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Cassazione Lavoro: rifiuti un intervento d’urgenza a fine turno? È insubordinazione e puoi essere licenziato

La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuta un intervento d’urgenza, anche se a fine turno.

Nel caso di specie un lavoratore adibito a funzioni di vigilanza privata aveva rifiutato di intervenire su un allarme scattato poco prima della fine del turno di lavoro. Per tale comportamento veniva licenziato per insubordinazione, ipotesi che legittima la risoluzione del rapporto di lavoro.

Il dipendente impugnava il licenziamento, dichiarato legittimo dai giudici del Tribunale e della Corte d’Appello.

Avverso la decisione dei giudici di merito, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, adducendo violazione e falsa applicazione delle norme del contratto collettivo nazionale adottato in quel particolare settore, nonché delle disposizioni legislative che regolano il lavoro notturno. La principale difesa del lavoratore era basata sulla considerazione che “la richiesta di intervento, formulata pochi minuti prima della fine del turno, era arbitraria quindi poteva essere legittimamente disattesa dal lavoratore”.

I giudici della Suprema Corte, al contrario, hanno ritenuto che il comportamento del dipendente integrava una forma di inadempimento contrattuale proprio sulla base di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale applicato. Da tali disposizioni si rileva “l’obbligo per il personale smontante o già smontato di effettuare il servizio nel ricorso di condizioni oggettive che lo richiedano”. Di conseguenza, rigettavano il ricorso.

Da tutto ciò possiamo dedurre che i giudici di merito hanno, nel caso in esame, legittimato una sorta di “flessibilizzazione” dell’orario di lavoro. Pur in un contesto lavorativo alquanto delicato, quale può essere il lavoro notturno, il diritto del lavoratore al riposo deve essere bilanciato con le esigenze dell’impresa. Ciò, anche in conseguenza della particolarità delle mansioni svolte.

Il lavoratore, dunque, non può sottrarsi agli obblighi contrattuali, seppur comportanti un prolungamento dell’orario lavorativo, nel caso in cui si presentino esigenze impreviste, non rientranti nella normale organizzazione del lavoro.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 18 settembre 2013, n. 21361)

 

La Corte di Cassazione ha stabilito che è legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuta un intervento d’urgenza, anche se a fine turno.

Nel caso di specie un lavoratore adibito a funzioni di vigilanza privata aveva rifiutato di intervenire su un allarme scattato poco prima della fine del turno di lavoro. Per tale comportamento veniva licenziato per insubordinazione, ipotesi che legittima la risoluzione del rapporto di lavoro.

Il dipendente impugnava il licenziamento, dichiarato legittimo dai giudici del Tribunale e della Corte d’Appello.

Avverso la decisione dei giudici di merito, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione, adducendo violazione e falsa applicazione delle norme del contratto collettivo nazionale adottato in quel particolare settore, nonché delle disposizioni legislative che regolano il lavoro notturno. La principale difesa del lavoratore era basata sulla considerazione che “la richiesta di intervento, formulata pochi minuti prima della fine del turno, era arbitraria quindi poteva essere legittimamente disattesa dal lavoratore”.

I giudici della Suprema Corte, al contrario, hanno ritenuto che il comportamento del dipendente integrava una forma di inadempimento contrattuale proprio sulla base di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale applicato. Da tali disposizioni si rileva “l’obbligo per il personale smontante o già smontato di effettuare il servizio nel ricorso di condizioni oggettive che lo richiedano”. Di conseguenza, rigettavano il ricorso.

Da tutto ciò possiamo dedurre che i giudici di merito hanno, nel caso in esame, legittimato una sorta di “flessibilizzazione” dell’orario di lavoro. Pur in un contesto lavorativo alquanto delicato, quale può essere il lavoro notturno, il diritto del lavoratore al riposo deve essere bilanciato con le esigenze dell’impresa. Ciò, anche in conseguenza della particolarità delle mansioni svolte.

Il lavoratore, dunque, non può sottrarsi agli obblighi contrattuali, seppur comportanti un prolungamento dell’orario lavorativo, nel caso in cui si presentino esigenze impreviste, non rientranti nella normale organizzazione del lavoro.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 18 settembre 2013, n. 21361)