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Concorsi - Tribunale UE: è discriminatorio il trilinguismo nella selezione dei funzionari UE

Con la sentenza in disamina, il Tribunale dell’Unione Europeo ha affermato che, nell’ambito di selezione dei funzionari Ue, è discriminatoria l’esclusione di candidati italiani, spagnoli o di altra origine europea che non soddisfano il requisito del possesso dell’inglese, francese o tedesco come seconda lingua o lingua base.

Nel caso di specie, i governi di Roma e Madrid avevano impugnato i bandi di concorso pubblicati nella Gazzetta dell’Unione Europea tra il 2012 e il 2013 per l’assunzione di funzionari e agenti immediatamente operativi. Denunciavano in particolar modo il carattere discriminatorio dell’uso del trilinguismo nei processi di selezione del personale. Sottolineavano inoltre che “ogni cittadino europeo debba poter dialogare entro i confini dell’Unione Europea e con l’istituzione centrale nella propria lingua madre”.

Il Tribunale comunitario ha affermato che “un obbligo siffatto consente di avvantaggiare alcuni candidati potenziali, in quanto costoro possono partecipare al concorso ed essere assunti come funzionari e agenti dell’Unione, mentre gli altri, che tale conoscenza non possiedono, sono esclusi”. Né potrebbe essere tollerato un simile metro di valutazione anche alla luce del fatto che la Commissione non ha dato prova circa la sussistenza di un reale interesse sotteso a tale prerequisito linguistico.

Inoltre, i giudici comunitari hanno richiamato il regolamento che stabilisce il regime linguistico della comunità europea nonché il principio di proporzionalità per giungere a ribadire che le lingue ufficialmente riconosciute dei Paesi Membri godono tutte di pari dignità e pari trattamento.

Sulla base delle argomentazioni sopra esposte, il Tribunale dell’Unione Europea ha dunque annullato i bandi di concorso controversi, pronunciandosi a favore di Italia e Spagna e ha garantito conseguentemente la possibilità di inviare la propria candidatura e di dialogare con le istituzioni in lingua madre senza subire penalizzazioni. 

(Tribunale dell’Unione europea - Ottava Sezione, Sentenza 24 settembre 2015, T-124/13 e T-191/13)  

Con la sentenza in disamina, il Tribunale dell’Unione Europeo ha affermato che, nell’ambito di selezione dei funzionari Ue, è discriminatoria l’esclusione di candidati italiani, spagnoli o di altra origine europea che non soddisfano il requisito del possesso dell’inglese, francese o tedesco come seconda lingua o lingua base.

Nel caso di specie, i governi di Roma e Madrid avevano impugnato i bandi di concorso pubblicati nella Gazzetta dell’Unione Europea tra il 2012 e il 2013 per l’assunzione di funzionari e agenti immediatamente operativi. Denunciavano in particolar modo il carattere discriminatorio dell’uso del trilinguismo nei processi di selezione del personale. Sottolineavano inoltre che “ogni cittadino europeo debba poter dialogare entro i confini dell’Unione Europea e con l’istituzione centrale nella propria lingua madre”.

Il Tribunale comunitario ha affermato che “un obbligo siffatto consente di avvantaggiare alcuni candidati potenziali, in quanto costoro possono partecipare al concorso ed essere assunti come funzionari e agenti dell’Unione, mentre gli altri, che tale conoscenza non possiedono, sono esclusi”. Né potrebbe essere tollerato un simile metro di valutazione anche alla luce del fatto che la Commissione non ha dato prova circa la sussistenza di un reale interesse sotteso a tale prerequisito linguistico.

Inoltre, i giudici comunitari hanno richiamato il regolamento che stabilisce il regime linguistico della comunità europea nonché il principio di proporzionalità per giungere a ribadire che le lingue ufficialmente riconosciute dei Paesi Membri godono tutte di pari dignità e pari trattamento.

Sulla base delle argomentazioni sopra esposte, il Tribunale dell’Unione Europea ha dunque annullato i bandi di concorso controversi, pronunciandosi a favore di Italia e Spagna e ha garantito conseguentemente la possibilità di inviare la propria candidatura e di dialogare con le istituzioni in lingua madre senza subire penalizzazioni. 

(Tribunale dell’Unione europea - Ottava Sezione, Sentenza 24 settembre 2015, T-124/13 e T-191/13)