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IVA - Cassazione: malgrado il decorso del termine confermato il diritto al rimborso IVA

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto della società prestatrice di servizi al rimborso dell’IVA, nonostante il decorso del termine biennale di decadenza, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo, scongiurando così il pericolo di perdita di gettito fiscale.

Innanzitutto, ricordiamo l’articolo 21 comma 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992, sulla cui interpretazione si basa la decisione del caso in esame: “Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

Nel caso di specie la B.E. srl aveva emesso alcune fatture nei confronti di una società con sede in Shanghai per prestazioni di servizio, applicando l’IVA con aliquota ordinaria. In fase di accertamento l’Ufficio aveva ritenuto che si trattasse di operazioni fuori campo IVA, chiedendo alla committente la restituzione del tributo portato in detrazione. La società con sede a Shanghai, dopo aver pagato, ne ha chiesto la restituzione a B.E. srl, la quale, a sua volta, ha richiesto rimborso all’Agenzia. Quest’ultima rigettava l’istanza.

A seguito dell’impugnazione del provvedimento tacito di rigetto dell’istanza di rimborso da parte di B.E srl, questa si vedeva accolto il ricorso dalla CTP di Lecco, confermato successivamente anche dal giudice di appello. Quest’ultimo sosteneva che la decorrenza del termine biennale per chiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata decorreva dall’epoca in cui la committente aveva ricevuto dall’amministrazione fiscale la richiesta di restituzione dell’imposta portata in detrazione per l’operazione fuori campo IVA.

L’Agenzia delle Entrate, proponendo ricorso per Cassazione, sosteneva viceversa che le vicende relative all’accertamento notificato alla committente erano inidonee ad incidere sulla decorrenza del termine biennale sopra citato.

La Suprema Corte, confermando il proprio orientamento precedentemente affermato, riteneva “che il soggetto legittimato può chiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva (anche) dopo il decorso del termine di decadenza ex art. art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo”.

A sostegno di questa tesi la Cassazione argomentava richiamando la sentenza della Corte di Giustizia nella quale è stato sancito che il principio dell’effettività del diritto comunitario non impedisce che, attraverso una norma nazionale, sia stabilito un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello di decadenza previsto per il prestatore del servizio, a condizione che il soggetto passivo non resti privato del diritto al rimborso dell’IVA. Infatti il rischio è che “le conseguenze dei pagamenti indebiti dell’IVA imputabili allo Stato” siano sopportate “esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta”.

Ulteriore condizione necessaria è che si rientri nel caso in cui la società prestatrice “ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi” in forza di un comando imperativo, e non già per qualsiasi imposta della quale il committente pretenda o abbia preteso il rimborso, né per quella che il prestatore abbia rimborsato spontaneamente”. Tale condizione risponde all’esigenza di scongiurare qualsiasi rischio di perdita di gettito fiscale.

Valutata la correttezza della decisione impugnata che, una volta accertato in via definitiva l’insussistenza del diritto a detrazione da parte del committente, il versamento del tributo da parte di quest’ultimo e il suo rimborso da parte del prestatore di servizi, ha riconosciuto a quest’ultimo il diritto al rimborso dell’IVA malgrado il decorso del termine biennale di cui l’articolo 21 comma 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992, la Cassazione ha rigettato il ricorso con ordinanza condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

L’ordinanza è massimata e integralmente consultabile sul sito Internet “Il Tributo”:

http://www.iltributo.it/rimborso-delliva-anche-dopo-i-due-anni-previsti-dallart-21-del-d-lgs-54692/

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Civile, Ordinanza del 26 gennaio 2016, n. 1426)

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto della società prestatrice di servizi al rimborso dell’IVA, nonostante il decorso del termine biennale di decadenza, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo, scongiurando così il pericolo di perdita di gettito fiscale.

Innanzitutto, ricordiamo l’articolo 21 comma 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992, sulla cui interpretazione si basa la decisione del caso in esame: “Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.

Nel caso di specie la B.E. srl aveva emesso alcune fatture nei confronti di una società con sede in Shanghai per prestazioni di servizio, applicando l’IVA con aliquota ordinaria. In fase di accertamento l’Ufficio aveva ritenuto che si trattasse di operazioni fuori campo IVA, chiedendo alla committente la restituzione del tributo portato in detrazione. La società con sede a Shanghai, dopo aver pagato, ne ha chiesto la restituzione a B.E. srl, la quale, a sua volta, ha richiesto rimborso all’Agenzia. Quest’ultima rigettava l’istanza.

A seguito dell’impugnazione del provvedimento tacito di rigetto dell’istanza di rimborso da parte di B.E srl, questa si vedeva accolto il ricorso dalla CTP di Lecco, confermato successivamente anche dal giudice di appello. Quest’ultimo sosteneva che la decorrenza del termine biennale per chiedere il rimborso dell’IVA indebitamente versata decorreva dall’epoca in cui la committente aveva ricevuto dall’amministrazione fiscale la richiesta di restituzione dell’imposta portata in detrazione per l’operazione fuori campo IVA.

L’Agenzia delle Entrate, proponendo ricorso per Cassazione, sosteneva viceversa che le vicende relative all’accertamento notificato alla committente erano inidonee ad incidere sulla decorrenza del termine biennale sopra citato.

La Suprema Corte, confermando il proprio orientamento precedentemente affermato, riteneva “che il soggetto legittimato può chiedere all’amministrazione finanziaria il rimborso dell’Iva (anche) dopo il decorso del termine di decadenza ex art. art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, nel solo caso in cui abbia a sua volta rimborsato l’imposta al committente in esecuzione di un provvedimento coattivo”.

A sostegno di questa tesi la Cassazione argomentava richiamando la sentenza della Corte di Giustizia nella quale è stato sancito che il principio dell’effettività del diritto comunitario non impedisce che, attraverso una norma nazionale, sia stabilito un termine di prescrizione per il committente più lungo di quello di decadenza previsto per il prestatore del servizio, a condizione che il soggetto passivo non resti privato del diritto al rimborso dell’IVA. Infatti il rischio è che “le conseguenze dei pagamenti indebiti dell’IVA imputabili allo Stato” siano sopportate “esclusivamente dal soggetto passivo di tale imposta”.

Ulteriore condizione necessaria è che si rientri nel caso in cui la società prestatrice “ha dovuto rimborsare al committente dei suoi servizi” in forza di un comando imperativo, e non già per qualsiasi imposta della quale il committente pretenda o abbia preteso il rimborso, né per quella che il prestatore abbia rimborsato spontaneamente”. Tale condizione risponde all’esigenza di scongiurare qualsiasi rischio di perdita di gettito fiscale.

Valutata la correttezza della decisione impugnata che, una volta accertato in via definitiva l’insussistenza del diritto a detrazione da parte del committente, il versamento del tributo da parte di quest’ultimo e il suo rimborso da parte del prestatore di servizi, ha riconosciuto a quest’ultimo il diritto al rimborso dell’IVA malgrado il decorso del termine biennale di cui l’articolo 21 comma 2 del Decreto Legislativo n. 546/1992, la Cassazione ha rigettato il ricorso con ordinanza condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

L’ordinanza è massimata e integralmente consultabile sul sito Internet “Il Tributo”:

http://www.iltributo.it/rimborso-delliva-anche-dopo-i-due-anni-previsti-dallart-21-del-d-lgs-54692/

(Corte di Cassazione - Sezione Sesta Civile, Ordinanza del 26 gennaio 2016, n. 1426)