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Cassazione Civile: responsabilità oggettiva e dovere di cautela nell’articolo 2051 Codice Civile (cose in custodia)

La corretta applicazione dell’articolo 2051 del Codice Civile, a norma del quale “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, presuppone il corretto bilanciamento tra il criterio di imputazione della responsabilità oggettiva del custode della cosa e il generale dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa stessa.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione secondo cui l’articolo in questione “contempla un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione alla irrilevanza del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all’adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi. A tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa.

A mitigare la responsabilità oggettività del custode concorre, dunque, il comportamento assunto dallo stesso danneggiato nel momento in cui si “relaziona” con la cosa custodita.

Nel caso in questione, la Corte, censurando la sentenza del giudice di secondo grado nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del nesso eziologico tra la cosa, nello specifico uno scivolo posto all’interno di un negozio, e il danno subito da una cliente inciampata nello scivolo stesso, ha affermato che il nesso eziologico risulta dalla circostanza, non contestata, che la cliente “cadde per terra perdendo la scarpa che essa indossava, per essersi il tacco della medesima impigliato nel bordo (leggermente sopraelevato) del già citato manufatto”.

Lo stabilire, dunque, prosegue la Corte se “il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se via sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito che […] sottende un bilanciamento tra i detti doveri di precauzione e cautela”.

Conclude la Corte: “potrà escludersi che il danno sia cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi integrato il caso fortuito”, quando anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di pericolo comunque venutasi a creare si sarebbe potuta evitare attraverso l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 17 ottobre 2013, n. 25584)

La corretta applicazione dell’articolo 2051 del Codice Civile, a norma del quale “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, presuppone il corretto bilanciamento tra il criterio di imputazione della responsabilità oggettiva del custode della cosa e il generale dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa stessa.


È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione secondo cui l’articolo in questione “contempla un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione alla irrilevanza del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all’adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi. A tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa.

A mitigare la responsabilità oggettività del custode concorre, dunque, il comportamento assunto dallo stesso danneggiato nel momento in cui si “relaziona” con la cosa custodita.

Nel caso in questione, la Corte, censurando la sentenza del giudice di secondo grado nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del nesso eziologico tra la cosa, nello specifico uno scivolo posto all’interno di un negozio, e il danno subito da una cliente inciampata nello scivolo stesso, ha affermato che il nesso eziologico risulta dalla circostanza, non contestata, che la cliente “cadde per terra perdendo la scarpa che essa indossava, per essersi il tacco della medesima impigliato nel bordo (leggermente sopraelevato) del già citato manufatto”.

Lo stabilire, dunque, prosegue la Corte se “il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se via sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito che […] sottende un bilanciamento tra i detti doveri di precauzione e cautela”.

Conclude la Corte: “potrà escludersi che il danno sia cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi integrato il caso fortuito”, quando anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di pericolo comunque venutasi a creare si sarebbe potuta evitare attraverso l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 17 ottobre 2013, n. 25584)