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Risarcimento - Cassazione Civile: è insuscettibile di reintegrazione patrimoniale per equivalente il bene giuridico vita

Con la sentenza in esame la Cassazione Civile ha stabilito che il bene giuridico “vita” costituisce un bene autonomo fruibile solo in natura da parte del titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente. Per rappresentare un danno risarcibile è necessario che la perdita del bene “vita” sia rapportata a un soggetto legittimato a far valere il credito risarcitorio. Nel caso di specie l’irrisarcibilità deriva dall’assenza di un soggetto al quale sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito un relativo credito.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Suprema Corte chiamate a decidere sulla richiesta degli eredi di un soggetto morto a causa di un incidente stradale di risarcire il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito.

Nel caso in esame i ricorrenti, eredi della vittima, domandavano il risarcimento del danno non patrimonialesostenendo la tesi secondo cui non esiste una distinzione netta fra il bene “salute” e il bene “vita”, entrambi tutelati dalla Carta Costituzionale. La tesi è rigettata dai giudici della Corte d’appello di Torino, che, in conformità alla sentenza del Tribunale, hanno sostenuto che gli eredi possono ottenere solo il risarcimento del danno per la lesione del diritto alla salute della vittima. Non è possibile ottenere il risarcimento per la lesione del bene vita a causa della morte del soggetto, che può ricevere tutela solo in sede penale.

Allo stesso modo la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha confermato l’assenza, nel caso di specie, di un soggetto al quale sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito. Le Sezioni Unite hanno statuito che possono essere risarcite solo le perdite derivanti dalla violazione del diritto alla salute che si verificano a causa delle lesioni, nel periodo intercorrente tra le lesioni e la morte. La Corte ha inoltre rilevato come il bene giuridico “vita” non sia solamente oggetto di un diritto del titolare, insuscettibile di tutela per il venir meno del soggetto nel momento in cui sorgerebbe il credito risarcitorio; al contrario, il bene giuridico “vita” è considerato come meritevole di tutela nell’interesse della collettività. Questo rilievo impone la previsione di una sanzione penale che soddisfi le esigenze punitive ma non impone il riconoscimento della tutela risarcitoria di un interesse generale.

In forza delle suddette motivazioni, la Corte di Cassazione, in conformità con le sentenze di merito, ha pertanto rigettato il ricorso degli eredi del de cuius e dichiarato che: “nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni non può essere invocato un diritto al risarcimento del danno iure hereditatis.[...] L’irrisarcibilità deriva dall’assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito, ovvero dalla mancanza di utilità di uno spazio vita brevissimo”. 

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite, Sentenza 22 luglio 2015, n.15350)

Con la sentenza in esame la Cassazione Civile ha stabilito che il bene giuridico “vita” costituisce un bene autonomo fruibile solo in natura da parte del titolare e insuscettibile di essere reintegrato per equivalente. Per rappresentare un danno risarcibile è necessario che la perdita del bene “vita” sia rapportata a un soggetto legittimato a far valere il credito risarcitorio. Nel caso di specie l’irrisarcibilità deriva dall’assenza di un soggetto al quale sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito un relativo credito.

Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Suprema Corte chiamate a decidere sulla richiesta degli eredi di un soggetto morto a causa di un incidente stradale di risarcire il danno da perdita della vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito.

Nel caso in esame i ricorrenti, eredi della vittima, domandavano il risarcimento del danno non patrimonialesostenendo la tesi secondo cui non esiste una distinzione netta fra il bene “salute” e il bene “vita”, entrambi tutelati dalla Carta Costituzionale. La tesi è rigettata dai giudici della Corte d’appello di Torino, che, in conformità alla sentenza del Tribunale, hanno sostenuto che gli eredi possono ottenere solo il risarcimento del danno per la lesione del diritto alla salute della vittima. Non è possibile ottenere il risarcimento per la lesione del bene vita a causa della morte del soggetto, che può ricevere tutela solo in sede penale.

Allo stesso modo la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha confermato l’assenza, nel caso di specie, di un soggetto al quale sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito. Le Sezioni Unite hanno statuito che possono essere risarcite solo le perdite derivanti dalla violazione del diritto alla salute che si verificano a causa delle lesioni, nel periodo intercorrente tra le lesioni e la morte. La Corte ha inoltre rilevato come il bene giuridico “vita” non sia solamente oggetto di un diritto del titolare, insuscettibile di tutela per il venir meno del soggetto nel momento in cui sorgerebbe il credito risarcitorio; al contrario, il bene giuridico “vita” è considerato come meritevole di tutela nell’interesse della collettività. Questo rilievo impone la previsione di una sanzione penale che soddisfi le esigenze punitive ma non impone il riconoscimento della tutela risarcitoria di un interesse generale.

In forza delle suddette motivazioni, la Corte di Cassazione, in conformità con le sentenze di merito, ha pertanto rigettato il ricorso degli eredi del de cuius e dichiarato che: “nel caso di morte immediata o che segua entro brevissimo lasso di tempo alle lesioni non può essere invocato un diritto al risarcimento del danno iure hereditatis.[...] L’irrisarcibilità deriva dall’assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito, ovvero dalla mancanza di utilità di uno spazio vita brevissimo”. 

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite, Sentenza 22 luglio 2015, n.15350)