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Roma rinsalda i legami con tutti i protagonisti della crisi libica

Roma rinsalda i legami con tutti i protagonisti della crisi libica
Roma rinsalda i legami con tutti i protagonisti della crisi libica

Di Gianandrea Gaiani

 

L’Italia ha ottenuto l’adesione dei principali attori politici libici per la conferenza di Palermo del 12 e il 13 novembre, Fayez al Sarraj, capo del Governo di Accordo Nazionale di Tripoli e il generale Khalifa Haftar, comandante dell’Esercito Nazionale Libico.

Sembrano esserci quindi buone basi per quello che potrebbe costituire il primo grande successo italiano (e dell’attuale governo) nel lungo e complesso tentativo di dipanare la matassa libica, una sfida che dalla caduta del regime di Gheddafi, nell’ottobre 2011, ha mostrato tutta l’inadeguatezza della comunità internazionale.

Roma poteva già contare sulla partecipazione al vertice siciliano del premier di Tripoli, sostenuto ufficialmente dall’ONU ma in modo marcato solo dall’Italia, ma la svolta è giunta il 29 ottobre con visita del generale libico Khalifa Haftar a Roma, dove ha incontrato il premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che lo scorso mese era andato a incontrarlo in Cirenaica.

Il successo potenziale del summit di Palermo dipende infatti dalla partecipazione attiva dei due principali leader ma nei giorni scorsi è venuto a Roma a preparare il vertice anche Ghassan Salamè, Alto rappresentante delle Nazioni Unite per la Libia che avrebbe presentato il suo piano per sostenere la stabilizzazione attraverso un’assemblea di tutte le tribù libiche e la messa a unto di una “road map” che porti alle elezioni entro il 2019.

Il 31 ottobre il vicepremier libico Ahmed Maitig ha incontrato al Viminale il ministro dell’Interno Matteo Salvini per colloqui incentrati su sviluppo economico, anti-terrorismo, contrasto all’immigrazione clandestina e cooperazione mentre nei prossimi giorni sono attesi a Roma anche Aguila Saleh, presidente del parlamento di Tobruk e il presidente del Consiglio di Stato di Tripoli, Khaled al Mishri.

Alla visita di Haftar sembra aver dato un forte impulso la pressione di Vladimir Putin (Mosca ha un accordo di cooperazione militare con il generale) a cui si sarebbe esplicitamente rivolto Conte durante la sua recente visita al Cremlino.

Altri vedono dietro la visita di Haftar a Roma e la sua adesione al vertice di Palermo la decisione del governo di Tobruk di seguire l’iniziativa italiana e abbandonare la pretesa francese di tenere elezioni entro dicembre, irrealistica come ha recentemente ammesso in modo autocritico anche Parigi.

Haftar ha chiesto a Conte di far tornare a Tripoli l’ambasciatore Giuseppe Perrone, precedentemente “ostracizzato” proprio dal feldmaresciallo. «Non abbiamo mai avuto niente contro il vostro diplomatico. Quello che ci premeva era un cambio di rotta politica» avrebbe detto Haftar confermando dì di aver ottenuto dal governo italiano le garanzie che aveva sempre chiesto di non venire marginalizzato dall’iniziativa negoziale di Roma.

Il feldmaresciallo Haftar ha chiesto al premier italiano di “aiutare la Libia a ritrovare la sua stabilità” riconoscendo di fatto il ruolo chiave di Roma come aveva fatto il presidente USA Donald Trump e, il 24 ottobre, lo stesso Putin che pur non potendo partecipare al summit siciliano invierà probabilmente a rappresentare la Russia il primo ministro Dimitri Medvedev.

Supporto diplomatico e politico alla conferenza in Sicilia sono giunte in questi giorni anche da Qatar e Turchia, sponsor di al-Sarraj ma soprattutto di alcune importanti milizie della Tripolitania che ne sostengono l’esecutivo come quelle di Misurata.

Al successo dell’Italia nel coinvolgere Haftar ha contribuito senza dubbio anche il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, principale sponsor militare dell’Esercito Nazionale libico che ha portato Il Cairo a essere di nuovo uno stretto partner politico ed economico dell’Italia dopo i dissapori legati al caso Regeni.

Al-Sisi potrebbe essere presente al summit di Palermo mentre tra gli altri esponenti di rilievo potrebbero esserci la cancelliera Angela Merkel e il segretario di Stato Mike Pompeo. L’assenza di Putin e Trump contribuirà ad accordare all’Italia la massima visibilità e il più rilevante impatto politico in quello che Conte ha definito il ruolo di «facilitatore» per accompagnare le parti libiche alla soluzione della lunga crisi.

Difficile ipotizzare l’esito del summit ma i primi segnali di distensione tra Tobruk e Tripoli sono già di tutta evidenza.

Al-Sarraj ha provveduto a inizio ottobre un rimpasto di governo che garantisce maggiore spazio alle milizie di Misurata (un tempo nemiche giurate di Haftar ma oggi disposte a farsi garanti di un compromesso tra le fazioni di Tripoli e Tobruk) e approvato da Haftar.

Inoltre nei giorni scorsi al Cairo si sono incontrati i comandanti delle milizie che sostengono al-Sarraj e dell’Esercito Nazionale Libico, in vista della costituzione di un quartier generale comune.

Per rinsaldare ulteriormente i legami tra tutti i protagonisti della crisi libica, Conte si è già recato in Tunisia ed è atteso il 5 novembre in Algeria, paesi che hanno sempre apprezzato l’iniziativa dell’attuale governo italiano in Libia e che invieranno a Palermo rappresentanti di alto livello.

Anche la Francia, rivale storica di Roma, sembra sostenere il summit voluto dall’Italia e a propendere per una distensione tra i due Stati europei. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha invitato a Parigi l’ 8 novembre prossimo alcuni esponenti di alto livello della città di Misurata per “discutere l’uscita dalla crisi libica e il successo dell’ operazione elettorale”.

Secondo l’emittente libica al-Ahrar tra gli invitati ci sarebbero Abo al-Qassim Kozeit, membro dell’Alto consiglio di Stato, i deputati Soleiman Elfaqih e Mohammed Erraid, il consigliere comunale AliBousseta, gli ufficiali Salha Juha e Mohammed Eddarrat, e il consigliere Ettaher Elbaour.

L’iniziativa di Parigi non sembra essere considerata “ostile” a Roma dove più elementi sembrano indicare una distensione nei rapporti con la Francia che potrebbe venire confermata anche dalla notizia dell’accordo stipulato tra ENI e Total per la ricerca congiunta di giacimenti di idrocarburi nei fondali marini dell’Algeria.

Difficile dire se l’accordo possa preludere a intese bilaterali anche per lo sfruttamento di gas e petrolio in Libia ma è probabile che l’ampio supporto internazionale ottenuto dall’iniziativa italiana indurrà Parigi a cercare accordi con Roma per non rischiare l’emarginazione dalla delicata fase di stabilizzazione della Libia.

Stabilizzazione di cui la nostra ex colonia ha estremo bisogno non solo per placare tensioni e scontri interni ma anche per far fronte al ritorno dello Stato Islamico che il 29 ottobre ha compiuto un raid contro una stazione di polizia ad al-Jafra, nella Libia centrale uccidendo cinque persone e rapendone altre dieci.

 

Redatto il 3 novembre 2018