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Ingiuria - Cassazione Penale: insuperabilità del collegamento della decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato

Con la sentenza in commento la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha statuito che nel giudizio sull’impugnazione dell’imputato avverso una sentenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il proscioglimento con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» preclude l’esame, ai fini dell’eventuale conferma, delle statuizioni civili.

La pronuncia in esame prende le mosse dal ricorso presentato dal difensore del condannato per reato di ingiuria. In particolare, la questione demandata alla Cassazione riguardava l’applicazione della regola generale del collegamento in via esclusiva della decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato nel caso di abolitio criminis del reato di ingiuria ai sensi del d.lgs. 7/2016.

La Suprema Corte inizia il suo ragionamento evocando la recente sentenza n. 12 del 2016 della Corte costituzionale, la quale ha delineato la fisionomia generale della disciplina dell’esercizio dell’azione civile nel processo penale secondo il principio della separazione e dell’autonomia dei giudizi. In questo senso, il danneggiato può scegliere se esperire l’azione civile in sede penale o attivare la tutela giurisdizionale nella sede naturale e il giudizio civile prosegue dunque autonomamente malgrado la contemporanea pendenza del giudizio penale.

La sospensione rappresenta dunque l’eccezione. In questa prospettiva, l’articolo 538 comma 1 del Codice di Procedura Penale collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato. Questo significa che normalmente la pronuncia sui capi civili è subordinata alla dichiarazione di responsabilità penale e dunque alla condanna dell’imputato.

Escludendo le poche deroghe esistenti alla regola generale, la Cassazione stabilisce che: “fuori dai casi in cui la disciplina introduttiva dell’abolitio criminis preveda che il giudice dell’impugnazione decide sulla stessa ai soli effetti civili, nel giudizio sull’impugnazione dell’imputato avverso una sentenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il proscioglimento con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» preclude l’esame, ai fini dell’eventuale conferma, delle statuizioni civili”.

Nel caso in esame, una sentenza (irrevocabile) di condanna non è intervenuta e dunque non può essere superato il collegamento in via esclusiva sancito dall’articolo 538 del Codice di Procedura Penale tra la decisione sulla domanda della parte civile e la condanna dell’imputato.

Questa soluzione è confermata dalla diversa disciplina introdotta dall’articolo 9 comma 3 del Decreto Legislativo 8/2016, a norma del quale, per gli illeciti oggetto della depenalizzazione dallo stesso introdotta, quando è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Questa stessa disciplina non è richiamata dal Decreto Legislativo 7/2016, il quale porta abrogazione del reato di ingiuria. Secondo questa fattispecie, la sanzione pecuniaria civile è irrogata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno.

Di conseguenza, l’applicabilità di una disciplina analoga a quella dell’articolo 9 comma 3 del Decreto Legislativo 8/2016 impedirebbe l’esercizio dell’azione davanti al giudice competente sul risarcimento del danno e escluderebbe l’irrogazione della sanzione pecuniaria civile, in contrasto con la disciplina di cui al Decreto Legislativo 7/2016.

La Cassazione conclude dunque con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato.

(Corte di Cassazione - Quinta Sezione Penale, Sentenza 1-19 aprile 2016, n. 16141)

Con la sentenza in commento la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha statuito che nel giudizio sull’impugnazione dell’imputato avverso una sentenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il proscioglimento con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» preclude l’esame, ai fini dell’eventuale conferma, delle statuizioni civili.

La pronuncia in esame prende le mosse dal ricorso presentato dal difensore del condannato per reato di ingiuria. In particolare, la questione demandata alla Cassazione riguardava l’applicazione della regola generale del collegamento in via esclusiva della decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato nel caso di abolitio criminis del reato di ingiuria ai sensi del d.lgs. 7/2016.

La Suprema Corte inizia il suo ragionamento evocando la recente sentenza n. 12 del 2016 della Corte costituzionale, la quale ha delineato la fisionomia generale della disciplina dell’esercizio dell’azione civile nel processo penale secondo il principio della separazione e dell’autonomia dei giudizi. In questo senso, il danneggiato può scegliere se esperire l’azione civile in sede penale o attivare la tutela giurisdizionale nella sede naturale e il giudizio civile prosegue dunque autonomamente malgrado la contemporanea pendenza del giudizio penale.

La sospensione rappresenta dunque l’eccezione. In questa prospettiva, l’articolo 538 comma 1 del Codice di Procedura Penale collega in via esclusiva la decisione sulla domanda della parte civile alla condanna dell’imputato. Questo significa che normalmente la pronuncia sui capi civili è subordinata alla dichiarazione di responsabilità penale e dunque alla condanna dell’imputato.

Escludendo le poche deroghe esistenti alla regola generale, la Cassazione stabilisce che: “fuori dai casi in cui la disciplina introduttiva dell’abolitio criminis preveda che il giudice dell’impugnazione decide sulla stessa ai soli effetti civili, nel giudizio sull’impugnazione dell’imputato avverso una sentenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il proscioglimento con la formula «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato» preclude l’esame, ai fini dell’eventuale conferma, delle statuizioni civili”.

Nel caso in esame, una sentenza (irrevocabile) di condanna non è intervenuta e dunque non può essere superato il collegamento in via esclusiva sancito dall’articolo 538 del Codice di Procedura Penale tra la decisione sulla domanda della parte civile e la condanna dell’imputato.

Questa soluzione è confermata dalla diversa disciplina introdotta dall’articolo 9 comma 3 del Decreto Legislativo 8/2016, a norma del quale, per gli illeciti oggetto della depenalizzazione dallo stesso introdotta, quando è stata pronunciata sentenza di condanna, il giudice dell’impugnazione, nel dichiarare che il fatto non è previsto dalla legge come reato, decide sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. Questa stessa disciplina non è richiamata dal Decreto Legislativo 7/2016, il quale porta abrogazione del reato di ingiuria. Secondo questa fattispecie, la sanzione pecuniaria civile è irrogata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno.

Di conseguenza, l’applicabilità di una disciplina analoga a quella dell’articolo 9 comma 3 del Decreto Legislativo 8/2016 impedirebbe l’esercizio dell’azione davanti al giudice competente sul risarcimento del danno e escluderebbe l’irrogazione della sanzione pecuniaria civile, in contrasto con la disciplina di cui al Decreto Legislativo 7/2016.

La Cassazione conclude dunque con annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto il fatto non è previsto dalla legge come reato.

(Corte di Cassazione - Quinta Sezione Penale, Sentenza 1-19 aprile 2016, n. 16141)