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Videoriprese - Cassazione Penale: consentito al datore di lavoro riprendere i lavoratori che commettono reato

Videoriprese - Cassazione Penale: consentito al datore di lavoro riprendere i lavoratori che commettono reato
Videoriprese - Cassazione Penale: consentito al datore di lavoro riprendere i lavoratori che commettono reato

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha statuito che il datore di lavoro non commette infrazione qualora videoriprenda i dipendenti, sul posto di lavoro, al fine di verificare l’eventuale commissione di reati.

Il caso

Due dipendenti comunali sono stati indagati per truffa aggravata e continua nei confronti del Comune del quale sono dipendenti: hanno infatti timbrato il cartellino di entrata e di uscita dal lavoro in orari differenti da quelli effettivi.

Il datore ha posto un sistema di videoriprese all’entrata ed all’uscita del luogo di lavoro, ed ha quindi ripreso i raggiri compiuti dai lavoratori.

La procedura giudiziaria

Il Giudice per le indagini preliminari ha optato per il sequestro preventivo dei beni pari alla concorrenza del danno accertato. Avverso l’ordinanza del Tribunale che ha rigettato la domanda di riesame, gli imputati hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo, in particolare, l’illegittimità dei metodi utilizzati per verificare l’assenza dal lavoro, in quanto l’installazione di videocamere poste all’ingresso e all’uscita del luogo sarebbe contraria a quanto stabilito all’articolo 4 secondo comma dello Statuto dei Lavoratori. 

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha respinto il ricorso, ricordando che le garanzie procedurali regolate dall’articolo 4.2 dello Statuto dei Lavoratori non si applicano qualora il controllo di videoriprese sia effettuato al fine di accertare la commissione di reati: nel caso specifico, il delitto di truffa.

La Cassazione ha elaborato il seguente principio di diritto: “in tema di apparecchiature di controllo dalle quali derivi la possibilità di verificare a distanza l’attività dei lavoratori, le garanzie procedurali previste dall’articolo 4, comma 2, dello Statuto dei lavoratori non trovano applicazione quando si procede all’accertamento di fatti che costituiscono reato. Tali garanzie riguardano solo l’utilizzabilità delle risultanze delle apparecchiature di controllo nei rapporti interni, di diritto privato, fra datore di lavoro e lavoratore.”

Per la Cassazione, pertanto, sebbene lo Statuto dei Lavoratori regoli l’utilizzo di apparecchiature di controllo, l’ambito di applicazione rimane quello dei rapporti di diritto privato tra datore e lavoratore. Nel momento in cui, al contrario, diventa rilevante l’interesse pubblico, in particolare il diritto penale, viene meno l’applicazione del citato articolo 4.

Inoltre, nel loro iter argomentativo, i giudici della Cassazione hanno assimilato il caso in commento alla situazione nella quale obliterare il cartellino o compilare il registro delle presenze sia opzionale invece che obbligatorio: qualora il lavoratore decidesse di compiere la rilevazione, ma lo facesse in modo tale da trarre in inganno il datore, si tratterebbe comunque di truffa.

In tema di allontanamento fraudolento dal luogo di lavoro, l’eventuale insussistenza per i lavoratori di un vero e proprio obbligo di vidimare il cartellino o la tessera magnetica delle presenze giornaliere non esclude che, qualora tale vidimazione sia comunque effettivamente compiuta, ma con modalità fraudolente tali da indurre in inganno il datore di lavoro, ricorrano gli estremi degli artifizi e raggiri che integrano il delitto di truffa”.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 1 agosto 2016, n. 33567)

Con la pronuncia in commento, la Corte di Cassazione ha statuito che il datore di lavoro non commette infrazione qualora videoriprenda i dipendenti, sul posto di lavoro, al fine di verificare l’eventuale commissione di reati.

Il caso

Due dipendenti comunali sono stati indagati per truffa aggravata e continua nei confronti del Comune del quale sono dipendenti: hanno infatti timbrato il cartellino di entrata e di uscita dal lavoro in orari differenti da quelli effettivi.

Il datore ha posto un sistema di videoriprese all’entrata ed all’uscita del luogo di lavoro, ed ha quindi ripreso i raggiri compiuti dai lavoratori.

La procedura giudiziaria

Il Giudice per le indagini preliminari ha optato per il sequestro preventivo dei beni pari alla concorrenza del danno accertato. Avverso l’ordinanza del Tribunale che ha rigettato la domanda di riesame, gli imputati hanno proposto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo, in particolare, l’illegittimità dei metodi utilizzati per verificare l’assenza dal lavoro, in quanto l’installazione di videocamere poste all’ingresso e all’uscita del luogo sarebbe contraria a quanto stabilito all’articolo 4 secondo comma dello Statuto dei Lavoratori. 

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte ha respinto il ricorso, ricordando che le garanzie procedurali regolate dall’articolo 4.2 dello Statuto dei Lavoratori non si applicano qualora il controllo di videoriprese sia effettuato al fine di accertare la commissione di reati: nel caso specifico, il delitto di truffa.

La Cassazione ha elaborato il seguente principio di diritto: “in tema di apparecchiature di controllo dalle quali derivi la possibilità di verificare a distanza l’attività dei lavoratori, le garanzie procedurali previste dall’articolo 4, comma 2, dello Statuto dei lavoratori non trovano applicazione quando si procede all’accertamento di fatti che costituiscono reato. Tali garanzie riguardano solo l’utilizzabilità delle risultanze delle apparecchiature di controllo nei rapporti interni, di diritto privato, fra datore di lavoro e lavoratore.”

Per la Cassazione, pertanto, sebbene lo Statuto dei Lavoratori regoli l’utilizzo di apparecchiature di controllo, l’ambito di applicazione rimane quello dei rapporti di diritto privato tra datore e lavoratore. Nel momento in cui, al contrario, diventa rilevante l’interesse pubblico, in particolare il diritto penale, viene meno l’applicazione del citato articolo 4.

Inoltre, nel loro iter argomentativo, i giudici della Cassazione hanno assimilato il caso in commento alla situazione nella quale obliterare il cartellino o compilare il registro delle presenze sia opzionale invece che obbligatorio: qualora il lavoratore decidesse di compiere la rilevazione, ma lo facesse in modo tale da trarre in inganno il datore, si tratterebbe comunque di truffa.

In tema di allontanamento fraudolento dal luogo di lavoro, l’eventuale insussistenza per i lavoratori di un vero e proprio obbligo di vidimare il cartellino o la tessera magnetica delle presenze giornaliere non esclude che, qualora tale vidimazione sia comunque effettivamente compiuta, ma con modalità fraudolente tali da indurre in inganno il datore di lavoro, ricorrano gli estremi degli artifizi e raggiri che integrano il delitto di truffa”.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 1 agosto 2016, n. 33567)