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La difficile navigazione del brand nel mare del cambiamento

La difficile navigazione del brand nel mare del cambiamento
La difficile navigazione del brand nel mare del cambiamento

1. Il rifiuto delle schematizzazione astratte
2. La ricerca della plasticità dell’adattamento
3. L’approccio multidisciplinare nel problem solving
4. L’inversione del rapporto impresa-ricettore
5. L’individuazione delle specificità dei sotto-sistemi delle categorie generali del consumatore
6. La applicazione delle regole della percezione nel consumatore
7. La contestualizzazione nel processo decisionale del consumatore e del Giudice

 

Nel racconto del marchio, l’impresa è il parlante e proponente che individua e cerca di sedurre i suoi interlocutori privilegiati, il pubblico di riferimento al quale racconta e comunica i suoi messaggi per averne il ritorno negli atti d’acquisto dei propri prodotti. Questo discorso, naturalmente, non è qualcosa di stabile e duraturo nel tempo. Ma quali sono oggi le parole di questo discorso, in cui il dialogo sembra più difficile? 

L’impresa sa che, senza l’attenzione del suo pubblico, fallisce. L’impresa, dunque, non può prescindere nel perseguire i suoi obbiettivi, dalla percezione con cui il consumatore identifica, riconosce e percepisce i suoi messaggi. Il marchio, nella sua natura mediatrice tra impresa, prodotto e consumatore ne rappresenta, sotto l’aspetto comunicazionale, il veicolo ideale.

Il consumatore è il terminale del rapporto narrativo tra l’impresa e il suo pubblico. Se il messaggio convogliato dal marchio è comprensibile, se raggiunge il suo scopo, se i limiti della sua tutela giuridica sono rispettati, se l’ambito della protezione corrisponde o meno alle aspettative del titolare.

Ma oggi, chi detta le regole del gioco? 

Il diritto di marchio mostra chiari sintomi di deficit nell’affrontare le domande poste dall’avvento di quella che in via di estrema sintesi ho indicato con il neologismo della Click-Community che mi pare esprima, nell’attuale momento che attraversiamo, puntualmente e fisicamente l’eccitazione iperbolica del fare nel gesto digitale del click. Il termine è rappresentativo della realtà del Cambiamento, con cui riassumo il divenire e lo sviluppo dell’insieme dei fenomeni che caratterizzano storicamente, socialmente, antropologicamente, economicamente la società contemporanea. 

La domanda è: come ha modificato il Cambiamento la  natura e il ruolo del consumatore nei suoi aspetti percettivi e comportamentali nei confronti del marchio, anzi del brand. In effetti, segno, marchio, marca, mark, trademark, brand sono considerati equivalenti nella pratica corrente. Tuttavia il termine marchio ha una connotazione strettamente giuridico-tecnica nel senso più ristretto, mentre brand, ha portata più ampia in quanto designa “il marchio e tutto ciò che gli sta attorno” (logo, leggende, packaging, colore, immagine etc.). L’avvento del brand, che abbiamo importato dal pragmatismo americano, dunque, già di per sé, rappresenta nella sua estensione un primo tentativo di interpretare realisticamente le esigenze del marketing e della pubblicità da parte dell’impresa moderna e, allo stesso tempo, di dare ingresso nel mondo della Proprietà Intellettuale alla prevaricazione pervasiva dell’immagine e di ogni forma di apparenza che caratterizzano il nuovo consumatore. 

Altri aspetti del Cambiamento interessano e coinvolgono direttamente il consumatore: l’accelerazione dei tempi decisionali, l’assenza di un disegno progettuale, al di là del presente e della transitorietà, la sua volubilità e incostanza che mette in crisi la sua fidelity al brand, a volte fino al limite della contestazione, l’omologazione introdotta dalla Rete e dai Social, lo scollamento tra comunicazione e informazione, la rivendicazione dell’indipendenza comportamentale e propositiva nei confronti dell’impresa, il rifiuto del sistema, dell’autorità e delle regole, l’avvicendamento vorticoso degli stili di vita imposto dall’innovazione tecnologica. Sono mutamenti, stravolgimenti ed evoluzioni sotto gli occhi di tutti, ma che, per quanto riguarda nello specifico il brand, possono riassumersi nella constatazione che il rapporto tradizionale impresa-consumatore sembra si sia rovesciato: è il consumatore, infatti, che – nella sua volatilità e transitorietà – sembra inseguire l’impresa, piuttosto che subirla come soggetto passivo delle sue proposte/proposizioni. 

Da questo nuovo scenario e nonostante il ritardo fisiologico del diritto emergono tuttavia alcune indicazioni alle quali il giurista è tenuto a dar seguito, negli spazi interpretativi concesso dall’attuale ordinamento vigente, senza cadere nella tentazione delle suggestioni de jure condendo.

1. Il rifiuto delle schematizzazione astratte 

Nella giurisprudenza comunitaria alcuni principi nei giudizi di nullità e confondibilità tra i marchi sono divenuti dei veri e propri standard immutabiliil pubblico di riferimento è costituito dal consumatore di normale intelligenza, diligenza e avvedutezza; la comparazione tra i segni deve avvenire visivamente, foneticamente, concettualmente; la distintività del marchio va riferita all’impressione  del consumatore.

Il paradigma del consumatore si è rivelato una fictio juris, mentre i tre criteri comparativi non costituiscono alcuna gerarchia di valori tra di essi. Infine il rinvio all’impressione non è accompagnato dalle regole della percezione.

Questi schematismi astratti devono essere oggi calati dal giurista nel cambiamento della realtà e delle manifestazioni con cui si articola.

 

2. La ricerca della plasticità dell’adattamento 

Occorre acquisire la consapevolezza della plasticità della nostra mente, secondo le evidenze delle neuroscienze, che suggeriscono la nostra naturale propensione all’adattamento. Il giurista dispone, come tutti, di una risorsa di cui non fa uso e che invece nei processi creativi della Proprietà intellettuale gli permette di estendere legittimamente, nel rispetto della regola, i confini del marchio al brand.

 

3. L’approccio multidisciplinare nel problem solving 

È sempre più chiaro che il diritto non offre di per sé la sola risposta al problema giuridico. Non solo i diversi istituti della Proprietà intellettuale sono interconnessi tra loro, ma la società contemporanea richiede l’apporto, in una visione interdisciplinare, di tutte le altre conoscenze atte a fornire delle risposte complesse a delle domande che, anche se di stretto diritto, si presentano sempre più complesse. 

 

4. L’inversione del rapporto impresa-ricettore 

Ho già accennato alla autentica rivoluzione copernicana che mette al centro del rapporto impresa-brand il consumatore, non più disponibile a rappresentare il mero momento terminale della story telling del brand. Nell’affrontare il problema dell’identità e del riconoscimento del brand non si dovrebbe prescindere nei relativi accertamenti giuridici dalle aspettative del consumatore, senza concessione ai suoi apprezzamenti meramente soggettivi.

 

5. L’individuazione delle specificità dei sotto-sistemi delle categorie generali del consumatore 

Il rifiuto delle schematizzazioni astratte si riflette non solo nell’inaccettabilità del paradigma del consumatore medio, ma anche delle classificazioni dei prodotti, già contestate dalla sentenza Translator nella loro genericità,   e nell’identificazione del consumatore di riferimento del brand, quado si pretende di inferirla dalla classificazione rivendicata. La prima distinzione, da tempo introdotta, è tra i professionals e gli end users, distinzione che, peraltro, andrebbe relativizzata. La giurisprudenza, infatti, nel corso del tempo si è mostrata sempre più attenta all’individuazione di specifici sotto-sistemi, in particolare nel settore dell’abbigliamento, delle bevande, dei farmaci in cui il consumatore mostra distinte attitudini e reazioni, tutte direttamente incidenti nella valutazione del brand e della sua confondibilità. Questo trend va esteso ad altri segmenti merceologici.

 

6. La applicazione delle regole della percezione nel consumatore 

Sia il diritto comunitario che quello nazionale hanno introdotto nel diritto di marchio istituti meta-giuridici, come ad esempio il criterio dell’impressione, dell’associazione, della rinomanza. Sono criteri che rinviano alle relative conoscenze di origine, in particolare le scienze cognitive e socio-psicologiche. La piena padronanza e approfondimento delle regole della percezione del segno e la dinamica attenzione-memoria sono continuamente richiamate nei procedimenti che interessano il brand, ma - per la verità - non vengono mai applicate, come ho sempre denunciato. Si tratta di un deficit che il Cambiamento esige dal giurista che vada colmato per capire - come sono solito ripetere - cosa passa nella testa del consumatore prima di giudicare.

 

7. La contestualizzazione nel processo decisionale del consumatore e del Giudice 

Quest’ultima osservazione riassume l’insieme delle indicazioni fornite. Il sillogismo norma-fatto-norma chiude il circolo ma cambia il verso: fatto-norma-fatto. Il fatto emerge prepotentemente dal Cambiamento e presenta il conto al diritto.