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Ambiente: entra in vigore la nuova Autorizzazione “unica” (Aua)

Annunciata, pubblicizzata, forse anche “mitizzata” e, poi, lungamente attesa, finalmente è arrivata: il 13 giugno è entrato infatti in vigore il Regolamento che introduce l’Aua, cioè l’Autorizzazione unica ambientale. Sembra proprio il caso di dire: un nome che è tutto un programma...

Si tratta, infatti, di un’unica autorizzazione che sostituisce quasi tutte le principali autorizzazioni ambientali “settoriali” determinando una notevole semplificazione burocratica e, questa almeno è l’intenzione del legislatore, un risparmio di costi e tempi per le imprese.

Il Regolamento in questione è stato emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59 (pubblicato sul Supplemento ordinario n. 42 alla Gazzetta Ufficiale 29 maggio 2013, n. 124), in attuazione dell’art. 23 del decreto-legge n. 5/2012 (il cosiddetto “decreto semplificazioni” del Governo Monti, convertito con legge n. 35/2012).

La nuova autorizzazione (l’Aua, appunto) è destinata a sostituire, in sintesi: l’autorizzazione allo scarico di acque reflue, le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera (sia quella puntuale, sia quella generale), le comunicazioni e nulla osta in materia di inquinamento acustico, le comunicazioni relative al regime semplificato in materia di rifiuti, la comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e l’autorizzazione all'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Va richiesta allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) istituito presso ciascun Comune, viene rilasciata dalla Provincia (salvo che la normativa regionale non indichi una diversa autorità) ed ha la durata di 15 anni.

Ma a quali imprese si applica? La norma, a questo riguardo, non brilla per chiarezza. È sicuramente più semplice dire a chi non si applica.

Primo caso: l’Aua non si applica agli impianti soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia).

Secondo caso: l’Aua non si applica agli impianti (ma sarebbe più corretto dire: ai progetti) sottoposti a Valutazione di impatto ambientale (Via), qualora (e non sempre è così, perché dipende anche dalle normative regionali) quest’ultima abbia efficacia sostitutiva delle autorizzazioni ambientali.

Terzo caso: l’Aua non si applica agli impianti soggetti all’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui all’art. 208 del decreto legislativo 152/2006, i quali restano perciò sottoposti soltanto a quest’ultima, avendo essa già efficacia sostitutiva delle altre autorizzazioni.

Dunque, a chi si applica? Per “esclusione” (si potrebbe dire), l’Aua si applica a tutte le altre imprese che, per esercitare la propria attività, necessitano di almeno una delle autorizzazioni ambientali di settore sostituite dall’Aua (v. art. 3, comma 1, Regolamento).

In altre parole, sbandierata come l’“autorizzazione ambientale delle Pmi”, l’Aua è, in realtà, l’unica autorizzazione ambientale che, d’ora in poi, si applicherà a tutti gli impianti, con l’unica eccezione di quelli assoggettati ad Aia o ad autorizzazione unica al trattamento di rifiuti (ovviamente, se non inclusa nell’Aia) o a Via con efficacia “sostitutiva” delle autorizzazioni.

Non sembra superfluo segnalare, in ogni caso, che l’Aua non sostituisce il titolo edilizio.

Un giudizio complessivo su questo strumento innovativo non potrà che essere rinviato alla sua concreta applicazione. Numerosi appaiono, in ogni caso, i dubbi interpretativi ed applicativi suscitati dal Regolamento, a causa soprattutto dell’imprecisa o incompleta formulazione dello stesso.

Dunque, per chiudere con una battuta, nonostante il 13 sembri il “numero fortunato” dell’Aua (che è stata, infatti, introdotta da un Dpr datato 13 marzo 2013 ed entrato in vigore il 13 giugno), per sapere se, con questo nuovo strumento, avranno davvero “fatto 13 alla schedina” o saranno state nuovamente illuse e poi deluse, le imprese dovranno attendere che si giochino le “partite” presso le numerosissime (ed assai diversificate) Amministrazioni locali chiamate velocemente adeguarsi a questa dirompente novità.

Una versione più ampia del presente contributo, in cui vengono evidenziate alcune delle principali criticità del Regolamento, è consultabile nella sezione “articoli”.

 

Annunciata, pubblicizzata, forse anche “mitizzata” e, poi, lungamente attesa, finalmente è arrivata: il 13 giugno è entrato infatti in vigore il Regolamento che introduce l’Aua, cioè l’Autorizzazione unica ambientale. Sembra proprio il caso di dire: un nome che è tutto un programma...

Si tratta, infatti, di un’unica autorizzazione che sostituisce quasi tutte le principali autorizzazioni ambientali “settoriali” determinando una notevole semplificazione burocratica e, questa almeno è l’intenzione del legislatore, un risparmio di costi e tempi per le imprese.

Il Regolamento in questione è stato emanato con Decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 2013, n. 59 (pubblicato sul Supplemento ordinario n. 42 alla Gazzetta Ufficiale 29 maggio 2013, n. 124), in attuazione dell’art. 23 del decreto-legge n. 5/2012 (il cosiddetto “decreto semplificazioni” del Governo Monti, convertito con legge n. 35/2012).

La nuova autorizzazione (l’Aua, appunto) è destinata a sostituire, in sintesi: l’autorizzazione allo scarico di acque reflue, le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera (sia quella puntuale, sia quella generale), le comunicazioni e nulla osta in materia di inquinamento acustico, le comunicazioni relative al regime semplificato in materia di rifiuti, la comunicazione preventiva per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e l’autorizzazione all'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Va richiesta allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) istituito presso ciascun Comune, viene rilasciata dalla Provincia (salvo che la normativa regionale non indichi una diversa autorità) ed ha la durata di 15 anni.

Ma a quali imprese si applica? La norma, a questo riguardo, non brilla per chiarezza. È sicuramente più semplice dire a chi non si applica.

Primo caso: l’Aua non si applica agli impianti soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia).

Secondo caso: l’Aua non si applica agli impianti (ma sarebbe più corretto dire: ai progetti) sottoposti a Valutazione di impatto ambientale (Via), qualora (e non sempre è così, perché dipende anche dalle normative regionali) quest’ultima abbia efficacia sostitutiva delle autorizzazioni ambientali.

Terzo caso: l’Aua non si applica agli impianti soggetti all’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti di cui all’art. 208 del decreto legislativo 152/2006, i quali restano perciò sottoposti soltanto a quest’ultima, avendo essa già efficacia sostitutiva delle altre autorizzazioni.

Dunque, a chi si applica? Per “esclusione” (si potrebbe dire), l’Aua si applica a tutte le altre imprese che, per esercitare la propria attività, necessitano di almeno una delle autorizzazioni ambientali di settore sostituite dall’Aua (v. art. 3, comma 1, Regolamento).

In altre parole, sbandierata come l’“autorizzazione ambientale delle Pmi”, l’Aua è, in realtà, l’unica autorizzazione ambientale che, d’ora in poi, si applicherà a tutti gli impianti, con l’unica eccezione di quelli assoggettati ad Aia o ad autorizzazione unica al trattamento di rifiuti (ovviamente, se non inclusa nell’Aia) o a Via con efficacia “sostitutiva” delle autorizzazioni.

Non sembra superfluo segnalare, in ogni caso, che l’Aua non sostituisce il titolo edilizio.

Un giudizio complessivo su questo strumento innovativo non potrà che essere rinviato alla sua concreta applicazione. Numerosi appaiono, in ogni caso, i dubbi interpretativi ed applicativi suscitati dal Regolamento, a causa soprattutto dell’imprecisa o incompleta formulazione dello stesso.

Dunque, per chiudere con una battuta, nonostante il 13 sembri il “numero fortunato” dell’Aua (che è stata, infatti, introdotta da un Dpr datato 13 marzo 2013 ed entrato in vigore il 13 giugno), per sapere se, con questo nuovo strumento, avranno davvero “fatto 13 alla schedina” o saranno state nuovamente illuse e poi deluse, le imprese dovranno attendere che si giochino le “partite” presso le numerosissime (ed assai diversificate) Amministrazioni locali chiamate velocemente adeguarsi a questa dirompente novità.

Una versione più ampia del presente contributo, in cui vengono evidenziate alcune delle principali criticità del Regolamento, è consultabile nella sezione “articoli”.