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Privacy - Cassazione Civile: l’informativa in materia di videosorveglianza va sempre posta prima del raggio d’azione della telecamera

La Cassazione si è pronunciata per la prima volta su una delle tematiche più controverse e disattese in materia di videosorveglianza e tutela della privacy: il corretto posizionamento dell’informativa che indica la presenza di telecamere di sicurezza.

Nel caso di specie la Suprema Corte, con un’abile ricostruzione, ribalta la sentenza n. 277/2012 del Tribunale di Sondrio. La vicenda trae origine da un accertamento effettuato dall’Arma dei Carabinieri nel 2009 presso una farmacia nella quale risultava presente un sistema di videosorveglianza non correttamente segnalato.

In particolare i militari hanno constatato la presenza di quattro telecamere, una delle quali esterna al locale; quest’ultima, a differenza delle altre tre interne segnalate mediante cartello, non risultava indicata in alcun modo.

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, a conclusione del procedimento sanzionatorio nel quale contestava l’omessa informativa ai sensi dell’articolo 161 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, ingiungeva al titolare della farmacia il pagamento ridotto della somma di 2.400,00 euro. Successivamente il titolare dell’esercizio commerciale ricorreva al tribunale di Sondrio il quale, di seguito, annullava l’ordinanza-ingiunzione del Garante.

La “battaglia” legale dinanzi agli ermellini, tra il Tribunale lombardo e la ricorrente Autorità Garante, si basò su due fondamenti opposti.

Da un lato il Garante affermò che non si potesse escludere la responsabilità della farmacia in relazione al fatto contestato in quanto “come previsto dal provvedimento sulla videosorveglianza adottato dal Garante l’8 aprile 2010, l’interessato deve essere previamente informato che sta per accedere in una zona sorvegliata, per cui l’informativa deve essere collocata prima del raggio d’azione della telecamera ed essere chiaramente visibile agli interessati” (Provvedimento in materia di videosorveglianza - 8 aprile 2010, punto 3.1).

Dall’altro lato il Tribunale di Sondrio affermò che al momento dell’accertamento dei Carabinieri era in vigore il vecchio Provvedimento in materia di Videosorveglianza del 2004, il quale disponeva – diversamente dal Provvedimento del 2010 – che gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata, rendendo quindi di fatto facoltativa la presenza di una informativa prima del raggio d’azione della telecamera (Videosorveglianza - Provvedimento generale - 29 aprile 2004, punto 3.1). Sul presupposto della presunta errata scelta del Provvedimento da parte del Garante il Tribunale annullò l’ordinanza-ingiunzione dell’Autorità.

La Cassazione ha optato per una terza via.

Pur constatando l’inapplicabilità del Provvedimento del 2010 al caso di specie, la Suprema Corte ha affermato che non si può accogliere la tesi del Tribunale di Sondrio, in quanto “contrasterebbe in ogni caso con l’art. 13 del Codice della Privacy, in tema di informativa, secondo il quale “l’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto” del trattamento.

Inoltre la Sezione Seconda Civile ha ribadito un suo stesso orientamento del 2015 affermando che: “l’immagine di una persona costituisce dato personale, […] trattandosi di dato immediatamente idoneo a identificare una persona a prescindere dalla sua notorietà, sicché l’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, allo scopo di controllare l’accesso degli avventori, costituisce trattamento di dati personali e deve formare oggetto dell’informativa di cui all’art. 13 del Decreto Legislativo. n. 196 del 2003, rivolta ai soggetti che facciano ingresso nel locale” (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, Sentenza 5 Settembre 2015, n. 17440).

Infine gli ermellini hanno specificato che già per il dettato dell’art. 13 citato […] l’informativa ai soggetti che facessero ingresso in un locale chiuso (quale un locale commerciale) deve intendersi necessaria prima che gli interessati accedano nella zona videosorvegliata[…], spiegando così l’apparente contraddizione con il testo del Provvedimento del 2004 “secondo cui l’informativa va rivolta a coloro che già “si trovano in una zona videosorvegliata” con riguardo agli spazi aperti”[…].

La Cassazione ha elaborato pertanto il seguente principio di diritto: “L’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, costituendo trattamento di dati personali, deve formare oggetto di previa informativa, ex art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, resa ai soggetti interessati prima che facciano accesso nell’area videosorvegliata, mediante supporto da collocare perciò fuori del raggio d’azione delle telecamere che consentono la raccolta delle immagini delle persone e danno così inizio al trattamento stesso” e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso della farmacia. 

(Corte di Cassazione - Seconda Sezione Civile, Sentenza 5 luglio 2016, n. 13663)

La Cassazione si è pronunciata per la prima volta su una delle tematiche più controverse e disattese in materia di videosorveglianza e tutela della privacy: il corretto posizionamento dell’informativa che indica la presenza di telecamere di sicurezza.

Nel caso di specie la Suprema Corte, con un’abile ricostruzione, ribalta la sentenza n. 277/2012 del Tribunale di Sondrio. La vicenda trae origine da un accertamento effettuato dall’Arma dei Carabinieri nel 2009 presso una farmacia nella quale risultava presente un sistema di videosorveglianza non correttamente segnalato.

In particolare i militari hanno constatato la presenza di quattro telecamere, una delle quali esterna al locale; quest’ultima, a differenza delle altre tre interne segnalate mediante cartello, non risultava indicata in alcun modo.

L’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, a conclusione del procedimento sanzionatorio nel quale contestava l’omessa informativa ai sensi dell’articolo 161 del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, ingiungeva al titolare della farmacia il pagamento ridotto della somma di 2.400,00 euro. Successivamente il titolare dell’esercizio commerciale ricorreva al tribunale di Sondrio il quale, di seguito, annullava l’ordinanza-ingiunzione del Garante.

La “battaglia” legale dinanzi agli ermellini, tra il Tribunale lombardo e la ricorrente Autorità Garante, si basò su due fondamenti opposti.

Da un lato il Garante affermò che non si potesse escludere la responsabilità della farmacia in relazione al fatto contestato in quanto “come previsto dal provvedimento sulla videosorveglianza adottato dal Garante l’8 aprile 2010, l’interessato deve essere previamente informato che sta per accedere in una zona sorvegliata, per cui l’informativa deve essere collocata prima del raggio d’azione della telecamera ed essere chiaramente visibile agli interessati” (Provvedimento in materia di videosorveglianza - 8 aprile 2010, punto 3.1).

Dall’altro lato il Tribunale di Sondrio affermò che al momento dell’accertamento dei Carabinieri era in vigore il vecchio Provvedimento in materia di Videosorveglianza del 2004, il quale disponeva – diversamente dal Provvedimento del 2010 – che gli interessati devono essere informati che stanno per accedere o che si trovano in una zona videosorvegliata, rendendo quindi di fatto facoltativa la presenza di una informativa prima del raggio d’azione della telecamera (Videosorveglianza - Provvedimento generale - 29 aprile 2004, punto 3.1). Sul presupposto della presunta errata scelta del Provvedimento da parte del Garante il Tribunale annullò l’ordinanza-ingiunzione dell’Autorità.

La Cassazione ha optato per una terza via.

Pur constatando l’inapplicabilità del Provvedimento del 2010 al caso di specie, la Suprema Corte ha affermato che non si può accogliere la tesi del Tribunale di Sondrio, in quanto “contrasterebbe in ogni caso con l’art. 13 del Codice della Privacy, in tema di informativa, secondo il quale “l’interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali sono previamente informati oralmente o per iscritto” del trattamento.

Inoltre la Sezione Seconda Civile ha ribadito un suo stesso orientamento del 2015 affermando che: “l’immagine di una persona costituisce dato personale, […] trattandosi di dato immediatamente idoneo a identificare una persona a prescindere dalla sua notorietà, sicché l’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, allo scopo di controllare l’accesso degli avventori, costituisce trattamento di dati personali e deve formare oggetto dell’informativa di cui all’art. 13 del Decreto Legislativo. n. 196 del 2003, rivolta ai soggetti che facciano ingresso nel locale” (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, Sentenza 5 Settembre 2015, n. 17440).

Infine gli ermellini hanno specificato che già per il dettato dell’art. 13 citato […] l’informativa ai soggetti che facessero ingresso in un locale chiuso (quale un locale commerciale) deve intendersi necessaria prima che gli interessati accedano nella zona videosorvegliata[…], spiegando così l’apparente contraddizione con il testo del Provvedimento del 2004 “secondo cui l’informativa va rivolta a coloro che già “si trovano in una zona videosorvegliata” con riguardo agli spazi aperti”[…].

La Cassazione ha elaborato pertanto il seguente principio di diritto: “L’installazione di un impianto di videosorveglianza all’interno di un esercizio commerciale, costituendo trattamento di dati personali, deve formare oggetto di previa informativa, ex art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, resa ai soggetti interessati prima che facciano accesso nell’area videosorvegliata, mediante supporto da collocare perciò fuori del raggio d’azione delle telecamere che consentono la raccolta delle immagini delle persone e danno così inizio al trattamento stesso” e, decidendo nel merito, ha rigettato il ricorso della farmacia. 

(Corte di Cassazione - Seconda Sezione Civile, Sentenza 5 luglio 2016, n. 13663)