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Non sei in “Ordine”? Sei un abusivo

Esercizio abusivo di una professione
Non sei in “Ordine”? Sei un abusivo
Non sei in “Ordine”? Sei un abusivo

Quanto andrò ad enucleare, frutto del pensiero dell’autore, è da ritenersi del tutto casuale e, l’accadimento in quanto tale non è riferito a persone individuate o individuabili.

È notorio che, quando ci si rivolge ad un professionista, in forza del principio della buona fede, non si ha l’onere di verificarne il possesso dei titoli di studio o piuttosto la relativa iscrizione all’Albo professionale di competenza.

Ma, può accadere, come accade che o per un errore nell’esecuzione della prestazione o piuttosto nella improbabile illusione di non essere mai scoperti, alcuni professionisti o pseudo tali, ostentano con incurante disinvoltura titoli di studio e specializzazioni, in carenza di iscrizione all’Albo professionale, perché mai conseguiti.

Ma, succede anche, pur avendo conseguito il titolo e l’abilitazione di stato, che il professionista non è in regola con quanto dovuto alla relativa cassa di previdenza, con conseguente cancellazione dall’Ordine professionale, non prima di avere seguito un iter procedimentale, pena l’ illegittimità della cancellazione medesima.

Ebbene, quando parliamo di ordine professionale, nel quale convogliano tutte quelle professioni per le quali è richiesto, quale titolo di studio, la Laurea, intendiamo una istituzione di autogoverno riconosciuta dallo Stato, cui è rimesso il compito di garantire l’attività dei professionisti, di curarne la tenuta e l’aggiornamento e, di adottare all’occorrenza, provvedimenti disciplinari.

Così, manco a dirlo l’onere di iscrizione all’Ordine spetta anche a chi svolge la professione di medico veterinario, indipendentemente da un rapporto di pubblico impiego o da libero professionista.

Circostanza che, pare sia sfuggita ad un medico veterinario pur cancellato dall’ albo, colto in fragranza di reato a svolgere quelle attività tipiche della sua professione, quali la ricettazione medica o la tenuta dei registri dei medicinali ad uso allevamento tanto da essere segnalato dall’Ordine Professionale ex D. Lgs C.P.S. del 13 settembre 1946, numero 233  all’Autorità Giudiziaria.

Per questi fatti, l’interessato venne poi condannato per la violazione prevista e punita dall’articolo 348 del Codice penale, così come modificato dalla Legge 11 gennaio 2018 numero 3, entrato in vigore il 15 febbraio 2018: “chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo”.

La norma in esame, è da ritenersi “in bianco” per le argomentazioni che di seguito si andranno a porre in rilievo.

In effetti, è già la Costituzione - articolo 33 - a statuire l’obbligatorietà dell’esame di stato, così come l’articolo 2229 del codice civile ci ricorda che: “la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi ed elenchi. L’accertamento dei requisiti per la iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle Associazioni professionali, sotto la vigilanza dello stato”.

Su questi principi anche la giurisprudenza di legittimità ha statuito: “l’articolo 348 cod. penumero è norma penale in bianco, che presuppone l’esistenza di norme giuridiche diverse, qualificanti una determinata attività professionale, le quali prescrivano una speciale abilitazione dello Stato ed impongano l’iscrizione in uno specifico albo”. (pagina 2 Cass. Penumero SEZIONE VI- nr.27440/2011) Altresì Cass. Penumero 646 del 06 novembre 2013; 47532 del 2013.

Altresì: “La norma incriminatrice dell’articolo 348 cod. penumero, trova la propria ratio nella necessità di tutelare l’interesse generale, di pertinenza della pubblica amministrazione, a che determinate professioni richiedenti particolari requisiti di probità e competenza tecnica, vengano esercitate da chi, avendo conseguito una speciale abilitazione amministrativa, risulti in possesso delle qualità morali e culturali richieste dalla Legge”.

La norma rinvia, per la sua concreta operatività, ad altre fonti, che in via di integrazione necessaria, precisino quali sono le professioni soggette alla speciale abilitazione statale e quando il loro esercizio debba considerarsi “abusivo”. Dette fonti integrative sono costituite non solo dalle discipline relative agli ordinamenti professionali ma da tutte quelle (inerenti ad esempio alle materie oggetto degli esami di Stato e ai percorsi universitari, ovvero che richiamano, in contesti specifici, il titolo professionale come condizione per l’espletamento di determinati compiti) comunque rilevanti allo scopo ….

In ragione della detta necessaria eterointegrazione, la norma incriminatrice de qua viene generalmente configurata, sia in dottrina che in giurisprudenza come norma penale in bianco.

Concreta esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’articolo348 cod. penumero, non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato”. Cass. Penumero SEZIONI UNITE numero 11545/12. 

A questo vada ad aggiungersi che, ex articolo 2231 codice civile, l’eventuale fattura emessa è da ritenersi nulla.

Inoltre, occorre sottolineare la circostanza che, ex Legge 43 del 2006 le professioni sanitarie sono soggette all’iscrizione all’ordine professionale o Albo, anche da parte di soggetti che rivestono la qualifica di dipendenti dalla Pubblica Amministrazione, nonché all’iscrizione presso le relative Casse previdenziali.

L’iscrizione consente loro di svolgere le attività tipiche della professione esercitata e, a titolo esemplificativo, sottoscrivere perizie ed effettuare consulenze.

La mancata iscrizione è punita penalmente ex D.Lgs C.P.S. del 13 settembre 1946, numero 233.

Possiamo dire che la vigilanza da parte degli Ordini ci preserva da prestazioni professionali che, se escluse dal controllo, non garantiscono quei modelli qualitativi e rigorosi necessari alla tutela dell’interesse generale e della professionalità della maggior parte di coloro i quali hanno fatto della professione una scelta di vita.

Ad ogni buon conto, nel dubbio, possiamo sempre consultare gli ALBI, anche on line, per verificare la relativa iscrizione del professionista a cui abbiamo dato fiducia e mandato.