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Assegni - Cassazione Civile: responsabilità professionale del notaio per mancato tempestivo protesto di assegni

La Cassazione si è pronunciata in merito alla responsabilità professionale del notaio a causa del mancato tempestivo protesto di assegni.

La Banca chiamava in giudizio tre notai, prestanti servizio presso un unico studio, per non aver tempestivamente protestato alcuni assegni privi di fondi. I convenuti lamentavano di essere venuti tardivamente a conoscenza dei mancati tempestivi protesti in parola, essendo stati questi trattenuti dai dipendenti della Banca. Il Tribunale, in primo grado, condannava i tre notai al pagamento del valore degli assegni, a titolo risarcitorio, oltre a interessi e rivalutazione, nonché alle spese di lite.

Avverso tale decisione, i soccombenti proponevano gravame, a cui si opponevano la Banca e gli eredi dell’intestatario degli assegni, ormai deceduto.

La Corte di Appello di Palermo, discostandosi in parte dalla sentenza di primo grado, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta, condannava gli impiegati della Banca a tenere indenni gli appellanti in ordine al pagamento delle somme da versare in esecuzione della sentenza del Tribunale e regolava inoltre le spese di quel grado di giudizio.

I notai hanno proposto ricorso alla Cassazione, censurando in parte la sentenza impugnata. In particolare, con l’unico motivo di ricorso hanno sostenuto che il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere provato il danno subito dalla banca, laddove alcuna prova era stata fornita circa il pagamento effettuato ai vari istituti di credito delle somme indicate negli assegni protestati. Per i ricorrenti, inoltre, il difetto di adeguata e sufficiente motivazione in relazione all’esistenza del danno subito, si configurerebbe come danno presunto.

La Cassazione non ha accolto il ricorso dei notai.

In primo luogo, la Corte ha ritenuto “accertato l’omesso tempestivo protesto dei titoli in questione e quindi, la perdita dell’azione di regresso, nei confronti degli istituti di credito corrispondenti, volta ad ottenere l’ammontare degli assegni pagati”. Il danno, proseguono i giudici, è quindi collegato alla perdita dell’azione suddetta e le somme indicate degli assegni costituiscono la misura del danno liquidabile.

La Cassazione ha richiamato le disposizioni contenute nell’articolo 46 del Regio Decreto 21 dicembre 1933 n.1736 (disposizioni dell’assegno bancario, circolare e alcuni titoli speciali) secondo cui il protesto deve farsi prima che sia spirato il termine per la presentazione dell’assegno, termine che è pari a otto giorni se l’assegno è pagabile nello stesso Comune di emissione e di quindici giorni, se pagabile in altro Comune della Repubblica.

Inoltre, il portatore deve dare avviso al proprio girante e al traente del mancato pagamento entro i quattro giorni feriali successivi al giorno del protesto o della dichiarazione equivalente, attuando così un “meccanismo informativo che investe tutti i giranti menzionati nel titolo fino a risalire al traente”. Chi omette di dare tale avviso non decade dal regresso, ma è responsabile dei danni eventualmente cagionati nei limiti dell’ammontare dell’assegno bancario.

In forza di queste motivazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato la domanda, condannando i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 28 luglio 2015, n.15861)

La Cassazione si è pronunciata in merito alla responsabilità professionale del notaio a causa del mancato tempestivo protesto di assegni.

La Banca chiamava in giudizio tre notai, prestanti servizio presso un unico studio, per non aver tempestivamente protestato alcuni assegni privi di fondi. I convenuti lamentavano di essere venuti tardivamente a conoscenza dei mancati tempestivi protesti in parola, essendo stati questi trattenuti dai dipendenti della Banca. Il Tribunale, in primo grado, condannava i tre notai al pagamento del valore degli assegni, a titolo risarcitorio, oltre a interessi e rivalutazione, nonché alle spese di lite.

Avverso tale decisione, i soccombenti proponevano gravame, a cui si opponevano la Banca e gli eredi dell’intestatario degli assegni, ormai deceduto.

La Corte di Appello di Palermo, discostandosi in parte dalla sentenza di primo grado, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta, condannava gli impiegati della Banca a tenere indenni gli appellanti in ordine al pagamento delle somme da versare in esecuzione della sentenza del Tribunale e regolava inoltre le spese di quel grado di giudizio.

I notai hanno proposto ricorso alla Cassazione, censurando in parte la sentenza impugnata. In particolare, con l’unico motivo di ricorso hanno sostenuto che il giudice di merito avrebbe errato nel ritenere provato il danno subito dalla banca, laddove alcuna prova era stata fornita circa il pagamento effettuato ai vari istituti di credito delle somme indicate negli assegni protestati. Per i ricorrenti, inoltre, il difetto di adeguata e sufficiente motivazione in relazione all’esistenza del danno subito, si configurerebbe come danno presunto.

La Cassazione non ha accolto il ricorso dei notai.

In primo luogo, la Corte ha ritenuto “accertato l’omesso tempestivo protesto dei titoli in questione e quindi, la perdita dell’azione di regresso, nei confronti degli istituti di credito corrispondenti, volta ad ottenere l’ammontare degli assegni pagati”. Il danno, proseguono i giudici, è quindi collegato alla perdita dell’azione suddetta e le somme indicate degli assegni costituiscono la misura del danno liquidabile.

La Cassazione ha richiamato le disposizioni contenute nell’articolo 46 del Regio Decreto 21 dicembre 1933 n.1736 (disposizioni dell’assegno bancario, circolare e alcuni titoli speciali) secondo cui il protesto deve farsi prima che sia spirato il termine per la presentazione dell’assegno, termine che è pari a otto giorni se l’assegno è pagabile nello stesso Comune di emissione e di quindici giorni, se pagabile in altro Comune della Repubblica.

Inoltre, il portatore deve dare avviso al proprio girante e al traente del mancato pagamento entro i quattro giorni feriali successivi al giorno del protesto o della dichiarazione equivalente, attuando così un “meccanismo informativo che investe tutti i giranti menzionati nel titolo fino a risalire al traente”. Chi omette di dare tale avviso non decade dal regresso, ma è responsabile dei danni eventualmente cagionati nei limiti dell’ammontare dell’assegno bancario.

In forza di queste motivazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato la domanda, condannando i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 28 luglio 2015, n.15861)