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Ambiente: il Ministero dell’Ambiente conferma l’end of waste “caso per caso”

Con nota prot. 10045 del 1° luglio 2016 la Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha chiarito che le autorizzazioni al recupero dei rifiuti in regime ordinario possono stabilire criteri per la “cessazione della qualifica di rifiuto” specifici per il singolo impianto (end of waste “caso per caso”), con il solo limite del rispetto delle eventuali normative europee o nazionali di portata generale applicabili.

Ciò vale sia per le autorizzazioni “uniche” rilasciate ai sensi dell’art. 208, d. lgs. 152/2006 (cosiddetto “Codice dell’ambiente”), sia per le autorizzazioni al recupero di rifiuti sostituite – cioè, di fatto, “assorbite” – dalla autorizzazione integrata ambientale (AIA).

La nota ministeriale si basa su argomentazioni condivisibili e coerenti con i principi dell’“economia circolare” (ribaditi, da ultimo, dalla Comunicazione della Commissione Europea del 2 dicembre 2015, intitolata “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare”) e con gli obiettivi di riciclaggio e recupero. Argomentazioni peraltro già desumibili dalla normativa vigente (in particolare, dall’art. 184-ter, comma 3, d. lgs. 152/2006, il quale a propria volta richiama l’art. 9-bis, lett. a, d.l. 172/2008, inserito dalla legge di conversione 210/2008) e dalle stesse linee-guida sulla direttiva 2008/98/CE (European Commission – DG Environment, Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, June 2012).

La nota ministeriale, indirizzata a tutte le Regioni e Province autonome, distingue opportunamente la disciplina applicabile in materia di end of waste agli impianti di recupero di rifiuti in regime semplificato (incentrata sugli articoli 214 e 216, d. lgs. 152/2006) rispetto a quello riguardante gli impianti in regime ordinario, e contribuisce così a risolvere problematiche interpretative sollevate da diverse amministrazioni locali nell’ambito di procedimenti autorizzativi.

Ora non dovrebbero perciò esservi più dubbi sul fatto che le autorità competenti (molto spesso si tratta delle Province), in sede di rilascio di autorizzazioni in regime ordinario (o AIA) possano, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, individuare “caso per caso”, in particolare, le specifiche caratteristiche qualitative e merceologiche da ottenere per poter qualificare giuridicamente i materiali in uscita dal ciclo di trattamento come “end of waste” (cioè, come rifiuti che hanno cessato di essere tali ed entrano così a tutti gli effetti nel circuito dei prodotti), in ciò anche rifacendosi, ove possibile, a norme tecniche di settore, quand’anche non espressamente richiamate da alcuna norma giuridica (come invece avveniva – e continua ad avvenire – per le operazioni di recupero autorizzate in regime semplificato).

(Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Nota prot. 10045, 1 luglio 2016)

Con nota prot. 10045 del 1° luglio 2016 la Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha chiarito che le autorizzazioni al recupero dei rifiuti in regime ordinario possono stabilire criteri per la “cessazione della qualifica di rifiuto” specifici per il singolo impianto (end of waste “caso per caso”), con il solo limite del rispetto delle eventuali normative europee o nazionali di portata generale applicabili.

Ciò vale sia per le autorizzazioni “uniche” rilasciate ai sensi dell’art. 208, d. lgs. 152/2006 (cosiddetto “Codice dell’ambiente”), sia per le autorizzazioni al recupero di rifiuti sostituite – cioè, di fatto, “assorbite” – dalla autorizzazione integrata ambientale (AIA).

La nota ministeriale si basa su argomentazioni condivisibili e coerenti con i principi dell’“economia circolare” (ribaditi, da ultimo, dalla Comunicazione della Commissione Europea del 2 dicembre 2015, intitolata “L’anello mancante: un piano d’azione europeo per l’economia circolare”) e con gli obiettivi di riciclaggio e recupero. Argomentazioni peraltro già desumibili dalla normativa vigente (in particolare, dall’art. 184-ter, comma 3, d. lgs. 152/2006, il quale a propria volta richiama l’art. 9-bis, lett. a, d.l. 172/2008, inserito dalla legge di conversione 210/2008) e dalle stesse linee-guida sulla direttiva 2008/98/CE (European Commission – DG Environment, Guidance on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste, June 2012).

La nota ministeriale, indirizzata a tutte le Regioni e Province autonome, distingue opportunamente la disciplina applicabile in materia di end of waste agli impianti di recupero di rifiuti in regime semplificato (incentrata sugli articoli 214 e 216, d. lgs. 152/2006) rispetto a quello riguardante gli impianti in regime ordinario, e contribuisce così a risolvere problematiche interpretative sollevate da diverse amministrazioni locali nell’ambito di procedimenti autorizzativi.

Ora non dovrebbero perciò esservi più dubbi sul fatto che le autorità competenti (molto spesso si tratta delle Province), in sede di rilascio di autorizzazioni in regime ordinario (o AIA) possano, nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, individuare “caso per caso”, in particolare, le specifiche caratteristiche qualitative e merceologiche da ottenere per poter qualificare giuridicamente i materiali in uscita dal ciclo di trattamento come “end of waste” (cioè, come rifiuti che hanno cessato di essere tali ed entrano così a tutti gli effetti nel circuito dei prodotti), in ciò anche rifacendosi, ove possibile, a norme tecniche di settore, quand’anche non espressamente richiamate da alcuna norma giuridica (come invece avveniva – e continua ad avvenire – per le operazioni di recupero autorizzate in regime semplificato).

(Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Nota prot. 10045, 1 luglio 2016)