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Cassazione Penale: il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati può richiedere il risarcimento del danno per l’avvocato minacciato

In questa recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’Ordine degli Avvocati può richiedere e ottenere il risarcimento del danno se un professionista riceve intimidazioni e minacce per l’esercizio della sua attività, in quanto questa è strettamente connessa al diritto di difesa, che gode di tutela costituzionale all’articolo 24.

Nel caso di specie, il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Napoli dichiarava due soggetti responsabili, in concorso tra loro, dell’omicidio di un terzo, in seguito ad un accordo stipulato con il reale mandante dell’omicidio di porto e detenzione dell’arma comune da sparo utilizzata per commettere l’omicidio; uno di questi, infine, dell’incendio dello studio professionale di un avvocato.

L’incendio, in particolare, aveva riguardato lo studio professionale dell’avvocato, ritenuto responsabile di aver creato problemi al mandante dell’omicidio compiuto dai due imputati, per alcuni abusi edilizi da questi realizzati sul terrazzo della sua abitazione: il legale in un procedimento penale aveva difeso un ufficiale di polizia giudiziaria, denunciato dal mandante dell’omicidio, per violenza privata commessa nel contesto dell’accertamento dei reati edilizi.

In relazione al rigetto della domanda risarcitoria presentata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, il giudice osservava che la legittimazione dell’ordine professionale sussisteva solo quando fosse derivato un danno patrimoniale, proprio di detto Ordine, e non quando si trattasse di difendere gli interessi morali della categoria. I danni patrimoniali subiti dal singolo professionista, in conseguenza di incarichi professionali ricevuti, non si riverberavano sull’ordine professionale cui lo stesso era iscritto.

La sentenza di primo grado è stata impugnata da più parti e, in particolare, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

Il difensore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli ha chiesto la condanna degli imputati al risarcimento dei danni, evidenziando che l’avvocato era stato vittima dell’azione incendiaria a scopo intimidatorio, per impedirgli l’esercizio del diritto di difesa. L’Ordine, in quanto organismo giuridico pubblico rappresentante dell’insieme degli avvocati di uno stesso Foro, era titolare, unitamente al singolo, del diritto di difesa e la lesione o messa in pericolo di tale diritto legittimava l’azione risarcitoria.

Con l’impugnata sentenza la Corte di assise di appello di Napoli rigettava tutti i gravami ad eccezione di quello del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, in accoglimento del quale condannava l’autore del reato al risarcimento dei danni in favore del predetto Ordine, da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva in proposito che il Consiglio era legittimato all’azione civile in quanto danneggiato dal reato. Il diritto all’esercizio della funzione difensiva andava riconosciuto anche all’Ordine di appartenenza in considerazione della natura pubblica dell’ente al quale il professionista era iscritto. Il comportamento illecito realizzato dall’imputato era stato diretto a limitare il diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto ed aveva pertanto leso anche l’Ordine di appartenenza del soggetto passivo del reato.

Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale di Napoli e l’imputato.

Il Procuratore generale deduceva che nel processo si era costituito il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, da ritenersi non legittimato in quanto la legittimazione all’esercizio dell’azione civile competeva all’Ordine professionale. Inoltre, in assenza di danno patrimoniale gli Ordini professionali non erano abilitati a costituirsi parte civile per la tutela di interessi morali della categoria.

La Corte di Cassazione ha ritenuto non censurabile la legittimazione dell’Ordine de quo a costituirsi parte civile per richiedere il risarcimento di un danno non patrimoniale dallo stesso subito. La giurisprudenza di legittimità, sul presupposto che danno ingiusto è quello che deriva dalla lesione di un interesse tutelato in via diretta ed immediata dall’ordinamento, e cioè dalla lesione di un diritto soggettivo, ha affermato che “è indubbio che anche il danneggiato del reato, a norma del combinato disposto dell’articolo 185 del Codice Penale, e articolo 74 del Codice di Procedura Penale, sia legittimato a proporre la azione civile nel processo penale per il risarcimento del danno da lui riportato, indipendentemente dalle azioni proposte o proponibili dalla persona offesa del reato, che restano autonome”.

Ha anche statuito che: “in una prospettiva notevolmente ampliativa dell’area del danno risarcibile, negli ultimi tempi si è affermata la tesi secondo cui l’articolo 2043 del Codice Civile, racchiude in sé una clausola generale di responsabilità e che ormai il danno ingiusto può identificarsi in un danno lesivo di una situazione soggettiva giuridicamente protetta, alla quale cioè l’ordinamento, a prescindere della qualificazione formale in termini di diritto soggettivo, ha attribuito rilevanza. Ad avviso del Collegio, la legittimazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ad intervenire in giudizio a tutela delle posizioni soggettive proprie deriva in via immediata dall’articolo 24 della Costituzione, che sancisce l’inviolabilità del diritto di difesa, cui si correla direttamente la libertà nell’esercizio del mandato difensivo del difensore: per l’ovvia ragione che un difensore minacciato o intimidito non può garantire la pienezza della difesa dell’assistito. La Legge n. 242 del 2012, sancisce il principio che “l’ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta .... b) garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti”. La libertà dei singoli avvocati è assicurata dagli Ordini di appartenenza e la lesione al diritto del singolo lede anche quello dell’organismo associativo”.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Penale, Sentenza 12 gennaio 2015, n. 864)

In questa recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’Ordine degli Avvocati può richiedere e ottenere il risarcimento del danno se un professionista riceve intimidazioni e minacce per l’esercizio della sua attività, in quanto questa è strettamente connessa al diritto di difesa, che gode di tutela costituzionale all’articolo 24.

Nel caso di specie, il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Napoli dichiarava due soggetti responsabili, in concorso tra loro, dell’omicidio di un terzo, in seguito ad un accordo stipulato con il reale mandante dell’omicidio di porto e detenzione dell’arma comune da sparo utilizzata per commettere l’omicidio; uno di questi, infine, dell’incendio dello studio professionale di un avvocato.

L’incendio, in particolare, aveva riguardato lo studio professionale dell’avvocato, ritenuto responsabile di aver creato problemi al mandante dell’omicidio compiuto dai due imputati, per alcuni abusi edilizi da questi realizzati sul terrazzo della sua abitazione: il legale in un procedimento penale aveva difeso un ufficiale di polizia giudiziaria, denunciato dal mandante dell’omicidio, per violenza privata commessa nel contesto dell’accertamento dei reati edilizi.

In relazione al rigetto della domanda risarcitoria presentata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, il giudice osservava che la legittimazione dell’ordine professionale sussisteva solo quando fosse derivato un danno patrimoniale, proprio di detto Ordine, e non quando si trattasse di difendere gli interessi morali della categoria. I danni patrimoniali subiti dal singolo professionista, in conseguenza di incarichi professionali ricevuti, non si riverberavano sull’ordine professionale cui lo stesso era iscritto.

La sentenza di primo grado è stata impugnata da più parti e, in particolare, dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.

Il difensore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli ha chiesto la condanna degli imputati al risarcimento dei danni, evidenziando che l’avvocato era stato vittima dell’azione incendiaria a scopo intimidatorio, per impedirgli l’esercizio del diritto di difesa. L’Ordine, in quanto organismo giuridico pubblico rappresentante dell’insieme degli avvocati di uno stesso Foro, era titolare, unitamente al singolo, del diritto di difesa e la lesione o messa in pericolo di tale diritto legittimava l’azione risarcitoria.

Con l’impugnata sentenza la Corte di assise di appello di Napoli rigettava tutti i gravami ad eccezione di quello del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, in accoglimento del quale condannava l’autore del reato al risarcimento dei danni in favore del predetto Ordine, da liquidarsi in separato giudizio. Riteneva in proposito che il Consiglio era legittimato all’azione civile in quanto danneggiato dal reato. Il diritto all’esercizio della funzione difensiva andava riconosciuto anche all’Ordine di appartenenza in considerazione della natura pubblica dell’ente al quale il professionista era iscritto. Il comportamento illecito realizzato dall’imputato era stato diretto a limitare il diritto di difesa costituzionalmente riconosciuto ed aveva pertanto leso anche l’Ordine di appartenenza del soggetto passivo del reato.

Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale di Napoli e l’imputato.

Il Procuratore generale deduceva che nel processo si era costituito il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, da ritenersi non legittimato in quanto la legittimazione all’esercizio dell’azione civile competeva all’Ordine professionale. Inoltre, in assenza di danno patrimoniale gli Ordini professionali non erano abilitati a costituirsi parte civile per la tutela di interessi morali della categoria.

La Corte di Cassazione ha ritenuto non censurabile la legittimazione dell’Ordine de quo a costituirsi parte civile per richiedere il risarcimento di un danno non patrimoniale dallo stesso subito. La giurisprudenza di legittimità, sul presupposto che danno ingiusto è quello che deriva dalla lesione di un interesse tutelato in via diretta ed immediata dall’ordinamento, e cioè dalla lesione di un diritto soggettivo, ha affermato che “è indubbio che anche il danneggiato del reato, a norma del combinato disposto dell’articolo 185 del Codice Penale, e articolo 74 del Codice di Procedura Penale, sia legittimato a proporre la azione civile nel processo penale per il risarcimento del danno da lui riportato, indipendentemente dalle azioni proposte o proponibili dalla persona offesa del reato, che restano autonome”.

Ha anche statuito che: “in una prospettiva notevolmente ampliativa dell’area del danno risarcibile, negli ultimi tempi si è affermata la tesi secondo cui l’articolo 2043 del Codice Civile, racchiude in sé una clausola generale di responsabilità e che ormai il danno ingiusto può identificarsi in un danno lesivo di una situazione soggettiva giuridicamente protetta, alla quale cioè l’ordinamento, a prescindere della qualificazione formale in termini di diritto soggettivo, ha attribuito rilevanza. Ad avviso del Collegio, la legittimazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ad intervenire in giudizio a tutela delle posizioni soggettive proprie deriva in via immediata dall’articolo 24 della Costituzione, che sancisce l’inviolabilità del diritto di difesa, cui si correla direttamente la libertà nell’esercizio del mandato difensivo del difensore: per l’ovvia ragione che un difensore minacciato o intimidito non può garantire la pienezza della difesa dell’assistito. La Legge n. 242 del 2012, sancisce il principio che “l’ordinamento forense, stante la specificità della funzione difensiva e in considerazione della primaria rilevanza giuridica e sociale dei diritti alla cui tutela essa è preposta .... b) garantisce l’indipendenza e l’autonomia degli avvocati, indispensabili condizioni dell’effettività della difesa e della tutela dei diritti”. La libertà dei singoli avvocati è assicurata dagli Ordini di appartenenza e la lesione al diritto del singolo lede anche quello dell’organismo associativo”.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Penale, Sentenza 12 gennaio 2015, n. 864)