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Cassazione Penale: reato di rifiuto di atti d’ufficio se il medico rifiuta il ricovero del paziente

La Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del medico che, in presenza di una situazione di urgenza effettiva e reale, tale da rendere indifferibile l’intervento del sanitario, rifiuti di compiere l’attività fondamentale di accertamento delle condizioni fisiche, preliminare alla diagnosi.

Nel caso in esame, un medico del reparto di pronto soccorso di una struttura ospedaliera aveva rifiutato di visitare un paziente, in gravi condizioni di salute a seguito di incidente stradale, e di redigere il verbale di consulenza chirurgica per il ricovero, presso il reparto di chirurgia d’urgenza (il paziente era stato inviato al pronto soccorso dove operava il medico accusato, da un’altra struttura ospedaliera che richiedeva l’effettuazione di una TAC cerebrale).

Per tale condotta era dichiarato colpevole, in primo e secondo grado, del reato di cui all’articolo 328, comma 1, del Codice Penale (“Rifiuto di atti d’ufficio”) e condannato alla pena della reclusione non eseguita per applicazione della sospensione condizionale della stessa.

Avverso tale pronuncia, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, affermando che la sua condotta era da considerarsi esente da responsabilità in quanto conforme a prassi consolidate, della cui esistenza erano al corrente tutti i medici che avevano preso parte alla vicenda. Inoltre, sosteneva la responsabilità del medico “inviante” per tutte le complicazioni delle condizioni di salute del paziente successive al trasferimento dalla struttura “primaria”.

La Corte di legittimità ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Per i giudici di Cassazione, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che il paziente era giunto presso il pronto soccorso dove operava l’imputato in nuovo stato patologico che richiedeva un’attività diversa rispetto a quella che era stata richiesta dall’ospedale “primario”, determinando in tal modo la necessità di atti indifferibili a tutela della salute, che imponevano un intervento immediato da parte del medico di turno del pronto soccorso.

Il reato in questione, il rifiuto di atti d’ufficio, si configura “non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo. Ne discende che non tutte le omissioni di ricovero ospedaliero da parte del medico di turno integrano la su indicata fattispecie incriminatrice, ma soltanto quelle legate ad una situazione di indifferibilità, in cui l'urgenza del ricovero sia effettiva e reale, per il pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona, pericolo da valutare in base alle indicazioni fornite dall'esperienza medica, tenendo conto, ovviamente, delle peculiari caratteristiche e delle specificità di ogni singolo caso concreto”.

L’aver rifiutato di accertare le condizioni di salute del soggetto, in evidente stato di sofferenza, e l’aver di conseguenza ostacolato l’immediato ricovero non può considerarsi esente da responsabilità per il medico in quanto non integra un atto discrezionale ma si risolve in un indebito comportamento omissivo.

Per ultimo, è da considerarsi irrilevante, per esclusione della responsabilità dell’imputato, la generica contestazione della responsabilità dell’ente ospedaliero “inviante” e dei suoi dipendenti per le complicazioni delle condizioni di salute del paziente ricoverato in altra struttura, in virtù di disposizioni di legge e protocolli.

La Corte ha pertanto confermato la sentenza impugnata e la condanna inflitta al sanitario.

(Corte di Cassazione - Sesta Sezione Penale, Sentenza 5 novembre 2014, n. 45844)

La Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del medico che, in presenza di una situazione di urgenza effettiva e reale, tale da rendere indifferibile l’intervento del sanitario, rifiuti di compiere l’attività fondamentale di accertamento delle condizioni fisiche, preliminare alla diagnosi.

Nel caso in esame, un medico del reparto di pronto soccorso di una struttura ospedaliera aveva rifiutato di visitare un paziente, in gravi condizioni di salute a seguito di incidente stradale, e di redigere il verbale di consulenza chirurgica per il ricovero, presso il reparto di chirurgia d’urgenza (il paziente era stato inviato al pronto soccorso dove operava il medico accusato, da un’altra struttura ospedaliera che richiedeva l’effettuazione di una TAC cerebrale).

Per tale condotta era dichiarato colpevole, in primo e secondo grado, del reato di cui all’articolo 328, comma 1, del Codice Penale (“Rifiuto di atti d’ufficio”) e condannato alla pena della reclusione non eseguita per applicazione della sospensione condizionale della stessa.

Avverso tale pronuncia, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, affermando che la sua condotta era da considerarsi esente da responsabilità in quanto conforme a prassi consolidate, della cui esistenza erano al corrente tutti i medici che avevano preso parte alla vicenda. Inoltre, sosteneva la responsabilità del medico “inviante” per tutte le complicazioni delle condizioni di salute del paziente successive al trasferimento dalla struttura “primaria”.

La Corte di legittimità ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Per i giudici di Cassazione, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che il paziente era giunto presso il pronto soccorso dove operava l’imputato in nuovo stato patologico che richiedeva un’attività diversa rispetto a quella che era stata richiesta dall’ospedale “primario”, determinando in tal modo la necessità di atti indifferibili a tutela della salute, che imponevano un intervento immediato da parte del medico di turno del pronto soccorso.

Il reato in questione, il rifiuto di atti d’ufficio, si configura “non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, in modo tale che l’inerzia del pubblico ufficiale assuma la valenza del consapevole rifiuto dell’atto medesimo. Ne discende che non tutte le omissioni di ricovero ospedaliero da parte del medico di turno integrano la su indicata fattispecie incriminatrice, ma soltanto quelle legate ad una situazione di indifferibilità, in cui l'urgenza del ricovero sia effettiva e reale, per il pericolo di conseguenze dannose alla salute della persona, pericolo da valutare in base alle indicazioni fornite dall'esperienza medica, tenendo conto, ovviamente, delle peculiari caratteristiche e delle specificità di ogni singolo caso concreto”.

L’aver rifiutato di accertare le condizioni di salute del soggetto, in evidente stato di sofferenza, e l’aver di conseguenza ostacolato l’immediato ricovero non può considerarsi esente da responsabilità per il medico in quanto non integra un atto discrezionale ma si risolve in un indebito comportamento omissivo.

Per ultimo, è da considerarsi irrilevante, per esclusione della responsabilità dell’imputato, la generica contestazione della responsabilità dell’ente ospedaliero “inviante” e dei suoi dipendenti per le complicazioni delle condizioni di salute del paziente ricoverato in altra struttura, in virtù di disposizioni di legge e protocolli.

La Corte ha pertanto confermato la sentenza impugnata e la condanna inflitta al sanitario.

(Corte di Cassazione - Sesta Sezione Penale, Sentenza 5 novembre 2014, n. 45844)