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Cassazione Civile: la consapevolezza della vittima di dover morire a seguito di incidente stradale integra il risarcimento del c.d. “danno catastrofale” agli eredi

La Cassazione è ritornata sul tema del c.d. danno catastrofale ossia quel danno “morale” patito dalla vittima nel lasso di tempo intercorrente tra l’evento e la morte in cui la stessa assiste coscientemente allo spegnersi della propria vita.

Tale danno sofferto, come ritenuto da consolidato orientamento giurisprudenziale, entra nel patrimonio della vittima seppur per quel breve lasso di tempo e pertanto esso è ereditabile.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha dato rilevanza fondamentale, ai fini del risarcimento del danno catastrofale in favore degli eredi, alla coscienza della vittima ed alla sua lucidità mentale, tale da consentirgli di comprendere la gravità della situazione e l’evento morte imminente.

Ha così argomentato la Corte: “la paura di dover morire provata da chi abbia patito lesioni personali e si rende conto che esse saranno letali, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se la vittima sia stata in grado di comprendere che la propria fine era imminente, sicché, in difetto di tale consapevolezza non è nemmeno concepibile l’esistenza del danno in questione a nulla rilevando che la morte sopraggiunga in concreto per le lesioni”.

Inoltre, secondo la Corte: “in caso di morte della vittima a poche ore dal verificarsi del sinistro stradale, il risarcimento agli eredi del danno catastrofale può essere riconosciuto agli eredi, a titolo di danno morale, solo a condizione che sia entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte, con la conseguenza che, in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della persona nel breve intervallo tra il sinistro e la morte, la lesione del diritto alla vita non è suscettibile di risarcimento, neppure sotto il profilo del danno biologico, a favore del soggetto che è morto, essendo inconcepibile l’acquisizione in capo a lui di un diritto che deriva dal fatto stesso della morte”.

In forza delle riportate motivazioni, la Corte ha concluso: “d’altra parte, in considerazione della natura non sanzionatoria, ma solo riparatoria o consolatoria del risarcimento del danno civile, ai congiunti spetta in questo caso il solo risarcimento conseguente alla lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con la persona defunta”.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 19 giugno 2015, n.12722)

La Cassazione è ritornata sul tema del c.d. danno catastrofale ossia quel danno “morale” patito dalla vittima nel lasso di tempo intercorrente tra l’evento e la morte in cui la stessa assiste coscientemente allo spegnersi della propria vita.

Tale danno sofferto, come ritenuto da consolidato orientamento giurisprudenziale, entra nel patrimonio della vittima seppur per quel breve lasso di tempo e pertanto esso è ereditabile.

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ha dato rilevanza fondamentale, ai fini del risarcimento del danno catastrofale in favore degli eredi, alla coscienza della vittima ed alla sua lucidità mentale, tale da consentirgli di comprendere la gravità della situazione e l’evento morte imminente.

Ha così argomentato la Corte: “la paura di dover morire provata da chi abbia patito lesioni personali e si rende conto che esse saranno letali, è un danno non patrimoniale risarcibile soltanto se la vittima sia stata in grado di comprendere che la propria fine era imminente, sicché, in difetto di tale consapevolezza non è nemmeno concepibile l’esistenza del danno in questione a nulla rilevando che la morte sopraggiunga in concreto per le lesioni”.

Inoltre, secondo la Corte: “in caso di morte della vittima a poche ore dal verificarsi del sinistro stradale, il risarcimento agli eredi del danno catastrofale può essere riconosciuto agli eredi, a titolo di danno morale, solo a condizione che sia entrato a far parte del patrimonio della vittima al momento della morte, con la conseguenza che, in assenza di prova della sussistenza di uno stato di coscienza della persona nel breve intervallo tra il sinistro e la morte, la lesione del diritto alla vita non è suscettibile di risarcimento, neppure sotto il profilo del danno biologico, a favore del soggetto che è morto, essendo inconcepibile l’acquisizione in capo a lui di un diritto che deriva dal fatto stesso della morte”.

In forza delle riportate motivazioni, la Corte ha concluso: “d’altra parte, in considerazione della natura non sanzionatoria, ma solo riparatoria o consolatoria del risarcimento del danno civile, ai congiunti spetta in questo caso il solo risarcimento conseguente alla lesione della possibilità di godere del rapporto parentale con la persona defunta”.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 19 giugno 2015, n.12722)