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Corte Costituzionale: no all’estensione retroattiva del privilegio per sanzioni e tributi erariali

I crediti dello Stato non hanno privilegio sui crediti di altri creditori per effetto di una legge retroattiva. È quanto ha deciso la Corte Costituzionale con la Sentenza 4 luglio 2013, n. 170.

In particolare, le norme sottoposte al vaglio di legittimità prevedevano il privilegio oltre che per le imposte anche per le sanzioni dovute in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi e si autodichiaravano applicabili anche ai crediti sorti anteriormente fino ad influire sullo stato passivo esecutivo già divenuto definitivo.

Secondo la Corte, la retroattività del privilegio del fisco altera i rapporti tra i creditori già accertati con un provvedimento del giudice consolidato dall’intervenuta preclusione processuale e, in particolare, contrasta con altri interessi e valori protetti dalla Costituzione tradendo l’affidamento del privato e ciò per favorire le pretese creditorie dello Stato rispetto alle concorrenti pretese dei privati. La Corte ha scelto dunque di tutelare questi ultimi, in virtù dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione e dei principi di cui all’articolo 6 della CEDU, posto che la graduatoria dei crediti nella procedura fallimentare non può essere modificata dal legislatore, a vantaggio del fisco, rovesciando le pronunce dei giudici.

Per scrupolo, si precisa che nel caso di specie il giudice delegato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Firenze aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2752, primo comma, del Codice Civile, in disposto combinato con l’articolo 23, commi 37 e 40, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione dell’articolo 3, primo e secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

(Corte Costituzionale, Sentenza 4 luglio 2013, n. 170)

I crediti dello Stato non hanno privilegio sui crediti di altri creditori per effetto di una legge retroattiva. È quanto ha deciso la Corte Costituzionale con la Sentenza 4 luglio 2013, n. 170.


In particolare, le norme sottoposte al vaglio di legittimità prevedevano il privilegio oltre che per le imposte anche per le sanzioni dovute in materia di imposta sul reddito delle persone fisiche, imposta sul reddito delle persone giuridiche, imposta sul reddito delle società, imposta regionale sulle attività produttive ed imposta locale sui redditi e si autodichiaravano applicabili anche ai crediti sorti anteriormente fino ad influire sullo stato passivo esecutivo già divenuto definitivo.

Secondo la Corte, la retroattività del privilegio del fisco altera i rapporti tra i creditori già accertati con un provvedimento del giudice consolidato dall’intervenuta preclusione processuale e, in particolare, contrasta con altri interessi e valori protetti dalla Costituzione tradendo l’affidamento del privato e ciò per favorire le pretese creditorie dello Stato rispetto alle concorrenti pretese dei privati. La Corte ha scelto dunque di tutelare questi ultimi, in virtù dei principi di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione e dei principi di cui all’articolo 6 della CEDU, posto che la graduatoria dei crediti nella procedura fallimentare non può essere modificata dal legislatore, a vantaggio del fisco, rovesciando le pronunce dei giudici.

Per scrupolo, si precisa che nel caso di specie il giudice delegato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Firenze aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2752, primo comma, del Codice Civile, in disposto combinato con l’articolo 23, commi 37 e 40, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione dell’articolo 3, primo e secondo comma e 117, primo comma, della Costituzione e dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

(Corte Costituzionale, Sentenza 4 luglio 2013, n. 170)