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La polizia di Londra ha sperimentato il riconoscimento facciale

Riconoscimento facciale
Riconoscimento facciale

di Eugenio Santagata e Andrea Melagari

 

Cosa hanno in comune la Met (Metropolitan Police Service di Londra, MPS o “The Met” nel linguaggio comune) e la cantante/attrice americana Taylor Swift?

Sono entrambe al centro di un’accesa polemica. E per lo stesso motivo. Se aveste girovagato per Soho e Piccadilly Circus il 17 e 18 dicembre scorso, il vostro viso avrebbe potuto essere stato catturato da una videocamera installata in un van (camuffato) della polizia londinese.

Stessa sorte potrebbe esservi toccata se foste stati presenti al concerto della Swift lo scorso 18 maggio a Los Angeles, dove pare sia stata nascosta una videocamera (non è ancora chiarissimo da chi gestita) in un chiosco posizionato per inquadrare al meglio i fan della Swift.

In entrambi i casi, il vostro viso, dopo essere stato fotografato, sarebbe stato confrontato con un database di altri volti o di ricercati dalla giustizia inglese, o di stalker della cantante americana.

Concentriamoci sul caso londinese, non solo per il clamore che sta suscitando sui media, ma anche per i numerosi spunti di riflessione sia etici sia tecnici che suscita.

Innanzitutto, sono insorte molte organizzazioni a tutela della privacy, da sempre preoccupate per l’uso eccessivo di queste tecnologie, spesso considerate come “pericolose e fuorilegge”.

Va detto che la Polizia ha dichiarato che l’iniziativa è stata “ben pubblicizzata” e che ogni cittadino aveva ampia facoltà di dribblare il test, senza alcun riflesso negativo.

Parlando di tecnologia, invece, secondo l’organizzazione Big Brother Watch, pare che la sperimentazione del Met, secondo i dati raccolti fino a maggio, abbia evidenziato che il 98% dei match suggeriti dal software si sia dimostrato “inaccurato”.

Fosse vero, il risultato non potrebbe definirsi di certo “entusiasmante”.

Riguardo alla “non completa maturità” di alcune tecnologie di intelligenza artificiale abbiamo già ampiamente dibattuto in questa rubrica, tuttavia occorre ribadire ancora una volta che, secondo chi vi scrive, non esistono alternative sostenibili.

Nel medio lungo termine è indubbio come l’intelligenza artificiale garantirà concreti benefici anche alla sicurezza pubblica, supportando efficacemente l’attività umana delle Forze di Polizia e delle Agenzie di Intelligence.

Arriviamo al vero punto dolente. La crescente digitalizzazione di informazioni non solo pone il problema di chi è autorizzato a raccogliere informazioni personali, ma anche di quali informazioni si tratta, e soprattutto come e perché vengono raccolte.

Normare questi aspetti in modo efficace, bilanciando il riguardo della vita privata e le esigenze di sicurezza nazionale, ha (quasi certamente) un livello di complessità enormemente più alto che perfezionare la qualità delle tecnologie di intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale.