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Diffamazione - Tribunale di Pistoia: criticare il bar su Facebook non è reato

Con una recentissima sentenza il Tribunale di Pistoia ha mandato assolto l’imputato, portato in giudizio dalla Procura della repubblica per il rato di diffamazione a mezzo internet, perché il fatto non sussiste, in quanto espressione del diritto di critica.  

Nel caso di specie l’imputato, cliente insoddisfatto del servizio bar offerto dal querelante, amministrava su Facebook un gruppo recante come titolo una denominazione che, ironicamente, invitava all’“abolizione” del bar in questione e all’interno del quale erano pubblicati commenti negativi sull’attività commerciale. Oggetto della critica erano i servizi scadenti offerti, quali la ristrettezza del locale, la preponderante presenza maschile, la qualità degli aperitivi e la composizione di drink e cocktail. Seppure fortemente critiche, le espressioni utilizzate non sono state considerate diffamatorie dal Tribunale, che ha riconosciuto i giudizi espressi tramite il social network come espressione del legittimo esercizio del diritto di critica.

L’effetto esimente del suddetto diritto, esclude la lesione della reputazione e dell’onore del querelante. L’opinione espressa dall’imputato con toni scherzosi e goliardici, infatti, oltre a non ledere i suddetti beni giuridici, si rivolge ad un’attività pubblica “che si mette sul mercato accettando il rischio di critiche qualora i servizi offerti non soddisfino le aspettative di coloro che ne usufruiscono, tanto più quando tali servizi non sono gratuiti”.

La pronuncia del Tribunale segue la direzione dei più recenti orientamenti della Corte di Cassazione in tema di diffamazione. È pacifico, infatti, che il giudizio valutativo di un cliente insoddisfatto, per quanto feroce possa essere, non può essere punito per l’uso di “coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi”.

Sulla scorta dei suddetti principi, il Tribunale di Pistoia ha assolto l’imputato, ritenendo insussistente il fatto di reato e considerando i commenti oggetto di giudizio, piena espressione del diritto di critica costituzionalmente garantito.

(Tribunale di Pistoia, sentenza del 16 dicembre 2015, n. 5665)

Con una recentissima sentenza il Tribunale di Pistoia ha mandato assolto l’imputato, portato in giudizio dalla Procura della repubblica per il rato di diffamazione a mezzo internet, perché il fatto non sussiste, in quanto espressione del diritto di critica.  

Nel caso di specie l’imputato, cliente insoddisfatto del servizio bar offerto dal querelante, amministrava su Facebook un gruppo recante come titolo una denominazione che, ironicamente, invitava all’“abolizione” del bar in questione e all’interno del quale erano pubblicati commenti negativi sull’attività commerciale. Oggetto della critica erano i servizi scadenti offerti, quali la ristrettezza del locale, la preponderante presenza maschile, la qualità degli aperitivi e la composizione di drink e cocktail. Seppure fortemente critiche, le espressioni utilizzate non sono state considerate diffamatorie dal Tribunale, che ha riconosciuto i giudizi espressi tramite il social network come espressione del legittimo esercizio del diritto di critica.

L’effetto esimente del suddetto diritto, esclude la lesione della reputazione e dell’onore del querelante. L’opinione espressa dall’imputato con toni scherzosi e goliardici, infatti, oltre a non ledere i suddetti beni giuridici, si rivolge ad un’attività pubblica “che si mette sul mercato accettando il rischio di critiche qualora i servizi offerti non soddisfino le aspettative di coloro che ne usufruiscono, tanto più quando tali servizi non sono gratuiti”.

La pronuncia del Tribunale segue la direzione dei più recenti orientamenti della Corte di Cassazione in tema di diffamazione. È pacifico, infatti, che il giudizio valutativo di un cliente insoddisfatto, per quanto feroce possa essere, non può essere punito per l’uso di “coloriture ed iperboli, toni aspri o polemici, linguaggio figurato o gergale, purché tali modalità espressive siano proporzionate e funzionali all’opinione o alla protesta, in considerazione degli interessi e dei valori che si ritengono compromessi”.

Sulla scorta dei suddetti principi, il Tribunale di Pistoia ha assolto l’imputato, ritenendo insussistente il fatto di reato e considerando i commenti oggetto di giudizio, piena espressione del diritto di critica costituzionalmente garantito.

(Tribunale di Pistoia, sentenza del 16 dicembre 2015, n. 5665)