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Cassazione Tributaria: l’ispezione non autorizzata nella residenza-studio del professionista è valida se la pubblica amministrazione provvede ex post a sanarne la legittimità

È valido l’accertamento basato sugli estratti conto bancari rinvenuti dalla Guardia di Finanza durante un’ispezione non autorizzata nella residenza-studio del professionista se l’amministrazione provvede a sanare l’atto illegittimo attraverso l’adozione di un atto che ha lo scopo di riconoscere ex post la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione. Lo ha stabilito la Cassazione - Sezione Tributaria.

È il caso di un libero professionista che riceve dall’Ufficio IVA di Roma un avviso di rettifica per la ripresa a tassazione del tributo IVA, dal momento che, dall’esame della movimentazione bancaria, è emerso un maggior reddito rispetto a quello dichiarato dal contribuente.

Il contribuente, contestando l’assenza dell’autorizzazione all’accesso presso il suo studio-residenza, propone dunque ricorso, che viene accolto, innanzi alla Commissione Tributaria di Roma. Viceversa, il ricorso in appello, presentato dall’Ufficio IVA, viene accolto dalla Commissione Tributaria del Lazio, secondo cui la mancanza di autorizzazione all’accesso presso la residenza-studio del professionista non inficia la validità dell’accertamento, posto che l’Ufficio IVA aveva proceduto sulla base di accertamenti bancari regolarmente autorizzati e dai quali era scaturito il successivo accertamento.

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla questione, afferma che la decisione impugnata è immune dal vizio ipotizzato dal momento che: “Il giudice tributario, ai fini della verifica della legittimità della pretesa fiscale, si è limitato ad utilizzare la documentazione bancaria relativa ai conti riferibili al contribuente ed ai suoi familiari che, seppur acquisita presso il contribuente, tuttavia non poteva dirsi travolta dalla mancata autorizzazione alla perquisizione domiciliare, proprio perché i verbalizzanti ebbero cura di acquisire, successivamente, l’autorizzazione del comandante della Guardia di Finanza relativa all’accesso della documentazione bancaria del contribuente”.

Non può dunque disconoscersi, secondo la Corte, in accordo col generale principio di conservazione dell’attività amministrativa, la possibilità per una pubblica amministrazione di provvedere alla sanatoria di un atto illegittimo attraverso l’adozione di un atto che accordi legittimità all’operato della pubblica amministrazione, seppur in un momento successivo.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, Sentenza 23 aprile 2013, n. 13319)

È valido l’accertamento basato sugli estratti conto bancari rinvenuti dalla Guardia di Finanza durante un’ispezione non autorizzata nella residenza-studio del professionista se l’amministrazione provvede a sanare l’atto illegittimo attraverso l’adozione di un atto che ha lo scopo di riconoscere ex post la legittimità dell’operato della pubblica amministrazione. Lo ha stabilito la Cassazione - Sezione Tributaria.


È il caso di un libero professionista che riceve dall’Ufficio IVA di Roma un avviso di rettifica per la ripresa a tassazione del tributo IVA, dal momento che, dall’esame della movimentazione bancaria, è emerso un maggior reddito rispetto a quello dichiarato dal contribuente.

Il contribuente, contestando l’assenza dell’autorizzazione all’accesso presso il suo studio-residenza, propone dunque ricorso, che viene accolto, innanzi alla Commissione Tributaria di Roma. Viceversa, il ricorso in appello, presentato dall’Ufficio IVA, viene accolto dalla Commissione Tributaria del Lazio, secondo cui la mancanza di autorizzazione all’accesso presso la residenza-studio del professionista non inficia la validità dell’accertamento, posto che l’Ufficio IVA aveva proceduto sulla base di accertamenti bancari regolarmente autorizzati e dai quali era scaturito il successivo accertamento.

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sulla questione, afferma che la decisione impugnata è immune dal vizio ipotizzato dal momento che: “Il giudice tributario, ai fini della verifica della legittimità della pretesa fiscale, si è limitato ad utilizzare la documentazione bancaria relativa ai conti riferibili al contribuente ed ai suoi familiari che, seppur acquisita presso il contribuente, tuttavia non poteva dirsi travolta dalla mancata autorizzazione alla perquisizione domiciliare, proprio perché i verbalizzanti ebbero cura di acquisire, successivamente, l’autorizzazione del comandante della Guardia di Finanza relativa all’accesso della documentazione bancaria del contribuente”.

Non può dunque disconoscersi, secondo la Corte, in accordo col generale principio di conservazione dell’attività amministrativa, la possibilità per una pubblica amministrazione di provvedere alla sanatoria di un atto illegittimo attraverso l’adozione di un atto che accordi legittimità all’operato della pubblica amministrazione, seppur in un momento successivo.

(Corte di Cassazione - Sezione Tributaria Civile, Sentenza 23 aprile 2013, n. 13319)