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La mancata comparizione del contribuente all’appuntamento con il fisco non determina la rinuncia all’accertamento con adesione

accertamento con adesione
accertamento con adesione

Indice:

1. Premessa

2. L’accertamento con adesione

3. Il caso e la motivazione dell’ordinanza

 

1. Premessa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27274 del 24 ottobre 2019 ha espresso un importante principio in merito alla mancata comparizione del contribuente all’incontro fissato con l’Ufficio a seguito della presentazione dell’istanza di accertamento con adesione.

Precisamente, la Suprema Corte, con la succitata ordinanza ha chiarito che la mancata comparizione del contribuente all’appuntamento fissato dall’Ufficio per la definizione della controversia, non è in nessun caso idonea ad interrompere il periodo di sospensione dei termini (di 90 gg) per l’impugnazione dell’atto poiché non è equiparabile ad una vera e propria rinuncia all’istanza di accertamento con adesione.

 

2. L’accertamento con adesione

Prima di esaminare l’iter logico seguito dalla Corte di Cassazione nella sentenza in esame, appare opportuno inquadrare brevemente l’istituto di riferimento.

A riguardo, la disciplina legislativa dell’accertamento con adesione, prevista dal Decreto legislativo n. 218 del 19/06/1997, rappresenta una procedura di accertamento effettuata in contraddittorio attraverso la quale il contribuente può concordare con l'Ufficio una rideterminazione dell’imposta dovuta.

La suddetta procedura, infatti, può essere avviata su iniziativa del contribuente se è stato oggetto di ispezioni, verifiche o accessi, oppure se ha ricevuto un avviso di accertamento o rettifica.

Nella prima ipotesi il contribuente può richiedere all'Ufficio verificatore la formulazione di una proposta di accertamento concordabile. Nella seconda ipotesi, invece, è il contribuente che deve formulare un'istanza di concordato, qualora l'avviso di accertamento non sia stato preceduto dall'invito a comparire.

Della procedura può inoltre farsi parte attiva l'Ufficio, che invia al contribuente un invito a comparire (non vincolante per quest'ultimo), indicando i periodi interessati, il giorno e il luogo di comparizione. Uno dei principali benefici derivanti dall’accertamento con adesione consiste proprio nella sospensione dei termini per la presentazione del ricorso innanzi al giudice tributario. Tale termine (60 giorni dalla notificazione dell’atto impositivo) è sospeso dalla data di presentazione dell'istanza da parte del contribuente per un periodo di 90 giorni dalla notifica dell’atto.

In sostanza, l’accertamento con adesione determina la sospensione dei termini di impugnazione, di effettuazione dei pagamenti e di iscrizione provvisoria a ruolo. La sospensione si cumula con quella feriale dei termini per ricorrere (R.M. 11.11.1999, n. 159/E) dall'1.1.1999.

Detto ciò, ai sensi dell'articolo 6 del Decreto legislativo n. 218 del 1997, la presentazione dell'istanza di accertamento con adesione, così come il protrarsi nel tempo della relativa procedura, non toglie efficacia all'accertamento, ma sterilizza per novanta giorni il termine d'impugnazione, decorso il quale, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l'avviso di accertamento, in assenza di tempestiva impugnazione, diviene definitivo, poiché, a norma degli articoli 6 e 12 del Decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, soltanto all'atto del perfezionamento della definizione l'avviso perde efficacia (Cass. n. 3368 del 2012), secondo un meccanismo non dissimile da quello per il normale consolidamento del silenzio-rifiuto (articolo 2 legge n. 241 del 1990; articolo 21 proc. trib.), il che rende coerente con l'ordinamento generale considerare tacitamente rigettata l'istanza di accertamento con adesione, una volta che sia spirato quel termine dalla presentazione della istanza senza che l'Ufficio abbia risposto (Cass. n. 993 del 21 gennaio 2015; Cass. n. 15401 del 21 giugno 2017).

 

3. Il caso e la motivazione dell’ordinanza

Nel caso in esame, la ricorrente F.S. aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza della CTR della Sardegna che aveva dichiarato inammissibile i ricorsi riuniti avverso due avvisi di accertamento IRPEF, IRAP e IVA perché proposti tardivamente.

In particolare, la CTR aveva statuito che la domanda di accertamento con adesione, depositata dalla ricorrente, non era stata seguita da fatti concreti idonei a manifestare una reale intenzione di addivenire ad un accordo con l’Ufficio. Invero, la ricorrente aveva presentato istanza di accertamento con adesione ma poi non si era presentata all’appuntamento che l’Ufficio aveva fissato e comunicato per tempo alla contribuente. Pertanto, sia la CTP che la CTR hanno ritenuto non operante la sospensione dei termini di 90 giorni di cui all’articolo 12 del Decreto legislativo n. 218/1997 in quanto la mancata comparizione, in sede amministrativa, manifesta il reale intento di non voler aderire in alcun modo all’accertamento e, quindi, decadendo dal suo diritto di poter usufruire dei maggiori termini per la presentazione del ricorso, che sono concessi appunto per permettere il contraddittorio con l’Ufficio e dare la possibilità di addivenire ad un accordo.

La ricorrente, tuttavia, non condividendo la decisione della CTR della Sardegna ha impugnato la sentenza di secondo grado innanzi alla Corte di Cassazione deducendo, con un unico motivo di ricorso, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, comma 3, del Decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 evidenziando come l’omessa presentazione in sede di contraddittorio a seguito di una istanza di accertamento con adesione non può causare la decadenza dal diritto di poter usufruire dei maggiori termini per la presentazione del ricorso.

La Corte di Cassazione, infatti, ritenendo valide le motivazioni della ricorrente ha annullato la sentenza impugnata e rinviato la causa alla CTR della Sardegna in diversa composizione.

Nella motivazione, la Suprema Corte ha sottolineato e ribadito un principio già espresso in dottrina e giurisprudenza, secondo cui, “la sospensione per 90 giorni del termine per la formale impugnazione dell’accertamento, volta a consentire al contribuente e all’Amministrazione Finanziaria uno spatium deliberandi (Cfr. Cass. n. 22878/2017), consegue automaticamente alla presentazione dell’istanza di adesione (Cfr. Cass. 21096/2018) e cessa solo con lo spirare di detto termine, al quale è equiparata dalla legge unicamente la formale e irrevocabile rinuncia all’istanza, ma non anche il verbale di constatazione del mancato accordo (Cfr. Cass. n. 20362/2017)”.

Pertanto, alla luce di quanto sopra esposto e, ai fini della concessione della sospensione dei termini di impugnazione, non assume alcun rilievo l’effettiva volontà del contribuente di procedere alla definizione della controversia: il termine va concesso per il semplice fatto della presentazione della istanza, a seguito della quale le parti possono valutare se addivenire o meno alla definizione della controversia secondo la procedura prevista dall’articolo 6 del Decreto legislativo n. 218 del 1997.

Per tale ragione, nell’ambito di tale controversia tributaria, la Corte di Cassazione, con la suddetta ordinanza n. 27247/2019, ha giustamente dato seguito al costante orientamento giurisprudenziale già espresso dalla Corte, enunciando  il seguente principio: “La mancata comparizione del contribuente alla data fissata dall’Ufficio per la definizione in via amministrativa della controversia, sia essa giustificata o meno, non ha alcuna rilevanza: la stessa non è idonea ad interrompere il periodo di sospensione perché non equiparabile ad una vera e propria rinuncia all’istanza per adesione, né fa venire meno ab origine gli effetti dell’istanza medesima e, quindi, la sospensione dei termini per l’impugnazione dell’avviso di accertamento”.