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CEDU - Cassazione Penale: è ammissibile il ricorso alla corte EDU anche senza data, purché dotato di altri requisiti che lo rendano riconducibile al ricorrente

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo ai requisiti di ammissibilità del ricorso alla Corte EDU, specificando a tal proposito che non è indispensabile che venga riportata la data della presentazione del ricorso, essendo sufficiente il numero con cui il ricorso era stato protocollato.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che nel caso di specie è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un soggetto il quale aveva proposto ricorso di fronte alla Corte EDU asserendo di aver espiato la propria pena detentiva in istituti penitenziari in condizioni disumane, in totale contrasto coi principi espressi dall’articolo 27 Costituzione e dell’articolo 7 CEDU. Inoltre questi aveva chiesto di accertare la violazione dei suoi diritti di detenuto, chiedendo di ricevere una detrazione di pena pari ad un giorno per ogni dieci di detenzione. Presentava, dunque, ricorso alla corte EDU avendo cura di specificare il mese di presentazione del ricorso, ma non il giorno, essendo questa circostanza a lui non nota. Il ricorrente riportava inoltre il numero di protocollazione dell’atto.

Con decreto il magistrato di Sorveglianza di Torino aveva dichiarato inammissibile il reclamo, adducendo che la domanda, già pendente di fronte alla Corte dei Diritti dell’Uomo, mancava della data. Avverso lo stesso provvedimento il ricorrente proponeva ricorso, richiedendone l’annullamento, e specificando di aver inserito il numero di protocollazione dell’atto che permetteva comunque di risalire dalla data in cui questo era stato proposto.

La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La Corte ha sottolineato come il ricorso fosse stato presentato quando era già provvisoriamente in vigore il disposto dell’articolo 35-ter ordinamento penitenziario, così come disposto dal D.L. 26 giugno 2014, n.92. In particolare, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento dei rimedi risarcitori ad hoc a favore di detenuti ed internati che abbiano subito dei pregiudizi, come ad esempio la sottoposizione a detenzione in condizioni non conformi a quanto previsto dalla CEDU, consentendo loro di ricevere uno sgravio della pena ancora da scontare, ovvero una somma di denaro commisurata alla protrazione dell’esecuzione della pena carceraria in condizioni inidonee. La Cassazione ha inoltre fatto esplicito riferimento anche all’articolo 666 Codice Procedura Penale, comma 2, il quale prevede che contro il decreto d’inammissibilità sia proponibile ricorso per Cassazione. Pertanto, tenuto conto dell’impugnazione in esame, essa non va qualificata come reclamo e non va inoltrata al Tribunale di Sorveglianza.

In conclusione, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “È erroneo dichiarare inammissibile l’istanza per mancata specificazione della data del ricorso alla corte EDU. Nel caso di specie ricorre piuttosto una situazione di incompleta specificazione della data, […] mancando dunque i dati relativi a giorno e mese, ma tale carenza non pregiudica la possibilità di individuare la pratica pendente a nome del ricorrente, dal momento che tale operazione è comunque consentita dalla specificazione del numero della sua protocollazione e del codice a barre. […] Le contrarie determinazioni assunte dal giudice di merito non sono condivisibili perché limitatesi alla considerazione letterale della norma, non estesa al suo significato logico-giuridico e agli obiettivi dalla stessa perseguiti.” (Ci si riferisce all’art. 2, comma 3, del d.l. n.92/2014).

Dunque, accogliendo il ricorso, la Corte dispone l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Torino, il quale dovrà attenersi al principio di diritto espresso.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Penale, Sentenza 14 luglio 2015, n. 35840)

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione si è pronunciata riguardo ai requisiti di ammissibilità del ricorso alla Corte EDU, specificando a tal proposito che non è indispensabile che venga riportata la data della presentazione del ricorso, essendo sufficiente il numero con cui il ricorso era stato protocollato.

Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che nel caso di specie è stata chiamata a pronunciarsi sul caso di un soggetto il quale aveva proposto ricorso di fronte alla Corte EDU asserendo di aver espiato la propria pena detentiva in istituti penitenziari in condizioni disumane, in totale contrasto coi principi espressi dall’articolo 27 Costituzione e dell’articolo 7 CEDU. Inoltre questi aveva chiesto di accertare la violazione dei suoi diritti di detenuto, chiedendo di ricevere una detrazione di pena pari ad un giorno per ogni dieci di detenzione. Presentava, dunque, ricorso alla corte EDU avendo cura di specificare il mese di presentazione del ricorso, ma non il giorno, essendo questa circostanza a lui non nota. Il ricorrente riportava inoltre il numero di protocollazione dell’atto.

Con decreto il magistrato di Sorveglianza di Torino aveva dichiarato inammissibile il reclamo, adducendo che la domanda, già pendente di fronte alla Corte dei Diritti dell’Uomo, mancava della data. Avverso lo stesso provvedimento il ricorrente proponeva ricorso, richiedendone l’annullamento, e specificando di aver inserito il numero di protocollazione dell’atto che permetteva comunque di risalire dalla data in cui questo era stato proposto.

La Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La Corte ha sottolineato come il ricorso fosse stato presentato quando era già provvisoriamente in vigore il disposto dell’articolo 35-ter ordinamento penitenziario, così come disposto dal D.L. 26 giugno 2014, n.92. In particolare, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento dei rimedi risarcitori ad hoc a favore di detenuti ed internati che abbiano subito dei pregiudizi, come ad esempio la sottoposizione a detenzione in condizioni non conformi a quanto previsto dalla CEDU, consentendo loro di ricevere uno sgravio della pena ancora da scontare, ovvero una somma di denaro commisurata alla protrazione dell’esecuzione della pena carceraria in condizioni inidonee. La Cassazione ha inoltre fatto esplicito riferimento anche all’articolo 666 Codice Procedura Penale, comma 2, il quale prevede che contro il decreto d’inammissibilità sia proponibile ricorso per Cassazione. Pertanto, tenuto conto dell’impugnazione in esame, essa non va qualificata come reclamo e non va inoltrata al Tribunale di Sorveglianza.

In conclusione, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “È erroneo dichiarare inammissibile l’istanza per mancata specificazione della data del ricorso alla corte EDU. Nel caso di specie ricorre piuttosto una situazione di incompleta specificazione della data, […] mancando dunque i dati relativi a giorno e mese, ma tale carenza non pregiudica la possibilità di individuare la pratica pendente a nome del ricorrente, dal momento che tale operazione è comunque consentita dalla specificazione del numero della sua protocollazione e del codice a barre. […] Le contrarie determinazioni assunte dal giudice di merito non sono condivisibili perché limitatesi alla considerazione letterale della norma, non estesa al suo significato logico-giuridico e agli obiettivi dalla stessa perseguiti.” (Ci si riferisce all’art. 2, comma 3, del d.l. n.92/2014).

Dunque, accogliendo il ricorso, la Corte dispone l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza di Torino, il quale dovrà attenersi al principio di diritto espresso.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Penale, Sentenza 14 luglio 2015, n. 35840)