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Cassazione Civile: l’ente pubblica sull’Albo Pretorio “assente per malattia”? Viola la privacy

La Cassazione ha stabilito che gli enti locali possono trattare dati di carattere personale anche sensibile e giudiziario solo per svolgere le rispettive funzioni istituzionali. Si commette illecito se si effettua il trattamento di un dato che risulti eccedente le finalità pubbliche da soddisfare.

Nel caso in esame, un’amministrazione comunale aveva pubblicato nell’Albo Pretorio e sul sito internet istituzionale dati personali di un proprio dipendente relativi allo stato di salute nonché alla pendenza tra le parti di procedure giudiziarie aventi ad oggetto il “mobbing”. Per scrupolo, vale la pena riportare la definizione di mobbing contenuta nella pronuncia in questione: “il termine “mobbing” definisce “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità”.

I giudici di merito hanno ritenuto che fossero stati rispettati i principi di pertinenza e necessità, coerentemente a quanto stabilito dall’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 196/2003 (“Codice Privacy”), e che non fossero stati diffusi dati riguardanti lo stato di salute del dipendente ovvero dati giudiziari.

La Cassazione ha cassato la pronuncia del Tribunale e, con riferimento ai dati sensibili, ha stabilito che costituisce diffusione di un dato sensibile quello relativo all’assenza dal lavoro di un dipendente a causa di malattia. La “salute”, infatti, è definibile come stato di benessere fisico e di armonico equilibrio psichico, in quanto esente da malattie, da imperfezioni e disturbi organici o funzionali. Di conseguenza, la dicitura “assenza per malattia” costituisce diffusione di un dato sensibile, in quanto contenuta in documenti pubblicati e consultabili da un numero indeterminato di soggetti (articolo 4, comma 1,lettere m), Decreto Legislativo n. 196/2003).

In conclusione, i giudici di legittimità hanno rilevato che le azioni dell’amministrazione comunale configurano un illecito per violazione dell’articolo 22 del Codice Privacy che definisce i principi applicabili al trattamento dei dati sensibili e giudiziari e le norme che i soggetti pubblici devono rispettare nell’utilizzo di tali informazioni.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 1° agosto 2013, n. 18980)

 

La Cassazione ha stabilito che gli enti locali possono trattare dati di carattere personale anche sensibile e giudiziario solo per svolgere le rispettive funzioni istituzionali. Si commette illecito se si effettua il trattamento di un dato che risulti eccedente le finalità pubbliche da soddisfare.

Nel caso in esame, un’amministrazione comunale aveva pubblicato nell’Albo Pretorio e sul sito internet istituzionale dati personali di un proprio dipendente relativi allo stato di salute nonché alla pendenza tra le parti di procedure giudiziarie aventi ad oggetto il “mobbing”. Per scrupolo, vale la pena riportare la definizione di mobbing contenuta nella pronuncia in questione: “il termine “mobbing” definisce “una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico, sistematica e protratta nel tempo, tenuta nei confronti del lavoratore nell’ambiente di lavoro, che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio fisiopsichico e del complesso della sua personalità”.

I giudici di merito hanno ritenuto che fossero stati rispettati i principi di pertinenza e necessità, coerentemente a quanto stabilito dall’articolo 3 del Decreto Legislativo n. 196/2003 (“Codice Privacy”), e che non fossero stati diffusi dati riguardanti lo stato di salute del dipendente ovvero dati giudiziari.

La Cassazione ha cassato la pronuncia del Tribunale e, con riferimento ai dati sensibili, ha stabilito che costituisce diffusione di un dato sensibile quello relativo all’assenza dal lavoro di un dipendente a causa di malattia. La “salute”, infatti, è definibile come stato di benessere fisico e di armonico equilibrio psichico, in quanto esente da malattie, da imperfezioni e disturbi organici o funzionali. Di conseguenza, la dicitura “assenza per malattia” costituisce diffusione di un dato sensibile, in quanto contenuta in documenti pubblicati e consultabili da un numero indeterminato di soggetti (articolo 4, comma 1,lettere m), Decreto Legislativo n. 196/2003).

In conclusione, i giudici di legittimità hanno rilevato che le azioni dell’amministrazione comunale configurano un illecito per violazione dell’articolo 22 del Codice Privacy che definisce i principi applicabili al trattamento dei dati sensibili e giudiziari e le norme che i soggetti pubblici devono rispettare nell’utilizzo di tali informazioni.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 1° agosto 2013, n. 18980)