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Tribunale di Milano: danno da nascita indesiderata

Danno da nascita “indesiderata”: sì al risarcimento se il medico sbaglia la prescrizione contraccettiva.

 

Così si è pronunciato il Tribunale di Milano nel giudizio promosso dai conviventi more uxorio che si erano rivolti al medico di base per ottenere la prescrizione di un anticoncezionale, in quanto le precarie condizioni economiche li facevano propendere per l’inopportunità di una nuova nascita in famiglia.

 

Il medico aveva prescritto l’uso di un cerotto transdermico alla richiedente al posto della “pillola”, metodo che si era rivelato non contraccettivo. La donna infatti scopriva di essere rimasta incinta, nonostante l’assunzione del farmaco prescritto, del quale non aveva letto il foglio illustrativo né le indicazioni terapeutiche. La coppia decideva di portare a termine la gravidanza “per ragioni ideologiche” e successivamente citava il medico per il risarcimento dei danni.

 

La difesa del medico eccepiva la possibilità di considerare la nascita di un bambino – perfettamente sano – quale voce di “danno” invocata dai genitori. Gli attori insistevano per la liquidazione del danno con riferimento allo spettro patrimoniale (il mantenimento del figlio indesiderato fino al raggiungimento della sua autonomia economica in condizioni di difficoltà familiare) e a quello non patrimoniale (il disagio comportato).

 

Secondo il Tribunale, il primo di questi aspetti non poteva certo essere sconosciuto al medico, così come l’onerosità del mantenimento di un eventuale figlio che avrebbe gravato sulla difficile situazione economica familiare. In merito al danno non patrimoniale, invece, il Tribunale, pur rilevando che la lesione del bene protetto attiene ad un diritto inviolabile riconosciuto a norma dell’articolo 2 della Costituzionale (…la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali), ha precisato che nel corso del giudizio non era stata data alcuna prova della sussistenza del danno non patrimoniale lamentato, quale interruzione o compromissione della vita familiare precedente la nascita (in conformità all’orientamento della Cassazione, secondo cui il danno non patrimoniale va sempre provato).

 

Il Tribunale non ha condannato il medico al risarcimento del “danno non patrimoniale”, ha invece reputato sussistente il danno patrimoniale, determinato nella misura di euro 400,00 mensili commisurati al mantenimento del figlio fino all’età di anni 20. La relazione della causa diretta con il danno lamentato è stata riscontrata dal Tribunale proprio nella “spesa ulteriore” per il mantenimento di un figlio che i genitori, in ottemperanza alla libertà Costituzionalmente garantita, avevano scelto e programmato di non affrontare.

 

In sostanza, secondo il Giudice del Tribunale di Milano, di una manchevolezza che non sia derivata da colpa lieve, pur non essendoci un vero contratto, risponde il medico a titolo di “contatto sociale”, ovvero per il solo essersi rivolto a lui (o alla struttura sanitaria) da parte del paziente, confidando nella sua professionalità e nelle sue capacità valutative; nel caso di specie, inoltre, l’attrice non era affatto tenuta, proprio per tale ragione, a leggere il foglio illustrativo, che pur avrebbe palesato come il medicinale prescritto non fosse un contraccettivo.

 

Si ricorda che sulla responsabilità del medico nei confronti dei genitori per la nascita di un figlio indesiderato si contano numerose pronunce, in particolare sulla natura del danno risarcibile, nelle ipotesi in cui il bambino nato sia malformato (c.d. “diritto a non nascere se non sano”) e in quelle in cui la nascita del bambino, pur sano, sia derivata da un’errata prescrizione anticoncezionale.

 

Tale conseguenza si pone nel solco della dibattuta questione sul diritto alla procreazione responsabile, cui titolari sono non solo la madre ma – come riconosciuto da tempo – anche il padre (si veda la sentenza n. 6735 del 10 maggio 2002, poi seguita da altre pronunce). Il danno che viene a configurarsi, quale corollario degli articoli 2 e 32 della Costituzione – l’uno attinente alla libertà personale di autodeterminazione e l’altro al diritto alla salute (così come alla libertà di disposizione del proprio corpo) – è conseguenza immediata e diretta in capo ad ambedue genitori, e nel caso di nascita di un bambino non sano si è giunti a riconoscerlo in capo al nascituro stesso.

 

(Tribunale di Milano - Sezione Prima Civile, G. U. Dott.ssa Anna Cattaneo, Sentenza 10 marzo 2014)

 

 

Danno da nascita “indesiderata”: sì al risarcimento se il medico sbaglia la prescrizione contraccettiva.

 

Così si è pronunciato il Tribunale di Milano nel giudizio promosso dai conviventi more uxorio che si erano rivolti al medico di base per ottenere la prescrizione di un anticoncezionale, in quanto le precarie condizioni economiche li facevano propendere per l’inopportunità di una nuova nascita in famiglia.

 

Il medico aveva prescritto l’uso di un cerotto transdermico alla richiedente al posto della “pillola”, metodo che si era rivelato non contraccettivo. La donna infatti scopriva di essere rimasta incinta, nonostante l’assunzione del farmaco prescritto, del quale non aveva letto il foglio illustrativo né le indicazioni terapeutiche. La coppia decideva di portare a termine la gravidanza “per ragioni ideologiche” e successivamente citava il medico per il risarcimento dei danni.

 

La difesa del medico eccepiva la possibilità di considerare la nascita di un bambino – perfettamente sano – quale voce di “danno” invocata dai genitori. Gli attori insistevano per la liquidazione del danno con riferimento allo spettro patrimoniale (il mantenimento del figlio indesiderato fino al raggiungimento della sua autonomia economica in condizioni di difficoltà familiare) e a quello non patrimoniale (il disagio comportato).

 

Secondo il Tribunale, il primo di questi aspetti non poteva certo essere sconosciuto al medico, così come l’onerosità del mantenimento di un eventuale figlio che avrebbe gravato sulla difficile situazione economica familiare. In merito al danno non patrimoniale, invece, il Tribunale, pur rilevando che la lesione del bene protetto attiene ad un diritto inviolabile riconosciuto a norma dell’articolo 2 della Costituzionale (…la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali), ha precisato che nel corso del giudizio non era stata data alcuna prova della sussistenza del danno non patrimoniale lamentato, quale interruzione o compromissione della vita familiare precedente la nascita (in conformità all’orientamento della Cassazione, secondo cui il danno non patrimoniale va sempre provato).

 

Il Tribunale non ha condannato il medico al risarcimento del “danno non patrimoniale”, ha invece reputato sussistente il danno patrimoniale, determinato nella misura di euro 400,00 mensili commisurati al mantenimento del figlio fino all’età di anni 20. La relazione della causa diretta con il danno lamentato è stata riscontrata dal Tribunale proprio nella “spesa ulteriore” per il mantenimento di un figlio che i genitori, in ottemperanza alla libertà Costituzionalmente garantita, avevano scelto e programmato di non affrontare.

 

In sostanza, secondo il Giudice del Tribunale di Milano, di una manchevolezza che non sia derivata da colpa lieve, pur non essendoci un vero contratto, risponde il medico a titolo di “contatto sociale”, ovvero per il solo essersi rivolto a lui (o alla struttura sanitaria) da parte del paziente, confidando nella sua professionalità e nelle sue capacità valutative; nel caso di specie, inoltre, l’attrice non era affatto tenuta, proprio per tale ragione, a leggere il foglio illustrativo, che pur avrebbe palesato come il medicinale prescritto non fosse un contraccettivo.

 

Si ricorda che sulla responsabilità del medico nei confronti dei genitori per la nascita di un figlio indesiderato si contano numerose pronunce, in particolare sulla natura del danno risarcibile, nelle ipotesi in cui il bambino nato sia malformato (c.d. “diritto a non nascere se non sano”) e in quelle in cui la nascita del bambino, pur sano, sia derivata da un’errata prescrizione anticoncezionale.

 

Tale conseguenza si pone nel solco della dibattuta questione sul diritto alla procreazione responsabile, cui titolari sono non solo la madre ma – come riconosciuto da tempo – anche il padre (si veda la sentenza n. 6735 del 10 maggio 2002, poi seguita da altre pronunce). Il danno che viene a configurarsi, quale corollario degli articoli 2 e 32 della Costituzione – l’uno attinente alla libertà personale di autodeterminazione e l’altro al diritto alla salute (così come alla libertà di disposizione del proprio corpo) – è conseguenza immediata e diretta in capo ad ambedue genitori, e nel caso di nascita di un bambino non sano si è giunti a riconoscerlo in capo al nascituro stesso.

 

(Tribunale di Milano - Sezione Prima Civile, G. U. Dott.ssa Anna Cattaneo, Sentenza 10 marzo 2014)