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Consiglio di Stato: la email “privata” richiamata in atti pubblici è da considerarsi atto amministrativo suscettibile di richiesta di accesso agli atti

Con la Sentenza n. 1113 del 5.3.2015 la sesta sezione del Consiglio di Stato ha conferito valenza di “atto amministrativo” suscettibile di richiesta di accesso agli atti secondo gli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990 ai contenuti inviati a mezzo mail indirizzati ad un funzionario pubblico qualora di essa se ne faccia menzione in atti pubblici.

Nel caso in esame la questione posta all’esame della Sezione atteneva alla legittimità del rifiuto di accesso opposto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in relazione al contenuto di una e-mail che un soggetto aveva indirizzato al Presidente dell’Istituto per segnalare alcuni episodi relativi all’attività lavorativa svolta dalla ricorrente.

Di detta segnalazione se ne dava atto in un verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto pur tuttavia senza specificare l’autore ed altri elementi specifici. Alla richiesta di accesso “alla mail” seguiva il rifiuto da parte dell’Istituto impugnato dalla ricorrente innanzi al Tar-Catania che condannava l’Istituto a mostrare gli atti oggetto della richiesta.

Seguiva impugnazione della sentenza innanzi al Consiglio di Stato ad opera dell’Istituto che adduceva l’erroneità della sentenza di primo grado per avere consentito l’accesso al contenuto di una corrispondenza privata come risulterebbe dalle circostanza che l’email: i) sarebbe stata inviata all’indirizzo personale del Presidente e all’indirizzo istituzionale ad accesso esclusivo del Presidente stesso; ii) non sarebbe stata protocollata; iii) avrebbe un “tono confidenziale”.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, in conformità alla pronuncia del Giudice di primo grado alla luce dei principi espressi dall’articolo 24 della Legge  statuiva che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” e che nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e, in presenza di situazioni giuridiche di pari rango, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

In seguito ha ricordato che deve intendersi per “documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Secondo il Consiglio di Stato, nel caso specifico, il contenuto dell’e-mail non può ritenersi corrispondenza privata, in quanto il Presidente ha provveduto a rendere edotti gli uffici dell’amministrazione dell’esistenza di tale informativa. Così facendo ha reso egli stesso di rilevanza pubblica il documento. Non è un caso che la parte privata è venuta a conoscenza dell’esistenza dell’e-mail perché il responsabile del procedimento, nell’atto di diniego dell’accesso, ha fatto ad essa riferimento mediante il rinvio all’«allegato 5». Si trattava dunque di un documento ormai detenuto dall’amministrazione. La tesi dell’Istituto appellante sarebbe stata corretta se il Presidente avesse mantenuto in “forma privata” la corrispondenza ricevuta, assegnandole valenza non rilevante ai fini dell’attività istituzionale dell’ente.

In definitiva, deve ritenersi che, per le ragioni esposte, la particolarità della fattispecie concreta assegna valenza di documento all’e-mail inviata al Presidente dell’Istituto che, richiamandola seppur per sommi capi in un atto pubblico. In sostanza - sorgendo esigenze di difesa verso alcuni - ammetteva che in tal caso la e-mail è suscettibile di richiesta di accesso.

Secondo il Consiglio di Stato non rileva la tutela della riservatezza dell’autore dell’e-mail qualora la parte appellata ha dimostrato che la conoscenza del suo contenuto e del nome del mittente è necessaria ai fini sia della difesa nell’ambito del giudizio relativo al conferimento dell’incarico sia, soprattutto, per potere agire in giudizio ai fini della tutela del proprio onore e della propria reputazione professionale.

(Consiglio di Stato - Sezione Sesta, Sentenza 5 marzo 2015, n.1113)

Con la Sentenza n. 1113 del 5.3.2015 la sesta sezione del Consiglio di Stato ha conferito valenza di “atto amministrativo” suscettibile di richiesta di accesso agli atti secondo gli articoli 22 e seguenti della Legge n. 241/1990 ai contenuti inviati a mezzo mail indirizzati ad un funzionario pubblico qualora di essa se ne faccia menzione in atti pubblici.

Nel caso in esame la questione posta all’esame della Sezione atteneva alla legittimità del rifiuto di accesso opposto dall’Istituto Nazionale di Astrofisica in relazione al contenuto di una e-mail che un soggetto aveva indirizzato al Presidente dell’Istituto per segnalare alcuni episodi relativi all’attività lavorativa svolta dalla ricorrente.

Di detta segnalazione se ne dava atto in un verbale del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto pur tuttavia senza specificare l’autore ed altri elementi specifici. Alla richiesta di accesso “alla mail” seguiva il rifiuto da parte dell’Istituto impugnato dalla ricorrente innanzi al Tar-Catania che condannava l’Istituto a mostrare gli atti oggetto della richiesta.

Seguiva impugnazione della sentenza innanzi al Consiglio di Stato ad opera dell’Istituto che adduceva l’erroneità della sentenza di primo grado per avere consentito l’accesso al contenuto di una corrispondenza privata come risulterebbe dalle circostanza che l’email: i) sarebbe stata inviata all’indirizzo personale del Presidente e all’indirizzo istituzionale ad accesso esclusivo del Presidente stesso; ii) non sarebbe stata protocollata; iii) avrebbe un “tono confidenziale”.

La Sesta Sezione del Consiglio di Stato, in conformità alla pronuncia del Giudice di primo grado alla luce dei principi espressi dall’articolo 24 della Legge  statuiva che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici” e che nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e, in presenza di situazioni giuridiche di pari rango, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale.

In seguito ha ricordato che deve intendersi per “documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”.

Secondo il Consiglio di Stato, nel caso specifico, il contenuto dell’e-mail non può ritenersi corrispondenza privata, in quanto il Presidente ha provveduto a rendere edotti gli uffici dell’amministrazione dell’esistenza di tale informativa. Così facendo ha reso egli stesso di rilevanza pubblica il documento. Non è un caso che la parte privata è venuta a conoscenza dell’esistenza dell’e-mail perché il responsabile del procedimento, nell’atto di diniego dell’accesso, ha fatto ad essa riferimento mediante il rinvio all’«allegato 5». Si trattava dunque di un documento ormai detenuto dall’amministrazione. La tesi dell’Istituto appellante sarebbe stata corretta se il Presidente avesse mantenuto in “forma privata” la corrispondenza ricevuta, assegnandole valenza non rilevante ai fini dell’attività istituzionale dell’ente.

In definitiva, deve ritenersi che, per le ragioni esposte, la particolarità della fattispecie concreta assegna valenza di documento all’e-mail inviata al Presidente dell’Istituto che, richiamandola seppur per sommi capi in un atto pubblico. In sostanza - sorgendo esigenze di difesa verso alcuni - ammetteva che in tal caso la e-mail è suscettibile di richiesta di accesso.

Secondo il Consiglio di Stato non rileva la tutela della riservatezza dell’autore dell’e-mail qualora la parte appellata ha dimostrato che la conoscenza del suo contenuto e del nome del mittente è necessaria ai fini sia della difesa nell’ambito del giudizio relativo al conferimento dell’incarico sia, soprattutto, per potere agire in giudizio ai fini della tutela del proprio onore e della propria reputazione professionale.

(Consiglio di Stato - Sezione Sesta, Sentenza 5 marzo 2015, n.1113)