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Marchio - Cassazione Civile: la riproduzione del marchio esclusivamente a fine estetico costituisce delitto di contraffazione

Integra il delitto di commercio di prodotto con marchio contraffatto la condotta di colui che ponga in vendita accessori e ricambi sui quali sia stato riprodotto il marchio dell’impresa produttrice dei componenti originali, quand’anche questo sia stato rappresentato per fini identificativi ed estetici.

Lo ha stabilito la Cassazione che nel caso in esame era chiamata a statuire sulla vendita di ricambi per auto non originali sui quali era stato riprodotto, quale elemento estetico presente sul componente originale, il marchio del costruttore del veicolo.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva addotto a sua difesa che il Tribunale di Napoli, nel rigettare la sua richiesta di dissequestro dei beni, aveva commesso un’inosservanza e/o un’erronea applicazione della legge penale. Secondo il ricambista non era stato tenuto in considerazione il Codice della Proprietà Industriale, secondo cui “i diritti esclusivi sui componenti di un prodotto complesso non possono essere fatti valere per impedire la fabbricazione e la vendita dei componenti stessi per la riparazione del prodotto complesso al fine di ripristinare l’aspetto originario”, né le recenti pronunce della stessa Corte Suprema e della Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale del Tribunale di Milano, che sostenevano una duplice portata del marchio: una funzione identificativa, per quanto riguarda il bene complesso, e una funzione meramente estetico-descrittiva, con riferimento al ricambio, con la conseguenza che la riproduzione di quest’ultimo potesse essere penalmente sanzionata solo con riferimento al bene identificato dal marchio stesso (cioè l’automobile) e non con riferimento al singolo ricambio dove la raffigurazione svolgeva una funzione meramente estetica.

Tuttavia, la Corte di ultima istanza ha ritenuto il ricorso infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, sostenendo che: “Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi.

Il marchio, infatti, viene valutato come il segno distintivo che indica univocamente l’origine del prodotto, garantendone autenticità, provenienza e qualità. Solo in capo al titolare, attraverso la registrazione, vi è il diritto esclusivo di farne uso nell’attività economica e di vietare ai terzi analogo uso, pertanto, neanche la dicitura “prodotto non originale” svuoterebbe di valenza penale la contraffazione, risultando sufficiente la mera riproduzione da sola ad integrare l’ipotesi delittuosa.

(Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, Sentenza 7 luglio 2015, n. 28847)

Integra il delitto di commercio di prodotto con marchio contraffatto la condotta di colui che ponga in vendita accessori e ricambi sui quali sia stato riprodotto il marchio dell’impresa produttrice dei componenti originali, quand’anche questo sia stato rappresentato per fini identificativi ed estetici.

Lo ha stabilito la Cassazione che nel caso in esame era chiamata a statuire sulla vendita di ricambi per auto non originali sui quali era stato riprodotto, quale elemento estetico presente sul componente originale, il marchio del costruttore del veicolo.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva addotto a sua difesa che il Tribunale di Napoli, nel rigettare la sua richiesta di dissequestro dei beni, aveva commesso un’inosservanza e/o un’erronea applicazione della legge penale. Secondo il ricambista non era stato tenuto in considerazione il Codice della Proprietà Industriale, secondo cui “i diritti esclusivi sui componenti di un prodotto complesso non possono essere fatti valere per impedire la fabbricazione e la vendita dei componenti stessi per la riparazione del prodotto complesso al fine di ripristinare l’aspetto originario”, né le recenti pronunce della stessa Corte Suprema e della Sezione specializzata in materia di proprietà industriale e intellettuale del Tribunale di Milano, che sostenevano una duplice portata del marchio: una funzione identificativa, per quanto riguarda il bene complesso, e una funzione meramente estetico-descrittiva, con riferimento al ricambio, con la conseguenza che la riproduzione di quest’ultimo potesse essere penalmente sanzionata solo con riferimento al bene identificato dal marchio stesso (cioè l’automobile) e non con riferimento al singolo ricambio dove la raffigurazione svolgeva una funzione meramente estetica.

Tuttavia, la Corte di ultima istanza ha ritenuto il ricorso infondato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, sostenendo che: “Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni conosciuti come distintivi di imprese, prodotti o servizi altrui, o da indurre comunque in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato, o da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale, o altro diritto esclusivo di terzi.

Il marchio, infatti, viene valutato come il segno distintivo che indica univocamente l’origine del prodotto, garantendone autenticità, provenienza e qualità. Solo in capo al titolare, attraverso la registrazione, vi è il diritto esclusivo di farne uso nell’attività economica e di vietare ai terzi analogo uso, pertanto, neanche la dicitura “prodotto non originale” svuoterebbe di valenza penale la contraffazione, risultando sufficiente la mera riproduzione da sola ad integrare l’ipotesi delittuosa.

(Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, Sentenza 7 luglio 2015, n. 28847)