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Licenziamento - Cassazione Lavoro: il datore di lavoro non può controllare a distanza i propri dipendenti mediante GPS

Licenziamento - Cassazione Lavoro: il datore di lavoro non può controllare a distanza i propri dipendenti mediante GPS
Licenziamento - Cassazione Lavoro: il datore di lavoro non può controllare a distanza i propri dipendenti mediante GPS

La Corte di Cassazione, con recente sentenza, ha negato al datore di lavoro la possibilità di controllare a distanza i propri dipendenti mediante l’apparecchiatura GPS, se tale meccanismo generalizzato di controllo è stato predisposto ben prima dell’emergere dei sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore.

Nel caso in esame, un’azienda di sorveglianza privata, attraverso le rilevazioni del sistema GPS presente sulla vettura del dipendente, era venuta a conoscenza che il lavoratore, in qualità di vigilante, non aveva effettuato tutte le ispezioni che aveva registrato nel rapporto di servizio, licenziando, così, il dipendente.

La Corte d’appello di Venezia aveva accolto l’opposizione del lavoratore, diretta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa per insussistenza dei fatti, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro e delle retribuzioni non percepite.

L’azienda ha presentato ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello, respinto dai Giudici di legittimità per i motivi di seguito esposti.

Innanzitutto, ha affermato la Suprema Corte, il sistema di controllo mediante l’apparecchiatura GPS istallato sulle vetture in uso ai dipendenti dell’azienda è stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore. Tale sistema era stato autorizzato dai sindacati per ragioni di sicurezza in quanto richiesto dalla Questura di Rovigo presumibilmente anche nell’interesse dell’incolumità dei lavoratori, escludendo che lo stesso potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa.

Inoltre, la Corte ha affermato il principio secondo il quale: “l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per i cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie della Legge n. 300 del 1970, articolo 4, comma 2; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi”.

La Corte ha ritenuto che il controllo mediante il sistema GPS sulle autovetture della società permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 5 ottobre 2016, n. 19922)

La Corte di Cassazione, con recente sentenza, ha negato al datore di lavoro la possibilità di controllare a distanza i propri dipendenti mediante l’apparecchiatura GPS, se tale meccanismo generalizzato di controllo è stato predisposto ben prima dell’emergere dei sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore.

Nel caso in esame, un’azienda di sorveglianza privata, attraverso le rilevazioni del sistema GPS presente sulla vettura del dipendente, era venuta a conoscenza che il lavoratore, in qualità di vigilante, non aveva effettuato tutte le ispezioni che aveva registrato nel rapporto di servizio, licenziando, così, il dipendente.

La Corte d’appello di Venezia aveva accolto l’opposizione del lavoratore, diretta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa per insussistenza dei fatti, oltre alla reintegrazione nel posto di lavoro e delle retribuzioni non percepite.

L’azienda ha presentato ricorso avverso la decisione della Corte d’Appello, respinto dai Giudici di legittimità per i motivi di seguito esposti.

Innanzitutto, ha affermato la Suprema Corte, il sistema di controllo mediante l’apparecchiatura GPS istallato sulle vetture in uso ai dipendenti dell’azienda è stato predisposto ex ante ed in via generale ben prima che si potessero avere sospetti su una eventuale violazione da parte del lavoratore. Tale sistema era stato autorizzato dai sindacati per ragioni di sicurezza in quanto richiesto dalla Questura di Rovigo presumibilmente anche nell’interesse dell’incolumità dei lavoratori, escludendo che lo stesso potesse essere utilizzato per controllare la loro attività lavorativa.

Inoltre, la Corte ha affermato il principio secondo il quale: “l’effettività del divieto di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori richiede che anche per i cosiddetti controlli difensivi trovino applicazione le garanzie della Legge n. 300 del 1970, articolo 4, comma 2; ne consegue che, se per l’esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti o apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l’inadempimento contrattuale del lavoratori medesimi”.

La Corte ha ritenuto che il controllo mediante il sistema GPS sulle autovetture della società permetteva un controllo a distanza dell’ordinaria prestazione lavorativa, non la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale, assorbito l’incidentale, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 5 ottobre 2016, n. 19922)