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Consiglio di Stato: il solo limite di età costituisce un irragionevole diniego alla domanda di riammissione in servizio dopo le dimissioni volontarie

La sentenza in esame riguarda il caso di un dipendente della Polizia di Stato che dopo aver prestato servizio per vent’anni si dimette volontariamente e trascorso un breve lasso di tempo chiede ripetutamente la riammissione in servizio avvalendosi della disciplina dell’articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 335 che richiama appunto l’istituto della Riammissione in servizio dettato dall’articolo 132. Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1956 n. 3 (Testo Unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato).

Il lavoratore vede però rifiutarsi ogni istanza, ora tacitamente, ora senza una specifica motivazione, fino alla presentazione dell’ultima richiesta di riammissione in servizio prontamente respinta con una motivazione riguardante la sua età: il lavoratore, avendo superato i 40 anni di età, non può più essere riammesso in servizio.

L’ex dipendente giudica tale criterio “iniquo, irragionevole e in ultima analisi non rispondente all’interesse della stessa amministrazione” e lo impugna avanti il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio il quale, pur sostenendo la sussistenza di ampio potere decisionale in capo all’amministrazione datrice di lavoro, sostiene (con Sentenza numero 7276/2012) che: “l’avversato criterio di massima, che attribuisce al superamento dell’età di 40 anni l’efficacia di causa preclusiva a priori, appare in effetti viziato da grave irragionevolezza.”

Il Ministero dell’Interno, contestando tale decisione, propone appello avanti il Consiglio di Stato il quale conferma la sentenza di primo grado e, in particolare, sostiene che, se da un lato è vero che la riammissione in servizio non è un diritto dell’ex impiegato essendo connesso a un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione datrice di lavoro, dall’altro lato, nel momento in cui l’amministrazione decide di avvalersi di una motivazione specifica per il diniego, “si apre il varco al sindacato sull’eccesso di potere, se non altro in base al parametro della ragionevolezza.”.

Un criterio di massima che escluda a priori la riammissione di un ex dipendente “per il solo ed unico motivo che costui abbia superato l’età di 40 anni, senza collocare questo elemento nell’ambito di una valutazione complessiva estesa ad altri fattori”, quali, ad esempio, le motivazioni delle volontarie dimissioni, il lasso di tempo intercorso tra la cessazione dal servizio e la domanda di riammissione o la durata del precedente rapporto di lavoro, risulta secondo il Consiglio non accettabile sotto il profilo della ragionevolezza.

Il riferimento all’età, conclude il Consiglio, “non s’intende”, comunque, “espunto dai criteri di massima in senso assoluto, ma non può assumere la rilevanza di una causa ostativa a priori, dovendosi invece correlare ad altri fattori”.

(Consiglio di Stato - Sede Giurisdizionale - Sezione Terza, Sentenza 20 maggio 2013 n. 2701)

La sentenza in esame riguarda il caso di un dipendente della Polizia di Stato che dopo aver prestato servizio per vent’anni si dimette volontariamente e trascorso un breve lasso di tempo chiede ripetutamente la riammissione in servizio avvalendosi della disciplina dell’articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 aprile 1982 n. 335 che richiama appunto l’istituto della Riammissione in servizio dettato dall’articolo 132. Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1956 n. 3 (Testo Unico delle disposizioni concernenti lo Statuto degli impiegati civili dello Stato).


Il lavoratore vede però rifiutarsi ogni istanza, ora tacitamente, ora senza una specifica motivazione, fino alla presentazione dell’ultima richiesta di riammissione in servizio prontamente respinta con una motivazione riguardante la sua età: il lavoratore, avendo superato i 40 anni di età, non può più essere riammesso in servizio.

L’ex dipendente giudica tale criterio “iniquo, irragionevole e in ultima analisi non rispondente all’interesse della stessa amministrazione” e lo impugna avanti il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio il quale, pur sostenendo la sussistenza di ampio potere decisionale in capo all’amministrazione datrice di lavoro, sostiene (con Sentenza numero 7276/2012) che: “l’avversato criterio di massima, che attribuisce al superamento dell’età di 40 anni l’efficacia di causa preclusiva a priori, appare in effetti viziato da grave irragionevolezza.”

Il Ministero dell’Interno, contestando tale decisione, propone appello avanti il Consiglio di Stato il quale conferma la sentenza di primo grado e, in particolare, sostiene che, se da un lato è vero che la riammissione in servizio non è un diritto dell’ex impiegato essendo connesso a un potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione datrice di lavoro, dall’altro lato, nel momento in cui l’amministrazione decide di avvalersi di una motivazione specifica per il diniego, “si apre il varco al sindacato sull’eccesso di potere, se non altro in base al parametro della ragionevolezza.”.

Un criterio di massima che escluda a priori la riammissione di un ex dipendente “per il solo ed unico motivo che costui abbia superato l’età di 40 anni, senza collocare questo elemento nell’ambito di una valutazione complessiva estesa ad altri fattori”, quali, ad esempio, le motivazioni delle volontarie dimissioni, il lasso di tempo intercorso tra la cessazione dal servizio e la domanda di riammissione o la durata del precedente rapporto di lavoro, risulta secondo il Consiglio non accettabile sotto il profilo della ragionevolezza.

Il riferimento all’età, conclude il Consiglio, “non s’intende”, comunque, “espunto dai criteri di massima in senso assoluto, ma non può assumere la rilevanza di una causa ostativa a priori, dovendosi invece correlare ad altri fattori”.

(Consiglio di Stato - Sede Giurisdizionale - Sezione Terza, Sentenza 20 maggio 2013 n. 2701)