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Società - Cassazione Civile: la responsabilità illimitata del socio di s.n.c. opera solo nei rapporti con i terzi

Società - Cassazione Civile: la responsabilità illimitata del socio di s.n.c. opera solo nei rapporti con i terzi
Società - Cassazione Civile: la responsabilità illimitata del socio di s.n.c. opera solo nei rapporti con i terzi

Il principio della responsabilità solidale illimitata dei soci di una società in nome collettivo è operante esclusivamente nei riguardi dei terzi: così ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione.

La società

Nel caso di specie la Tizia, socia della società Alfa, aveva ottenuto decreto ingiuntivo a titolo di canoni per la locazione, alla suddetta società, di un immobile di proprietà comune degli unici due soci.

Caio, socio della società Alfa in medesima quota e proprietario in comunione dell’immobile locato, proponeva opposizione, sia in proprio, sia nella qualità di legale rappresentante della stessa, davanti al Tribunale di Como nella sezione distaccata di Cantù.

Dopo che l’opposizione fu rigettata in primo grado di giudizio e confermata dalla Corte di Appello di Milano, Caio e la società Alfa ricorrevano in Cassazione sulla base di quattro motivi.

Ai fini della trattazione si ritiene di maggior interesse analizzare solamente il motivo di merito per i suoi caratteri innovativi.

Il ricorso

Il ricorrente sosteneva il vizio della decisone impugnata nella parte in cui riconosceva la sua responsabilità personale per l’obbligazione della società nei confronti dell’altro socio, condannando il primo al pagamento del relativo importo in favore del secondo.

Secondo tale argomentazione Caio, infatti, essendo anch’egli locatore ed essendo Tizia anch’essa debitrice, in quanto socia illimitatamente responsabile, avrebbe diritto alla stessa reciproca pretesa, la quale, in rapporto con quella di Tizia si eliderebbe, anche in base alla sussistenza delle azioni di regresso.

La responsabilità solidale illimitata nelle s.n.c.

Il Codice civile disciplina la responsabilità solidale illimitata dei soci all’Articolo 2291: “Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.”

Nella decisione in esame la Corte di Cassazione ha escluso che “nei rapporti tra i soci di una società in nome collettivo (e a prescindere dal titolo dell’azione fatta valere nei confronti della società)” possa essere applicato il “principio della responsabilità solidale illimitata di ciascuno di essi per le obbligazioni sociali di cui all’art. 2291 c.c.,” poiché tale principio è “dettato esclusivamente a tutela dei terzi estranei alla società e quindi solo nei riguardi di questi operante.”

L’iter argomentativo della Suprema Corte è stato caratterizzato dall’uso dello strumento interpretativo dell’analogia, col quale sono messe in relazione la disciplina delle società in nome collettivo con quella riguardante associazioni non riconosciute: enti privi di personalità giuridica e limitata soggettività per le cui obbligazioni rispondono solidalmente ed illimitatamente alcuni degli associati.

Per queste si afferma infatti che la responsabilità personale e solidale con quella dell’associazione risponde all’esigenza di “tutela dei terzi che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro”.

Tale principio non può, viceversa, giovare ai creditori associati “i quali, per il fatto stesso di esserne membri, non possono non essere a conoscenza della consistenza patrimoniale dell’ente”.

Lo stesso deve ritenersi applicabile anche alle società di persone caratterizzate dagli stessi elementi propri delle associazioni non riconosciute: “la struttura associativa non personificata, il riconoscimento di una limitata soggettività giuridica, l’esistenza di un fondo comune che può essere aggredito dai terzi titolari di crediti nei confronti dell’ente e al tempo stesso la illimitata responsabilità degli associati (o di alcuni di essi) nei confronti dei terzi, per le relative obbligazioni”.

I giudici, pertanto, hanno affermato che nei rapporti tra i soci deve tenersi conto esclusivamente degli obblighi reciproci di proporzionale contribuzione per gli oneri sociali, anche nel caso in cui un socio eserciti un’azione nei confronti della società pretendendo di estenderla anche ad altro socio illimitatamente responsabile.

Rispetto a tale principio si configura come unica eccezione il caso in cui “sussista un effettivo squilibrio tra i soci stessi nei reciproci obblighi di contribuzione per il pagamento dei debiti sociali”.

Decisione

Nel caso di specie la Cassazione non ha rilevato alcuno squilibrio negli oneri di contribuzione relativi allo specifico rapporto extrasociale in quanto i due unici soci sono al tempo stesso unici proprietari dell’immobile locato alla società Alfa.

Pertanto a seguito dell’accoglimento del motivo di ricorso, limitatamente all’azione esercitata dalla sig. Tizia nei confronti del sig. Caio e non, invece, con riguardo a quella esercitata nei confronti della società, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo con conseguente revoca di questo.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 19 ottobre 2016, n. 21066)

Il principio della responsabilità solidale illimitata dei soci di una società in nome collettivo è operante esclusivamente nei riguardi dei terzi: così ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione.

La società

Nel caso di specie la Tizia, socia della società Alfa, aveva ottenuto decreto ingiuntivo a titolo di canoni per la locazione, alla suddetta società, di un immobile di proprietà comune degli unici due soci.

Caio, socio della società Alfa in medesima quota e proprietario in comunione dell’immobile locato, proponeva opposizione, sia in proprio, sia nella qualità di legale rappresentante della stessa, davanti al Tribunale di Como nella sezione distaccata di Cantù.

Dopo che l’opposizione fu rigettata in primo grado di giudizio e confermata dalla Corte di Appello di Milano, Caio e la società Alfa ricorrevano in Cassazione sulla base di quattro motivi.

Ai fini della trattazione si ritiene di maggior interesse analizzare solamente il motivo di merito per i suoi caratteri innovativi.

Il ricorso

Il ricorrente sosteneva il vizio della decisone impugnata nella parte in cui riconosceva la sua responsabilità personale per l’obbligazione della società nei confronti dell’altro socio, condannando il primo al pagamento del relativo importo in favore del secondo.

Secondo tale argomentazione Caio, infatti, essendo anch’egli locatore ed essendo Tizia anch’essa debitrice, in quanto socia illimitatamente responsabile, avrebbe diritto alla stessa reciproca pretesa, la quale, in rapporto con quella di Tizia si eliderebbe, anche in base alla sussistenza delle azioni di regresso.

La responsabilità solidale illimitata nelle s.n.c.

Il Codice civile disciplina la responsabilità solidale illimitata dei soci all’Articolo 2291: “Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali. Il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi.”

Nella decisione in esame la Corte di Cassazione ha escluso che “nei rapporti tra i soci di una società in nome collettivo (e a prescindere dal titolo dell’azione fatta valere nei confronti della società)” possa essere applicato il “principio della responsabilità solidale illimitata di ciascuno di essi per le obbligazioni sociali di cui all’art. 2291 c.c.,” poiché tale principio è “dettato esclusivamente a tutela dei terzi estranei alla società e quindi solo nei riguardi di questi operante.”

L’iter argomentativo della Suprema Corte è stato caratterizzato dall’uso dello strumento interpretativo dell’analogia, col quale sono messe in relazione la disciplina delle società in nome collettivo con quella riguardante associazioni non riconosciute: enti privi di personalità giuridica e limitata soggettività per le cui obbligazioni rispondono solidalmente ed illimitatamente alcuni degli associati.

Per queste si afferma infatti che la responsabilità personale e solidale con quella dell’associazione risponde all’esigenza di “tutela dei terzi che possono ignorare la consistenza economica del fondo comune e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con loro”.

Tale principio non può, viceversa, giovare ai creditori associati “i quali, per il fatto stesso di esserne membri, non possono non essere a conoscenza della consistenza patrimoniale dell’ente”.

Lo stesso deve ritenersi applicabile anche alle società di persone caratterizzate dagli stessi elementi propri delle associazioni non riconosciute: “la struttura associativa non personificata, il riconoscimento di una limitata soggettività giuridica, l’esistenza di un fondo comune che può essere aggredito dai terzi titolari di crediti nei confronti dell’ente e al tempo stesso la illimitata responsabilità degli associati (o di alcuni di essi) nei confronti dei terzi, per le relative obbligazioni”.

I giudici, pertanto, hanno affermato che nei rapporti tra i soci deve tenersi conto esclusivamente degli obblighi reciproci di proporzionale contribuzione per gli oneri sociali, anche nel caso in cui un socio eserciti un’azione nei confronti della società pretendendo di estenderla anche ad altro socio illimitatamente responsabile.

Rispetto a tale principio si configura come unica eccezione il caso in cui “sussista un effettivo squilibrio tra i soci stessi nei reciproci obblighi di contribuzione per il pagamento dei debiti sociali”.

Decisione

Nel caso di specie la Cassazione non ha rilevato alcuno squilibrio negli oneri di contribuzione relativi allo specifico rapporto extrasociale in quanto i due unici soci sono al tempo stesso unici proprietari dell’immobile locato alla società Alfa.

Pertanto a seguito dell’accoglimento del motivo di ricorso, limitatamente all’azione esercitata dalla sig. Tizia nei confronti del sig. Caio e non, invece, con riguardo a quella esercitata nei confronti della società, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata, ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo con conseguente revoca di questo.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Sentenza 19 ottobre 2016, n. 21066)