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Avvocato Generale UE: maternità surrogata, la madre affidataria ha diritto al congedo retribuito perché tutelata la relazione madre-figlio

La madre affidataria, anche nel caso in cui non provveda all’allattamento del bambino, ha diritto al congedo di maternità alla luce della preminente finalità di tutela della relazione madre-figlio. Ciò qualora ne assuma la custodia dopo la nascita, la maternità surrogata sia lecita nello Stato membro interessato e siano rispettati i requisiti previsti dalla normativa nazionale.

Questo è il parere dell’Avvocato Generale Juliane Kokotte nelle conclusioni presentate il 26 settembre, in relazione al caso di una lavoratrice del Regno Unito che, a seguito della gravidanza della madre surrogata, la presa in affido del minore e il successivo allattamento, lamenta il diniego del congedo di maternità da parte del suo datore di lavoro.

Il giudice del rinvio, presentando la domanda di pronuncia pregiudiziale, solleva la questione se la madre affidataria, che abbia avuto un figlio per effetto di un contratto di maternità surrogata, possa far discendere il beneficio del congedo dalla direttiva 92/85 (“Direttiva”) ai sensi degli articoli 1,  2  e  8, nonché richiede se e in quale misura l’allattamento da parte della madre affidataria possa essere un criterio rilevante ai fini del conseguimento della tutela.

A parere dell’Avvocato Generale seppur la Direttiva non contenga la disciplina applicabile alla maternità surrogata non si può ritenere che la stessa escluda qualsiasi forma di tutela per la lavoratrice madre affidataria.L’articolo 2 descrive la cerchia di persone che secondo gli obiettivi indicati dall’articolo 1 possono godere del congedo di maternità. In particolare, in forza di detto articolo, godono di tale diritto le lavoratrici gestanti, le puerpere e le lavoratrici in periodo di allattamento.

L’Avvocato Generale, a titolo di conclusione interlocutoria, ritiene che dal tenore letterale del suddetto articolo solo le madri affidatarie in periodo di allattamento rientrino in tale categoria.

Aggiunge però che ciò non significa che la Direttiva escluda la protezione per quelle ipotesi speciali non espressamente indicate, quale ad esempio quella di madre affidataria che non provvede al sostentamento del bambino mediante l’allattamento.

Secondo l’Avvocato bisogna infatti tenere in conto la finalità di cui all’articolo 1, ossia la tutela della salute delle lavoratrici in considerazione del loro stato di particolare vulnerabilità (in tal senso il considerando 14), riscontrabile certamente nel caso della affidataria che provveda all’allattamento. Nonché la protezione della relazione madre-figlio nel periodo successivo alla gravidanza, come sancito all’articolo 24 e articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Alla luce di quest’ultima finalità e dell’interesse superiore del minore, la categoria di cui all’articolo 2 deve essere pertanto interpretata non più in senso biologico-monistico (perché non contempla la possibilità di persone diverse dalla gestante e da colei che allatta) ma in senso funzionale, al fine di non arrecare alcuno svantaggio in capo ai figli nati mediante maternità surrogata.

Potranno così beneficiare del congedo tutte le madri affidatarie. Non in forza della particolare condizione di vulnerabilità durante l’allattamento, ma sulla base dello speciale rapporto che lega madre e figlio, il quale acquista tanto più rilevanza e ragione di tutela, proprio nell’ipotesi in cui la madre non abbia personalmente condotto la gestazione.

Tenuto conto di quest’ultima finalità viene così risolta anche la seconda questione interpretativa.

Secondo l’Avvocato la modalità di alimentazione del minore non può essere elemento decisivo per conseguire il congedo di maternità, in primo luogo perché l’alimentazione non dipende totalmente dalla scelta della donna e secondariamente per il fatto che tale diritto non viene meno laddove la madre biologica utilizzi il biberon. In caso contrario non risulterebbe garantita la tutela dello sviluppo indisturbato della relazione madre-figlio, finalità sancita a livello di diritti fondamentali.

L’Avvocato sottolineando che l’applicabilità della Direttiva alla madre affidataria si ha solo nel caso in cui lo Stato membro, nel quale si vogliono far valere i diritti, riconosca la maternità surrogata e dunque la ripartizione del ruolo di madre tra due donne, afferma che il congedo minimo sarà di almeno due settimane e dovrà essere computato il periodo già beneficiato dalla madre surrogata.

A tal proposito l’articolo 8, che stabilisce un congedo ininterrotto ad una sola e medesima persona per un arco temporale di almeno due settimane, dovrà essere interpretato sulla base del rapporto funzionale che intercorre tra le due madri. Da un lato tenuto conto del fatto che essendo entrambe lavoratrici non potranno godere del congedo in misura ridotta e d’altro lato non duplicando il diritto complessivo al congedo.

A parere dell’Avvocato, non potendo delineare parametri certi per la ripartizione temporale del congedo, gli stessi dovranno essere individuati alla luce degli interessi protetti. Di conseguenza prima della nascita, la durata del congedo sarà accordata in relazione alla tutela della salute della gestante, successivamente, sarà accordata avuto riguardo alla finalità di garantire il benessere del minore mediante la protezione dello sviluppo della relazione madre-figlio.

Attendiamo di conoscere la pronuncia della Corte di Giustizia sull’interpretazione della normativa comunitaria, anche a fronte della conclusione dell'Avvocato Generale Nils Wahl nella causa 363/12 che verte su analoga questione.

(Avvocato Generale – Juliane Kokott, Conclusioni presentate il 26 settembre 2013 nella Causa C 167/12: Politica sociale – Direttiva 92/85/CEE – Sfera di applicazione – Maternità surrogata – Congedo di maternità – Direttiva 2006/54/CE – Parità di trattamento fra uomini e donne – Divieto di trattamento meno favorevole in ragione della gravidanza)

La madre affidataria, anche nel caso in cui non provveda all’allattamento del bambino, ha diritto al congedo di maternità alla luce della preminente finalità di tutela della relazione madre-figlio. Ciò qualora ne assuma la custodia dopo la nascita, la maternità surrogata sia lecita nello Stato membro interessato e siano rispettati i requisiti previsti dalla normativa nazionale.


Questo è il parere dell’Avvocato Generale Juliane Kokotte nelle conclusioni presentate il 26 settembre, in relazione al caso di una lavoratrice del Regno Unito che, a seguito della gravidanza della madre surrogata, la presa in affido del minore e il successivo allattamento, lamenta il diniego del congedo di maternità da parte del suo datore di lavoro.

Il giudice del rinvio, presentando la domanda di pronuncia pregiudiziale, solleva la questione se la madre affidataria, che abbia avuto un figlio per effetto di un contratto di maternità surrogata, possa far discendere il beneficio del congedo dalla direttiva 92/85 (“Direttiva”) ai sensi degli articoli 1,  2  e  8, nonché richiede se e in quale misura l’allattamento da parte della madre affidataria possa essere un criterio rilevante ai fini del conseguimento della tutela.

A parere dell’Avvocato Generale seppur la Direttiva non contenga la disciplina applicabile alla maternità surrogata non si può ritenere che la stessa escluda qualsiasi forma di tutela per la lavoratrice madre affidataria.L’articolo 2 descrive la cerchia di persone che secondo gli obiettivi indicati dall’articolo 1 possono godere del congedo di maternità. In particolare, in forza di detto articolo, godono di tale diritto le lavoratrici gestanti, le puerpere e le lavoratrici in periodo di allattamento.

L’Avvocato Generale, a titolo di conclusione interlocutoria, ritiene che dal tenore letterale del suddetto articolo solo le madri affidatarie in periodo di allattamento rientrino in tale categoria.

Aggiunge però che ciò non significa che la Direttiva escluda la protezione per quelle ipotesi speciali non espressamente indicate, quale ad esempio quella di madre affidataria che non provvede al sostentamento del bambino mediante l’allattamento.

Secondo l’Avvocato bisogna infatti tenere in conto la finalità di cui all’articolo 1, ossia la tutela della salute delle lavoratrici in considerazione del loro stato di particolare vulnerabilità (in tal senso il considerando 14), riscontrabile certamente nel caso della affidataria che provveda all’allattamento. Nonché la protezione della relazione madre-figlio nel periodo successivo alla gravidanza, come sancito all’articolo 24 e articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Alla luce di quest’ultima finalità e dell’interesse superiore del minore, la categoria di cui all’articolo 2 deve essere pertanto interpretata non più in senso biologico-monistico (perché non contempla la possibilità di persone diverse dalla gestante e da colei che allatta) ma in senso funzionale, al fine di non arrecare alcuno svantaggio in capo ai figli nati mediante maternità surrogata.

Potranno così beneficiare del congedo tutte le madri affidatarie. Non in forza della particolare condizione di vulnerabilità durante l’allattamento, ma sulla base dello speciale rapporto che lega madre e figlio, il quale acquista tanto più rilevanza e ragione di tutela, proprio nell’ipotesi in cui la madre non abbia personalmente condotto la gestazione.

Tenuto conto di quest’ultima finalità viene così risolta anche la seconda questione interpretativa.

Secondo l’Avvocato la modalità di alimentazione del minore non può essere elemento decisivo per conseguire il congedo di maternità, in primo luogo perché l’alimentazione non dipende totalmente dalla scelta della donna e secondariamente per il fatto che tale diritto non viene meno laddove la madre biologica utilizzi il biberon. In caso contrario non risulterebbe garantita la tutela dello sviluppo indisturbato della relazione madre-figlio, finalità sancita a livello di diritti fondamentali.

L’Avvocato sottolineando che l’applicabilità della Direttiva alla madre affidataria si ha solo nel caso in cui lo Stato membro, nel quale si vogliono far valere i diritti, riconosca la maternità surrogata e dunque la ripartizione del ruolo di madre tra due donne, afferma che il congedo minimo sarà di almeno due settimane e dovrà essere computato il periodo già beneficiato dalla madre surrogata.

A tal proposito l’articolo 8, che stabilisce un congedo ininterrotto ad una sola e medesima persona per un arco temporale di almeno due settimane, dovrà essere interpretato sulla base del rapporto funzionale che intercorre tra le due madri. Da un lato tenuto conto del fatto che essendo entrambe lavoratrici non potranno godere del congedo in misura ridotta e d’altro lato non duplicando il diritto complessivo al congedo.

A parere dell’Avvocato, non potendo delineare parametri certi per la ripartizione temporale del congedo, gli stessi dovranno essere individuati alla luce degli interessi protetti. Di conseguenza prima della nascita, la durata del congedo sarà accordata in relazione alla tutela della salute della gestante, successivamente, sarà accordata avuto riguardo alla finalità di garantire il benessere del minore mediante la protezione dello sviluppo della relazione madre-figlio.

Attendiamo di conoscere la pronuncia della Corte di Giustizia sull’interpretazione della normativa comunitaria, anche a fronte della conclusione dell'Avvocato Generale Nils Wahl nella causa 363/12 che verte su analoga questione.

(Avvocato Generale – Juliane Kokott, Conclusioni presentate il 26 settembre 2013 nella Causa C 167/12: Politica sociale – Direttiva 92/85/CEE – Sfera di applicazione – Maternità surrogata – Congedo di maternità – Direttiva 2006/54/CE – Parità di trattamento fra uomini e donne – Divieto di trattamento meno favorevole in ragione della gravidanza)