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Le spese legali sono deducibili dalle imprese solo al termine del giudizio o della prestazione professionale

Spese legali
Spese legali

Indice:

1. Premessa

2. Il caso oggetto di pronuncia

3. Osservazioni sul caso di specie

 

1. Premessa

Per ciò che attiene il tema della deducibilità dei costi sostenuti da un’impresa per le spese legali dovute al proprio difensore per l’attività giudiziale o stargiudiziale svolta nell’interesse dell’impresa, si deve tener conto del momento dell’ultimazione della stessa ovvero del momento in cui la prestazione del Professionista risulta definitivamente conclusa, considerando irrilevante il criterio dell’anno di competenza in cui l’attività stessa viene svolta.

È quanto si ricava dalla sentenza n. 24003 del 26 settembre 2019, che ha ribadito un principio in linea con quanto già delineato dal consolidato orientamento giurisprudenziale dalla Suprema Corte.

Con la citata sentenza, infatti, è stato chiarito il principio secondo cui “Il corrispettivo della prestazione del professionista legale e della relativa spesa si considerano rispettivamente conseguiti e sostenuti quando la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento o della cessazione dell’incarico professionale”.

 

2. Il caso oggetto di pronuncia

Il caso trae origine da un ricorso proposto da una società contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, relativamente all’anno 2002, aveva contestato ai fini IVA, IRPEG e IRAP l’erronea imputazione all’esercizio di competenza di diverse voci di costo relative a spese legali, sopravvenienze passive, compensi di collaborazione e ricavi non dichiarati.

Avverso il suddetto avviso la società contribuente proponeva tempestivo ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo che lo accoglieva parzialmente annullando l’atto impositivo ad eccezione della contestazione relativa ai compensi di collaborazione non di competenza.

In secondo grado anche la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, avallando la tesi della società contribuente, riteneva che le spese legali dovevano essere ritenute di competenza dell’anno 2002 in quanto i corrispettivi delle prestazioni si considerano conseguiti alla data in cui le prestazioni stesse erano state eseguite, e non ultimate.

Pertanto, la deducibilità dei costi per le prestazioni rese dal legale dell’impresa non deve essere valutata in ragione del completamento delle differenti fasi processuali, quindi avendo riguardo all’iter giudiziario, bensì considerando l’anno di esecuzione delle singole attività svolte dal legale.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione.

Per quanto qui di interesse, i giudici di Cassazione, accogliendo il ricorso avanzato dall’Agenzia delle Entrate, hanno ritenuto che i giudici della CTR della Lombardia sono incorsi nel vizio di violazione di legge di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 917/1986. Per i giudici di Cassazione, infatti, la deducibilità dei costi sostenuti da un’impresa per le spese legali deve fare riferimento al momento in cui la prestazione professionale risulta ultimata in rapporto ai singoli gradi di cui si compone il giudizio e, quindi, al momento della pronuncia che chiude ciascun grado o diversamente qualora sia cessato l’incarico professionale.

 

3. Osservazioni sul caso di specie

Con la sentenza n. 24003/2019 la Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, che i compensi erogati a favore di un legale per l’attività processuale svolta in favore di una società sono deducibili dal reddito d’impresa imponibile solo nel periodo d’imposta in cui la prestazione risulta conclusa relativamente ai singoli gradi in cui si è svolto il giudizio e ritenendo irrilevante il periodo in cui il legale ha posto in essere i singoli atti.

In altri termini, un l’impresa che riceve la fattura dal proprio legale non può tener conto del criterio di competenza che normalmente regola la deducibilità dei costi dovendosi computare i pagamenti effettuati come acconti per poi dedurre integralmente il costo quando si conclude la causa o quando si cessa l’incarico professionale.

Sul punto, osservano i giudici che “In materia di prestazioni professionali vige la regola della post numerazione (artt. 2225 e 2233 c.c.c) secondo la quale il diritto al compenso pattuito si matura una volta posta in essere una prestazione tecnicamente idonea a raggiungere il risultato a cui la prestazione è diretta (regola mitigata da un duplice ordine di diritti del professionista: quello all’anticipo delle spese occorrenti all’esecuzione dell’opera e quello all’acconto, da determinarsi secondo gli usi sul compenso da percepire una volta portato a termine l’incarico” (Cass. civ. Sez V, 11 agosto 2016, n. 16969).

Si rammenta, infatti, che la deducibilità del costo sostenuto da un’impresa non postula che esso sia stato sostenuto per realizzare una specifica componente attiva del reddito, ma è sufficiente che esso sia correlato in senso ampio all’impresa, ovvero che tale onere sia “stato sostenuto al fine di svolgere un’attività potenzialmente idonea a produrre utili”. Questi sono i chiarimenti di due interessanti sentenze della Suprema Corte la n. 20054 e la n. 20055 del 24 settembre 2014, in linea con quanto stabilito, secondo orientamento (Cass. n. 6548/2012; Cass. n. 12168/2009, n. 16826/2007 e n. 7340/2008).

In conclusione, si ritiene, dunque, che la decisione adottata dalla Suprema Corte è in linea con quanto stabilito dal costante orientamento giurisprudenziale secondo cui . l’attività difensiva prestata dal un legale rappresentate ha carattere unitario con la conseguenza che gli onorari di un avvocato devo essere liquidati in base alla tariffa vigente nel momento in cui la prestazione è condotta a termine per effetto dell’esaurimento del giudizio o della cessazione dell’incarico professionale (Cass. 3 agosto 2007, n. 17059).