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Armi - Consiglio di Stato: si amplia la discrezionalità per le licenze di porto d’armi

Armi - Consiglio di Stato: si amplia la discrezionalità per le licenze di porto d’armi
Armi - Consiglio di Stato: si amplia la discrezionalità per le licenze di porto d’armi

“L’eventuale precedente rinnovo non fa nascere alcuna aspettativa. Ciò in quanto, ogni volta che esamina una istanza di rinnovo, il Ministero dell’Interno formula una attuale valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle esigenze attuali della salvaguardia dell’ordine pubblico”. Questo quanto affermato dalla sentenza n. 5276/2016  dalla III Sezione del Consiglio di Stato in tema di autorizzazione e concessione della  licenza di polizia per difesa personale.

Il caso

La questione è stata affrontata, a seguito dell’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Teramo, i quali chiedevano la riforma della sentenza n. 284/2010, con cui il  T.A.R. per l’Abruzzo, sede di l’Aquila, ritenendo il provvedimento impugnato contradditorio rispetto a quelli precedenti di rilascio e di rinnovo del porto d’armi, oltre che non adeguatamente motivato, accoglieva il ricorso dell’interessato annullando l’atto impugnato.

Avverso tale decisione, l’Amministrazione proponeva appello dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale con la pronuncia in commento ha aderito all’orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa, riaffermando il principio secondo cui l’eventuale precedente rinnovo non fa nascere alcuna aspettativa.

Il porto d’armi

In particolare, si è osservato che ogni qual volta viene esaminata una istanza per il rilascio od il rinnovo del porto d’armi, il Ministero dell’Interno, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, formula una attuale valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle esigenze attuali della salvaguardia dell’ordine pubblico, ciò in quanto il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto ma rappresenta, invece, un’eccezione al normale divieto sancito dall’articolo 699 del codice penale, e dell’articolo 4, comma 1, legge 18 aprile 1975 (Consiglio di Stato, Sezione Terza, 26/10/2016, n. 4495; Tar Catanzaro, Sezione Prima, 29/08/2016 n.1662).

Pertanto, le relative valutazioni, anche quelle aventi ad oggetto l’istanza di licenza volta alla difesa personale, si possono basare su criteri di carattere generale (per i quali l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo), tenendo altresì conto delle peculiarità del territorio, del particolare momento storico delle specifiche implicazioni di ordine e sicurezza pubblica.

In altri termini, le esigenze proprie del momento in cui è avvenuto il rinnovo possono essere diverse da quelle successivamente palesatesi.

Le motivazioni

Nel caso in esame, il ricorrente a seguito del diniego dell’Amministrazione aveva dedotto di movimentare rilevanti somme di denaro. Ma, a tale argomento, la sentenza in rassegna ha osservato che esiste, per come ha correttamente osservato l’Amministrazione, la possibilità di avvalersi dei più moderni sistemi di pagamento, fermo restando che non sono emersi elementi tali da evidenziare come l’incolumità dello stesso ricorrente fosse messa a specifico repentaglio.

I giudici amministrativi hanno chiarito che spetta al legislatore introdurre una specifica regola se l’appartenenza ad una “categoria” giustifica il rilascio della licenza di polizia e la possibilità di girare armati (tale rilascio è previsto, ovviamente, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, nei limiti stabiliti dagli ordinamenti di settore).

Se invece si tratta di imprenditori, commercianti, avvocati, notai, operatori del settore assicurativo o bancario, ecc., ovvero anche di appartenenti alle Forze dell’Ordine che intendano disporre di altre armi oltre quella di dotazione, in assenza di una disposizione di legge sul rilascio della licenza di polizia ratione personae, si deve ritenere che l’appartenenza alla “categoria” in sé non abbia uno specifico rilievo, tale da giustificare il rilascio della licenza di porto d’armi.

A ciò consegue che qualora l’organo periferico del Ministero dell’Interno si orienti in senso di respingere le istanze di rilascio (o di rinnovo) delle licenze, le scelte costituiscono espressione di valutazione di merito, di per sé insindacabile da parte del Giudice amministrativo, fermo restando la possibilità  per l’interessato di dolersi delle eventuali disparità di trattamento che si commettano in concreto.

A conclusione del proprio iter argomentativo, il Consiglio di Stato ha, quindi, accolto l’appello.

(Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza 14 dicembre 2016, n. 5276)

“L’eventuale precedente rinnovo non fa nascere alcuna aspettativa. Ciò in quanto, ogni volta che esamina una istanza di rinnovo, il Ministero dell’Interno formula una attuale valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle esigenze attuali della salvaguardia dell’ordine pubblico”. Questo quanto affermato dalla sentenza n. 5276/2016  dalla III Sezione del Consiglio di Stato in tema di autorizzazione e concessione della  licenza di polizia per difesa personale.

Il caso

La questione è stata affrontata, a seguito dell’appello proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Teramo, i quali chiedevano la riforma della sentenza n. 284/2010, con cui il  T.A.R. per l’Abruzzo, sede di l’Aquila, ritenendo il provvedimento impugnato contradditorio rispetto a quelli precedenti di rilascio e di rinnovo del porto d’armi, oltre che non adeguatamente motivato, accoglieva il ricorso dell’interessato annullando l’atto impugnato.

Avverso tale decisione, l’Amministrazione proponeva appello dinnanzi al Consiglio di Stato, il quale con la pronuncia in commento ha aderito all’orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa, riaffermando il principio secondo cui l’eventuale precedente rinnovo non fa nascere alcuna aspettativa.

Il porto d’armi

In particolare, si è osservato che ogni qual volta viene esaminata una istanza per il rilascio od il rinnovo del porto d’armi, il Ministero dell’Interno, nelle sue articolazioni centrali e periferiche, formula una attuale valutazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e tiene conto delle esigenze attuali della salvaguardia dell’ordine pubblico, ciò in quanto il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto ma rappresenta, invece, un’eccezione al normale divieto sancito dall’articolo 699 del codice penale, e dell’articolo 4, comma 1, legge 18 aprile 1975 (Consiglio di Stato, Sezione Terza, 26/10/2016, n. 4495; Tar Catanzaro, Sezione Prima, 29/08/2016 n.1662).

Pertanto, le relative valutazioni, anche quelle aventi ad oggetto l’istanza di licenza volta alla difesa personale, si possono basare su criteri di carattere generale (per i quali l’appartenenza in sé ad una categoria non ha uno specifico rilievo), tenendo altresì conto delle peculiarità del territorio, del particolare momento storico delle specifiche implicazioni di ordine e sicurezza pubblica.

In altri termini, le esigenze proprie del momento in cui è avvenuto il rinnovo possono essere diverse da quelle successivamente palesatesi.

Le motivazioni

Nel caso in esame, il ricorrente a seguito del diniego dell’Amministrazione aveva dedotto di movimentare rilevanti somme di denaro. Ma, a tale argomento, la sentenza in rassegna ha osservato che esiste, per come ha correttamente osservato l’Amministrazione, la possibilità di avvalersi dei più moderni sistemi di pagamento, fermo restando che non sono emersi elementi tali da evidenziare come l’incolumità dello stesso ricorrente fosse messa a specifico repentaglio.

I giudici amministrativi hanno chiarito che spetta al legislatore introdurre una specifica regola se l’appartenenza ad una “categoria” giustifica il rilascio della licenza di polizia e la possibilità di girare armati (tale rilascio è previsto, ovviamente, per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine, nei limiti stabiliti dagli ordinamenti di settore).

Se invece si tratta di imprenditori, commercianti, avvocati, notai, operatori del settore assicurativo o bancario, ecc., ovvero anche di appartenenti alle Forze dell’Ordine che intendano disporre di altre armi oltre quella di dotazione, in assenza di una disposizione di legge sul rilascio della licenza di polizia ratione personae, si deve ritenere che l’appartenenza alla “categoria” in sé non abbia uno specifico rilievo, tale da giustificare il rilascio della licenza di porto d’armi.

A ciò consegue che qualora l’organo periferico del Ministero dell’Interno si orienti in senso di respingere le istanze di rilascio (o di rinnovo) delle licenze, le scelte costituiscono espressione di valutazione di merito, di per sé insindacabile da parte del Giudice amministrativo, fermo restando la possibilità  per l’interessato di dolersi delle eventuali disparità di trattamento che si commettano in concreto.

A conclusione del proprio iter argomentativo, il Consiglio di Stato ha, quindi, accolto l’appello.

(Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza 14 dicembre 2016, n. 5276)