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Corte di Cassazione: compravendita notebook e licenza d’uso del sistema operativo integrato sono questioni diverse

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un caso che vede protagonisti la nota casa produttrice di hardware HP (Helwett Packard) e l’acquirente finale di un notebook prodotto e commercializzato dalla stessa società.  

Il tema della sentenza verte sulla messa in vendita del notebook, da parte HP, unitamente al software “Windows Vista Home premium” e sulla conseguente facoltà dell’utente finale di poter scegliere se utilizzare detto sistema operativo – accettando o meno la licenza End-User License Agreement (EULA) alla prima accensione del notebook – senza dover necessariamente rinunciare all’acquisto dell’hardware.

La sentenza è senz’altro di ampia portata e si pone sulla scia della prima pronuncia di legittimità, a livello nazionale, su tale materia (Cassazione Civile Terza Sezione 19161/2014). Nel 2014, infatti, in un caso del tutto analogo a quello di specie (avente la stessa HP come convenuta in giudizio), la Cassazione aveva ritenuto che l’acquisto di un notebook non obbliga ad accettare il sistema operativo preinstallato e qualora l’acquirente, all’avvio dell’hardware, manifesti il suo rifiuto alla licenza d’uso del predetto sistema e del suo software applicativo, il mancato consenso si ripercuote unicamente sul contratto di licenza d’uso e non sul negozio di compravendita del computer (…). Ne consegue che – in assenza di una volontà di entrambe le parti alla conclusione di un negozio unitario – l’acquirente del notebook, qualora non aderisca alle condizioni predisposte unilateralmente (…) rifiuta il perfezionamento del contratto di licenza d’uso, senza che ciò incida sulla già perfezionata compravendita di computer.

Nel caso più recente, la decisione della Corte trova fondamento in una clausola della licenza software dal seguente tenore: “Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l’installatore per conoscere le modalità di restituzione allo scopo di ottenere il rimborso del prezzo”   

Sul solco della citata pronuncia, la Suprema Corte, ribadendo la scindibilità del negozio di compravendita dell’hardware da quello di licenza d’uso del software, ha ritenuto che l’inserimento delle condizioni di licenza d’uso dei software Microsoft nei notebook di HP, comporta l’insorgere, in capo a quest’ultima, dell’obbligo di effettuare la prestazione contemplata nella citata clausola (restituzione e rimborso) nei confronti degli acquirenti dei prodotti dove risulta preinstallato il sistema operativo.

In sostanza, la Suprema Corte accoglie quanto affermato dal giudice di secondo grado, che ha individuato negli accordi intercorsi tra HP e Microsoft, un vero e proprio contratto a favore di terzo, ai sensi dell’articolo 1411 c.c. e seguenti. Correttamente, infatti, il Tribunale di Catania ha ritenuto che l’obbligazione del produttore HP nei confronti del compratore di computer portatili da essa prodotti ed immessi sul mercato unitamente ai software di Microsoft ivi preinstallati – trova – la sua fonte nell'accordo esistente tra il produttore dei software, titolare delle relative licenze (Microsoft) ed il produttore dell'hardware (HP), che commercializza i suoi prodotti unitamente ai software, inserendo volontariamente nel proprio hardware le condizioni generali del contratto di licenza d’uso del software, che, in quanto opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, è utilizzabile soltanto se l’utente accetti le condizioni generali del titolare della licenza d'uso.          

Il ricorso del colosso informatico è stato così rigettato dalla Corte di Cassazione che ha (per la seconda volta) ribadito il principio di scindibilità e indipendenza dei citati contratti.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 7 marzo 2016, n. 4390) 

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata su un caso che vede protagonisti la nota casa produttrice di hardware HP (Helwett Packard) e l’acquirente finale di un notebook prodotto e commercializzato dalla stessa società.  

Il tema della sentenza verte sulla messa in vendita del notebook, da parte HP, unitamente al software “Windows Vista Home premium” e sulla conseguente facoltà dell’utente finale di poter scegliere se utilizzare detto sistema operativo – accettando o meno la licenza End-User License Agreement (EULA) alla prima accensione del notebook – senza dover necessariamente rinunciare all’acquisto dell’hardware.

La sentenza è senz’altro di ampia portata e si pone sulla scia della prima pronuncia di legittimità, a livello nazionale, su tale materia (Cassazione Civile Terza Sezione 19161/2014). Nel 2014, infatti, in un caso del tutto analogo a quello di specie (avente la stessa HP come convenuta in giudizio), la Cassazione aveva ritenuto che l’acquisto di un notebook non obbliga ad accettare il sistema operativo preinstallato e qualora l’acquirente, all’avvio dell’hardware, manifesti il suo rifiuto alla licenza d’uso del predetto sistema e del suo software applicativo, il mancato consenso si ripercuote unicamente sul contratto di licenza d’uso e non sul negozio di compravendita del computer (…). Ne consegue che – in assenza di una volontà di entrambe le parti alla conclusione di un negozio unitario – l’acquirente del notebook, qualora non aderisca alle condizioni predisposte unilateralmente (…) rifiuta il perfezionamento del contratto di licenza d’uso, senza che ciò incida sulla già perfezionata compravendita di computer.

Nel caso più recente, la decisione della Corte trova fondamento in una clausola della licenza software dal seguente tenore: “Utilizzando il software, il licenziatario accetta le presenti condizioni. Qualora il licenziatario non le accetti, non potrà utilizzare il software e dovrà contattare il produttore o l’installatore per conoscere le modalità di restituzione allo scopo di ottenere il rimborso del prezzo”   

Sul solco della citata pronuncia, la Suprema Corte, ribadendo la scindibilità del negozio di compravendita dell’hardware da quello di licenza d’uso del software, ha ritenuto che l’inserimento delle condizioni di licenza d’uso dei software Microsoft nei notebook di HP, comporta l’insorgere, in capo a quest’ultima, dell’obbligo di effettuare la prestazione contemplata nella citata clausola (restituzione e rimborso) nei confronti degli acquirenti dei prodotti dove risulta preinstallato il sistema operativo.

In sostanza, la Suprema Corte accoglie quanto affermato dal giudice di secondo grado, che ha individuato negli accordi intercorsi tra HP e Microsoft, un vero e proprio contratto a favore di terzo, ai sensi dell’articolo 1411 c.c. e seguenti. Correttamente, infatti, il Tribunale di Catania ha ritenuto che l’obbligazione del produttore HP nei confronti del compratore di computer portatili da essa prodotti ed immessi sul mercato unitamente ai software di Microsoft ivi preinstallati – trova – la sua fonte nell'accordo esistente tra il produttore dei software, titolare delle relative licenze (Microsoft) ed il produttore dell'hardware (HP), che commercializza i suoi prodotti unitamente ai software, inserendo volontariamente nel proprio hardware le condizioni generali del contratto di licenza d’uso del software, che, in quanto opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, è utilizzabile soltanto se l’utente accetti le condizioni generali del titolare della licenza d'uso.          

Il ricorso del colosso informatico è stato così rigettato dalla Corte di Cassazione che ha (per la seconda volta) ribadito il principio di scindibilità e indipendenza dei citati contratti.

(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 7 marzo 2016, n. 4390)