dei proprietari in sede penale con connesso ordine (anche) giudiziario di demolizione della struttura.

Ciò detto, a tutti quindi chiaro quel che è accaduto, a tutti note le diverse “grida” e da tutti apprezzabile la “coerenza/non coerenza” dei diversi soggetti in campo, istituzionali e non, farisei e non (cfr. Matteo 23/1/27/28), senza oltre commentare vengo schematicamente ad indicare delle modeste, semplici, riforme che a me sembra potrebbero fungere da deterrente/prevenzione per il futuro.

1)  Modifica dell’articolo 31 del Decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 (recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e degli articoli 160 e 167 del Decreto Legislativo n. 42 del 2004 (recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio) nella parte in cui non assegnano, rispettivamente ai Comuni ed alle Autorità preposte alla tutela dei vincoli, termini perentori per accertare l’inottemperanza all’ordine di demolizione impartito dai primi e di reintegrazione o remissione in pristino impartito dalle seconde.

1a) Introduzione, previe modifiche normative allo ius positum, di una previsione che – senza  sottrarre ai Comuni la “possibilità di procedere direttamente all’esecuzione della  demolizione delle opere abusive”, come imposto dalla pronuncia della Corte Costituzionale n. 196 del 2004, e senza sottrarre alle Regioni l’esercizio del potere sostitutivo – (ri)assegni ai Prefetti la potestà di agire in via di sostituzione ultima, quanto meno nelle aree assoggettate a regimi vincolistici di competenza dello Stato, procedendo alle demolizioni non altrimenti eseguite ed avvalendosi, per farvi fronte, solo delle strutture tecnico-operative del Ministero della Difesa e con oneri a carico dello Stato, fatti salvi, si intende, i recuperi dovuti a carico dei responsabili.

1b) Estensione generalizzata, a tutti i soggetti pubblici chiamati ad eseguire demolizioni, dell’obbligo di avvalersi, per le operazioni materiali, esclusivamente delle strutture operative del Ministero della Difesa, sempre con oneri a carico dello Stato e sempre salvo recuperi. 

Quanto alle risorse finanziarie, ove mai ritenute di difficile reperibilità a fronte di altre esigenze prevalenti, beh.. direi che potrebbero essere trovate evitandosi, a mò di esempio per restare nel campo, proroghe della partecipazione a talune, quelle che non toccano direttamente interessi nazionali, delle missioni internazionali di “pace” per assicurare, con i fondi recuperati, “pace” e “legalità” in terra patria.

2) Modifica dell’articolo 48 del cennato Decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 nella parte in cui, dopo aver “… vietato a tutte le aziende erogatrici di servizi pubblici somministrare le loro forniture per l'esecuzione di opere prive di permesso di costruire …” consente le somministrazioni (gli allacciamenti di luce, acqua, gas, telefono, etc.) anche in presenza della sola “domanda di permesso in sanatoria corredata della prova del pagamento delle somme dovute a titolo di oblazione per intero nell'ipotesi dell'articolo 36 e limitatamente alle prime due rate nell'ipotesi dell'articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47”.

Ed invero, se pur ovvio oltre che sancito per legge che non si possa procedere alle demolizioni, nelle more della definizione delle richieste di condono e/o di accertamento di conformità (ferma la possibilità di pronta soluzione di quelle istanze che manchino dei requisiti minimi per poter essere qualificate come esistenti), non rinvengo invece ragione – giuridica, si intende – che imponga di consentire l’utilizzo delle nuove costruzioni abusive, cui peraltro fa seguito l’immediato pagamento (in questi frangenti io credo che si dia prova di gran virtù) delle imposte sulle casa, sì da consolidare la posizione e tentare, per tale via, di “nobilitarla”.

2a) Modifica dello stesso articolo 48 anche con più stringenti previsioni atte ad evitare elusione del commentato divieto, di cui deve ritenersi si faccio grande uso (abuso) in quanto notorio che nel mentre non tutte le costruzioni abusive vengono raggiunte da ordini di demolizione, a fronte dei quali soltanto in genere si chiede la “sanatoria”, tutte invece, più o meno, riescono ad ottenere gli allacciamenti.

3) Resta, infine, da verificare la praticabilità dell’introduzione di norme che dispongano che si faccia luogo alla comunicazione delle pronunce giudiziarie anche alle parti “non costituite” in giudizio, e quindi ai Comuni e alle Amministrazioni statali preposte alla tutela dei vincoli, legittimi contraddittori, ma spesso, in particolare i primi, non costituiti per le più varie ragioni.

Prima facie, sembrerebbe saggio inserire nell’ordinamento processuale tale previsione, anche ad evitare che la sua mancanza possa costituire alibi per i mancati interventi, ma mi riservo un approfondimento sul punto perché non vorrei che onerando di tali adempimenti l’amministrazione giudiziaria si ottenga il contrario effetto di aprire ulteriori spiragli per nuovi contenziosi.

Concludo con la notazione che il coacervo di misure sopradescritte, in particolare la mancata possibilità di utilizzo dell’immobile abusivo, io credo varrebbe anche a deflazionare parte del contenzioso e/o a contenere manovre dilatorie in seno al processo. 

Altro da aggiungere non ho, fatta salva la precisazione che le innovazioni normative in tema di divieti di erogazione di pubblici servizi io le immagino (sperando non resti un sogno) a valere solo per il futuro, o, meglio, non applicabili a chi ha già fruito dei “benefici” della vigente normativa. Son persona di buon senso che certo non ipotizza potersi sbattere per strada, da un momento all’altro, migliaia di nuclei familiari, quartieri interi, realizzati nel tempo, certo illegalmente senza se e senza ma, e tuttavia nella generale sostanziale indifferenza, ove non a qualificarsi connivenza, da parte di chi il territorio aveva a dover custodire, nel contempo educando alla legalità e di essa imponendo il rispetto.

Ma questo è altro, e drammatico, discorso.