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Il Regolamento UE 2018/1805 e la sua presunta estensione alle misure preventive patrimoniali

Prospettiva
Ph. Stefania Fiorenza / Prospettiva

Indice:

1. La disciplina del Regolamento UE 2018/1805

2.  La circolare della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

3. I profili problematici

 

1. La disciplina del Regolamento UE 2018/1805

Il 17 ottobre 2018 il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato congiuntamente il Regolamento UE 2018/1805[1] relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

L’atto, applicabile in tutti gli Stati membri dell’Unione europea a partire dal 19 dicembre 2020, è il risultato più ambizioso finora raggiunto a livello comunitario in materia di cooperazione giudiziaria, una fondamentale tappa di un lungo e tortuoso percorso volto, soprattutto, ad armonizzare, tra i Paesi membri dell’Unione europea, la normativa dei provvedimenti ablativi di beni derivanti da reato o comunque connessi a procedimenti penali.

Da un punto di vista più generale, il Regolamento costituisce attuazione del principio consacrato all’articolo 82, § 1, co. 2 lett. a), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) il quale, dopo aver statuito che la cooperazione giudiziaria in materia penale si fonda sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisione giudiziarie[2], specifica che il Parlamento europeo ed il Consiglio – deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria – “adottano le misure intese a […] definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l’Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria”.

Tuttavia, l’importanza dell’atto legislativo in questione si ricollega essenzialmente, come si è accennato, all’area degli strumenti ablatori di natura patrimoniale[3] (quali sequestro e confisca) emanati nell’ambito di un procedimento penale. E ciò per diversi motivi.

Il Regolamento può essere considerato il frutto di una definitiva “presa d’atto” a livello sovranazionale del preoccupante “mutamento di scala” di alcuni fenomeni criminali particolarmente gravi ed insidiosi, che hanno da tempo sviluppato una forte “vocazione” transnazionale[4]. Ed infatti, la ratio principale che ne sorregge l’impianto è quella di colpire “al cuore” le organizzazioni criminali, prosciugandone[5] i patrimoni, ed evitare contestualmente possibili forme di c.d. “jurisdictional shopping”,cioè la possibilità per le aggregazioni criminali (siano esse terroristiche, mafiose o di altra natura) di delocalizzare i propri investimenti ed affari sulla base dei rispettivi calcoli e convenienze, profittando delle inevitabili divergenze normative esistenti all’interno degli ordinamenti dei singoli Stati membri.

Ecco perché si prevede che “il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato sono tra gli strumenti più efficaci per combattere la criminalità. L'Unione si è impegnata a garantire una più efficace identificazione, confisca e riutilizzazione dei beni di origine criminosa […]” (considerando n. 3 Reg.), “poiché la criminalità spesso ha carattere transnazionale, per congelare e confiscare i beni strumentali e i proventi da reato è essenziale una cooperazione transfrontaliera efficace” (considerando n. 4 Reg.).

L’importanza attribuita dal legislatore europeo a queste finalità spiega, allora, la scelta “drastica” di intervenire in subiecta materia attraverso lo strumento normativo del regolamento ex articolo 288 TFUE, la cui peculiarità, come noto, è quella di essere direttamente applicabile, in tutti i suoi elementi, in ciascuno degli Stati membri dell’Unione, senza necessità di alcuna trasposizione interna. Perciò, la scelta adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 17 ottobre 2018 rappresenta, da un punto di vista di diritto penale sostanziale e processuale, una svolta senza precedenti: per la prima volta, infatti, un atto normativo dell’Unione è suscettibile di avere delle ricadute dirette ed immediatenel campo delle politiche criminali degli ordinamenti degli Stati membri, sia pure nello specifico settore degli strumenti ablatori di natura patrimoniale legati ad un procedimento in materia penale. Dunque, si tratta di un netto passo in avanti rispetto alla precedente direttiva 2014/41/UE[6], che pure si era occupata del medesimo tema.

Preso atto delle persistenti criticità legate all’attuazione, da parte dei singoli Stati, degli obblighi di armonizzazione previsti in strumenti normativi (quali decisioni-quadro, azioni comuni e direttive) di natura indiretta – poiché bisognosi di trasposizione interna –, già nell’approvare la Direttiva da ultimo citata, il Parlamento europeo ed il Consiglio avevano adottato una dichiarazione congiunta, attraverso la quale avevano invitato la Commissione “ad effettuare, quanto prima possibile e tenendo conto delle differenze fra le tradizioni e i sistemi giuridici degli Stati membri, un'analisi della fattibilità e dei possibili vantaggi dell'introduzione di ulteriori norme comuni in materia di confisca” e a presentare “una proposta legislativa sul riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca[7]. Tale proposta veniva, poi, presentata dalla Commissione nel dicembre 2016 e modificata a distanza di un anno[8]. Il Regolamento veniva poi, come detto, adottato nell’ottobre 2018 e pubblicato il 28 novembre 2018 nella Gazzetta dell’Unione europea.

Perciò, allo scopo di garantire l'efficacia del riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e dei provvedimenti di confisca, al legislatore europeo pare “opportuno che le norme in materia di riconoscimento ed esecuzione di tali provvedimenti siano stabilite da un atto dell'Unione giuridicamente vincolante e direttamente applicabile” (considerando n. 11 Reg.).

Il valore innovativo di una tale affermazione, tuttavia, viene temperato dal successivo considerando n. 53 del medesimo Regolamento, laddove le istituzioni dell’Unione si premurano di precisare, in ossequio ai principi di proporzionalità e sussidiarietà, che “la forma giuridica del presente atto non dovrebbe costituire un precedente per i futuri atti giuridici dell'Unione nel settore del riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale. Al contrario, la scelta della forma giuridica dei futuri atti dell’Unione “dovrebbe essere valutata con attenzione caso per caso[9].

Quanto all’ambito applicativo, dai considerando nn. 13 e 14 si evince abbastanza chiaramente che il Regolamento presenta una sfera di operatività sicuramente più estesa rispetto alla precedente Direttiva 2014/42/Ue. Innanzitutto, è previsto che l’atto legislativo di cui trattasi dovrebbe applicarsi a tutti i provvedimenti di congelamento[10] e a tutti i provvedimenti di confisca[11] emessi nel quadro di un procedimento in materia penale. Con tale ultimo termine si allude ad un “concetto autonomo del diritto dell’Unione interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”.

Su questo punto, va precisato che la versione originaria del Regolamento, nella proposta presentata dalla Commissione, faceva riferimento alla nozione più ristretta di “procedimento penale” (criminalproceeding). Per effetto delle sollecitazioni di alcuni Stati membri – in particolare, era stata proprio la rappresentanza italiana a richiedere un ampliamento della sfera di operatività del Regolamento, fino a ricomprendervi taluni provvedimenti di confisca senza condanna, non necessariamente connessi ad un reato, e pronunciati nell’ambito di un procedimento civilistico o amministrativo –, tale terminologia è stata poi modificata nell’attuale “procedimento in materia penale”.

Più nello specifico, il concetto di «procedimento in materia penale» adottato nella versione definitiva del Regolamento è idoneo a contemplare: a) tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e di confisca emessi in seguito a procedimenti che siano connessi ad un reato; b) altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva; c) indagini penali svolte dalla polizia e da altri servizi di contrasto (considerando n. 13 Reg.)[12].

Tuttavia, nonostante la diversa e più ampia definizione impiegata nel testo definitivo rispetto alla versione originaria, per espressa previsione sono esclusi dal raggio applicativo del Regolamento i provvedimenti di congelamento e i provvedimenti di confisca emessi nel quadro di procedimenti in materia civile o amministrativa (articolo 1, par. 4, Reg.).

In estrema sintesi, perciò, si può dire che il mutuo riconoscimento copre, al giorno d’oggi, una ricca profluvie di provvedimenti patrimoniali (persino confische senza condanna), purché siano essi comunque ricollegabili ad episodi delittuosi.

Altra novità rispetto alla previgente Direttiva 2014/42/Ue attiene all’elenco dei reati “presupposto” coperti dal presente Regolamento. Se la prima faceva infatti riferimento esclusivo ai gravi delitti riconducibili al catalogo di cui all’articolo 83 TFUE (c.d. “Eurocrimes”) – e dunque solamente quelli espressione di forme criminali particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale –, il secondo contempla anche altri reati non riconducibili alla predetta disposizione (considerando n. 14 Reg.). In proposito, l’articolo 3 del Regolamento prevede ben 32 fattispecie di reato[13], puniti con pena detentiva della durata massima non inferiore a tre anni, in presenza dei quali viene meno il classico requisito della doppia incriminabilità dei fatti. Perciò, per tali delitti, si realizza una piena circolazione diretta tra le autorità giudiziarie degli Stati Ue dei provvedimenti di congelamento e confisca, ciò in cui poi si sostanzia il mutuo riconoscimento. Si tratta, peraltro, di una scelta già adottata in passato dalle istituzioni dell’Unione attraverso la Decisione quadro n. 2002/584/ GAI sul mandato d’arresto europeo[14].

Per quel che riguarda i reati non presenti nel catalogo, il paragrafo 2 dell’articolo 3 prevede che “lo Stato di esecuzione può subordinare il riconoscimento e l'esecuzione del provvedimento di congelamento o del provvedimento di confisca alla condizione che i fatti che hanno dato luogo al provvedimento costituiscano un reato ai sensi della legge dello Stato di esecuzione, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso ai sensi della legge dello Stato di emissione”, e dunque reintroduce in tal caso il principio della doppia incriminabilità.

Dal punto di vista procedurale, i provvedimenti di congelamento e di confisca vengono trasmessi dall’autorità di emissione – attraverso un certificato standard di congelamento o di confisca (articoli 4 e 14 Reg.) – all’autorità di esecuzione ovvero ad una o più autorità centrali designate dallo Stato di esecuzione del provvedimento quali responsabili della trasmissione e della ricezione amministrativa dei certificati di congelamento e di confisca, ai sensi dell’articolo 24, par. 2. Tali certificati contengono, tra l’altro, le istruzioni relative ai beni da congelare o confiscare.

Se non sussistono ragioni di rifiuto, le autorità competenti procedono all’esecuzione dei provvedimenti. Gli articoli 8 e 19 prevedono, poi, alcuni motivi di non riconoscimento e di non esecuzione delle misure di congelamento e confisca. Più nello specifico, l’autorità di esecuzione può legittimamente rifiutare e non riconoscere il provvedimento:

- qualora l’esecuzione dello stesso sia contraria al principio del ne bis in idem;

- se vi sono privilegi o immunità a norma del diritto dello Stato di esecuzione che impediscono il congelamento dei beni interessati o la loro confisca;

- se il certificato di congelamento o di confisca è incompleto o manifestamente inesatto ovvero non è stato adeguatamente compilato;

- se il provvedimento da eseguire si riferisce ad un reato commesso in tutto o in parte al di fuori del territorio dello Stato di emissione e in tutto o in parte nel territorio dello Stato di esecuzione, e la condotta per la quale il provvedimento è stato emesso non costituisce reato secondo il diritto dello Stato di esecuzione;

- in altre situazioni eccezionali qualora sussistano seri motivi per ritenere, sulla base di elementi specifici ed oggettivi, che l’esecuzione del provvedimento comporti, nelle particolari circostanze del caso, una palese violazione di diritti fondamentali previsti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, ed in particolare il diritto a un ricorso effettivo, il diritto a un giudice imparziale e i diritti della difesa.

Ad ogni modo, l’esecuzione dei provvedimenti di congelamento e confisca avviene secondo la legge dello Stato di esecuzione (articolo 23), così come la gestione e la destinazione dei beni ablati (articolo 28).

 

2.  La circolare della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato

Lo scorso 12 gennaio la Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato-Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha diramato una circolare ai Questori, invitandoli ad adottare le opportune disposizioni, da impartire alle dipendenti Divisioni Anticrimine, in collaborazione con la competente Autorità giudiziaria, ai fini della esecuzione in territorio estero di provvedimenti di sequestro e confisca ai sensi e per gli effetti del più volte citato Regolamento Ue. 

Dopo aver richiamato la ratio dell’atto normativo europeo, vale a dire “l’esigenza di contrastare con misure più efficaci ed incisive la proiezione internazionale di fenomeni criminali «lucrogenetici»” – esigenza che dunque ha reso necessario un “rafforzamento, in ambito europeo, degli strumenti di cooperazione tra gli Stati”, la Circolare si sofferma sugli aspetti procedurali ed applicativi più rilevanti ai fini del Regolamento.

Innanzitutto, dopo aver richiamato la procedura di trasmissione dei provvedimenti di congelamento e confisca di cui agli articoli 4 e 14 dell’atto normativo in parola (sopra analizzata), la Circolare precisa quali sono le autorità competenti all’emissione e all’esecuzione dei predetti provvedimenti individuate dall’Italia ai sensi dell’articolo 24 del Regolamento.

Così, per l’emissione di un provvedimento di congelamento è competente il pubblico ministero o il giudice che nell’ambito di un procedimento in materia penale ha emesso un provvedimento  di congelamento (da intendersi quale sequestro); per l’emissione di un provvedimento di confisca procederà, altresì, il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione o il pubblico ministero presso il tribunale o la corte d’appello che ha disposto i provvedimenti di confisca previsti dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Si precisa, poi, che il Ministero della Giustizia è stato individuato, ai sensi dell’articolo 24, par. 2, Reg. Ue 2018/1805, quale autorità centrale responsabile della trasmissione e della ricezione amministrativa dei certificati standard di congelamento e di confisca, nonché dell’assistenza alle proprie autorità competenti.

Tuttavia, la parte più interessante, e al tempo stesso controversa, della predetta Circolare è laddove la Direzione centrale anticrimine fa riferimento all’ambito di operatività della normativa europea. Riportando integralmente il contenuto del considerando n. 13, e dunque rifacendosi alla nozione di “procedimento in materia penale” sopra esaminata, il Direttore Centrale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza scrive testualmente: “l’espressione «procedimento in materia penale», utilizzata dal legislatore europeo, è idonea a ricomprendere anche i provvedimenti di sequestro e confisca emessi nell’ambito dei procedimenti di prevenzione disciplinati dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D. lgs. n. 159/2011), presupponendo essi una valutazione di pericolosità sociale, fondata sulla sussistenza di indizi della commissione di reati, e un accertamento della provenienza illecita dei beni”.

Per questo motivo, la circolare ha la precipua finalità di esortare i Questori affinché costoro, impartendo le opportune direttive alle dipendenti Divisioni Anticrimine, attivino la procedura del riconoscimento reciproco, di cui al Regolamento Ue 2018/1805, anche nel caso di provvedimenti di sequestro e confisca adottati ai sensi della normativa antimafia.

 

3. I profili problematici

La circolare della Direzione centrale anticrimine assume come fatto scontato che l’espressione “procedimento in materia penale” comprenda i provvedimenti di sequestro e confisca di natura preventiva.

In realtà così non è.

Sembra infatti essere sfuggito all’attenzione del suo autore il passaggio del “considerando” 13 del Regolamento in cui si precisa che la definizione di un autonomo concetto euro-unitario di “procedimento in materia penale” è avvenuta “ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”.

La formulazione di questo inciso dà vita ad una sorta di clausola di salvezza in forza della quale il significato da attribuire alla nozione di procedimento accolta nel Regolamento 2018/1805, per quanto estesa possa essere, non può sovvertire gli indirizzi interpretativi affermati dalla Corte EDU, unica legittima interprete della Convenzione europea dei diritti umani.

Ciò posto, serve ricordare che, senza alcuna soluzione di continuità, la Corte EDU ha costantemente escluso che le misure di prevenzione appartengano al concetto di “materia penale” come elaborato dalla stessa Corte a partire dalla celebre sentenza Engel c. Paesi Bassi del 1976 cui si deve la prima formulazione dei criteri, di seguito appunto denominati criteri Engel, solo in presenza dei quali un istituto acquisisce le caratteristiche per godere dello statuto garantistico riservato agli istituti formalmente penali.

I giudici dei diritti umani si sono attenuti a questa linea anche in occasione della pronuncia De Tomaso c. Italia del 2017, pur con un’indignata opinione dissenziente del giudice Pinto de Albuquerque che ha definito le misure preventive “misure penali draconiane, che costituiscono un reliquato superato di strutture giuridiche liberticide, e che sono, alla luce delle condizioni attuali, totalmente in conflitto con lo stato di diritto intrinseco in uno Stato democratico, il diritto alla libertà e i requisiti fondamentali di un equo e pubblico processo, sanciti dagli articoli 5 e 6 della Convenzione, per non parlare degli altri diritti e libertà fondamentali quali la libertà di riunione. La strada da seguire è chiara. Il legislatore italiano deve evidentemente trarre dalla presente sentenza tutte le conclusioni logiche in relazione al recente Decreto legislativo n. 159/2011, e prima lo fa meglio è”.

Sul medesimo tema è intervenuta la Consulta, con la sentenza n. 24/2019 che spicca per il suo rilievo definitorio.

Nella parte motiva destinata a chiarire la natura della confisca preventiva, il giudice delle leggi esclude che essa abbia natura sanzionatorio-punitiva (sicché non è loro applicabile lo statuto costituzionale e convenzionale delle pene) e le assegna invece una finalità meramente ripristinatoria che serve cioè a rimuovere il legame tra il destinatario della misura e il bene di cui costui ha acquisito la disponibilità contra legem.

Le misure di prevenzione di natura patrimoniale perdono per ciò stesso il loro rilievo pubblicistico e vengono attratte nell’area civilistica, alla stregua della civilforfeiture di matrice anglosassone.

Questa condivisa classificazione sistematica non è stata esente da critiche, soprattutto motivate in ragione della negazione di garanzie che si ritengono dovute per effetto dell’elevato potere stigmatizzante dell’armamentario preventivo.

Ciò nondimeno, l’attuale convergenza di visione tra la Corte costituzionale e la Corte EDU priva di credibilità ed effettività qualsiasi posizione che pretenda di trarre effetti giuridici dalla presunta natura penale sostanziale dei provvedimenti preventivi di tipo patrimoniale.

A ciò va naturalmente aggiunta l’ovvia considerazione che la posizione delle circolari nella gerarchia delle fonti gli preclude in modo assoluto la possibilità di mettere in discussione o disapplicare norme di rango ben superiore.

Il giudizio conclusivo è che la conclusione avallata dalla Direzione centrale anticrimine sia stata quantomai spericolata.

 

[1] Per un commento più esaustivo, si rinvia a ROSANÒ A., Congelamento e confisca di beni. Le novità del diritto dell’Unione europea nel quadro della cooperazione internazionale, in Rivista Eurojus, 7 gennaio 2019; MAUGERI A. M., Il Regolamento (UE) 2018/1805 per il reciproco riconoscimento dei provvedimenti di congelamento e di confisca: una pietra angolare per la cooperazione e l’efficienza, in Dir. pen. cont., 16 gennaio 2019.

[2] Tale principio, a partire dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, è stato elevato a “pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione” (considerando n. 2 Reg. UE 2018/1805 cit.).

[3] Le misure finalizzate all’armonizzazione degli strumenti di congelamento e confisca dei proventi di natura illecita erano state già prese in considerazione a livello internazionale, attraverso i classici strumenti convenzionali. Possono qui ricordarsi, ad esempio, la Convenzione ONU di Vienna contro il traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope (20 dicembre 1988); la Convenzione di Strasburgo del Consiglio d'Europa sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (8 novembre 1990); la Convenzione di Palermo contro la criminalità organizzata transnazionale (15 novembre 2000). La tematica non è certamente nuova neanche nell’ambito dell’Unione, ove negli ultimi vent’anni si sono susseguiti numerosi atti normativi la cui precipua finalità è quella di un progressivo miglioramento della cooperazione giudiziaria e di polizia tra gli Stati membri, da attuarsi anche mediante l’armonizzazione degli strumenti ablativi. Al riguardo, possono citarsi: l'azione comune 98/699/GAI; le decisioni quadro 2001/500/GAI; 2003/577/GAI; 2005/212/GAI; 2006/783/GAI; 2007/845/GAI; 2008/978/GAI; la direttiva 2014/41/UE. Per via degli strumenti utilizzati (principalmente, azioni comuni e decisioni-quadro), le citate normative dell’Unione hanno finito, perciò, per avere un impatto meramente indiretto sul piano politico-criminale degli ordinamenti degli Stati membri, poiché bisognose di adeguata trasposizione interna. L’aver lasciato ampi margini di discrezionalità agli Stati circa le modalità di attuazione degli obblighi sovranazionali, è stata probabilmente la causa principale della scarsa effettività di questi atti normativi.

[4] Cfr. MILITELLO V., I nuovi modelli di incriminazione delle organizzazioni criminali all’interno dell’Unione Europea, in BARGI A. (a cura di), Il «doppio binario» nell’accertamento dei fatti di mafia, Torino, Giappichelli, 2013, 23 ss.

[5] Tale ratio si evince chiaramente, ad esempio, dal considerando n. 10 del Regolamento, in cui si accenna alla “necessità di assicurare che i criminali che finanziano il terrorismo siano privati dei loro beni. La Commissione ha dichiarato che per smantellare le attività della criminalità organizzata che finanziano il terrorismo è essenziale privare tali criminali dei proventi da reato. A tal fine, la Commissione ha dichiarato che occorre garantire che tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca siano eseguiti nella massima misura possibile in tutta l'Unione attraverso l'applicazione del principio del riconoscimento reciproco”.

[6] Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, in G.U. L 127, 29 aprile 2014, 39. Essa, nello stabilire norme minime in materia di provvedimenti di natura ablativa, prevede l’obbligo per gli Stati Ue di introdurre nei rispettivi ordinamenti una disciplina in materia di congelamento, finalizzata ad un’eventuale confisca, e di confisca diretta, confisca per equivalente e confisca estesa. La Direttiva contempla, poi, alcune ipotesi di confisca senza condanna (a cui fare ricorso nei casi di malattia o fuga della persona interessata, ove sia stato avviato un procedimento penale per un reato che può produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico e ove detto procedimento avrebbe potuto concludersi con una condanna penale se l’indagato o imputato avesse potuto essere processato) e di confisca nei confronti di terzi.

[7] Consiglio dell'Unione europea, Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea (prima lettura) - Adozione dell'atto legislativo (AL + D) = Dichiarazioni, 7329/1/14 REV 1 ADD 1, 1-2.

[8] Più nello specifico, nella versione primigenia del Regolamento era previsto il mutuo riconoscimento dei provvedimenti emanati in un “procedimento penale”, termine poi modificato nella versione ultima in “procedimento in materia penale”.

[9] Sul punto cfr. ROSANÒ A., op. cit., 5-6.

[10] Per «provvedimento di congelamento» si intende una decisione emessa o convalidata da un'autorità di emissione al fine di impedire la distruzione, la trasformazione, la rimozione, il trasferimento o l'alienazione di beni in vista della loro confisca (articolo 2, par. 1, Reg.).

[11] Per «provvedimento di confisca» si intende una sanzione o misura definitiva imposta da un organo giurisdizionale a seguito di un procedimento connesso a un reato, che provoca la privazione definitiva di un bene di una persona fisica o giuridica (articolo 2, par. 2, Reg.).

[12] È poi previsto che, “benché tali provvedimenti possano non esistere nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, lo Stato membro interessato dovrebbe essere in grado di riconoscere ed eseguire tali provvedimenti emessi da un altro Stato membro”. Più diffusamente MAUGERI A. M., op. cit., 11 ss.

[13] Tra i tanti, si segnalano: terrorismo; partecipazione ad un’organizzazione criminale; pedopornografia; traffico illecito di armi e sostanze stupefacenti; corruzione; frode; riciclaggio; favoreggiamento dell’ingresso e soggiorno illegali; criminalità informatica ed ambientale; omicidio volontario; traffico illecito di organi e tessuti umani.

[14] MAUGERI A. M., op. cit., 6 ss.