x

x

Esdebitazione - Corte di Giustizia dell’Unione Europea: La procedura di esdebitazione è conforme alla normativa UE in materia di IVA

Esdebitazione - Corte di Giustizia dell’Unione Europea: La procedura di esdebitazione è conforme alla normativa UE in materia di IVA
Esdebitazione - Corte di Giustizia dell’Unione Europea: La procedura di esdebitazione è conforme alla normativa UE in materia di IVA

Vale la pena di segnalare la pronuncia con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha “salvato” la disciplina dell’esdebitazione prevista dal nostro ordinamento, stabilendo, in particolare, che: “il diritto dell’Unione, … , deve essere interpretato nel senso che non osta a che i debiti da imposta sul valore aggiunto siano dichiarati inesigibili in applicazione di una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede una procedura di esdebitazione con cui un giudice può, a certe condizioni, dichiarare inesigibili i debiti di una persona fisica non liquidati in esito alla procedura fallimentare cui tale persona è stata sottoposta”.

 

Il procedimento nazionale e la questione pregiudiziale

Nel 2008 il Tribunale di Moldovì ha concesso una esdebitazione al socio di una società in accomandita semplice fallita e fallito in proprio. In seguito, l’Agenzia delle Entrate ha inviato allo stesso socio una cartella di pagamento a titolo di IVA e IRAP per l’anno di imposta 2003. Sia in primo grado che in appello, viene pronunciata dai giudici di merito l’illegittimità di tale cartella. Davanti alla Corte di Cassazione, l’Agenzia delle Entrate chiede la cassazione della decisione.

In via preliminare la Cassazione ha ricordato che: “la procedura di esdebitazione, applicabile al debitore, persona fisica, imprenditore commerciale dichiarato fallito, è tesa a consentire al suo beneficiario di «ripartire da zero» dopo aver cancellato tutti i debiti pregressi nei confronti dei creditori concorsuali rimasti insoddisfatti dalla liquidazione fallimentare, affinché tale debitore ridiventi un soggetto economico attivo senza subire limitazioni all’iniziativa o alle proprie potenzialità di favorire la produzione di ricchezza per effetto del peso di tali debiti”.

Secondo la Cassazione, l’elencazione tassativa dei debiti da cui il debitore può essere liberato, di cui all’articolo 142 della legge fallimentare, senza fare riferimento ai debiti tributari, deve essere intesa nel senso che la liberazione può verificarsi anche per i debiti fiscali. Ritiene tuttavia che sia necessario verificare se l’applicazione di tale procedura ai debiti IVA sia contraria al diritto comunitario. Il giudice del rinvio ritiene inoltre che si ponga anche la questione se la normativa nazionale del giudizio a quo sia compatibile con la disciplina europea in materia di concorrenza, in quanto questa normativa favorisce alcuni soggetti al fine di un reinserimento economico rispetto ad altri che vengono esclusi espressamente dalla legge.

Dunque, la Corte di Cassazione pone alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: «L’articolo 4, paragrafo 3, TUE e gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva, in materia di sistema comune di imposta sul valore aggiunto, devono essere interpretati nel senso che essi ostano all’applicazione, in materia di imposta sul valore aggiunto, di una disposizione nazionale che prevede l’estinzione dei debiti nascenti dell’IVA in favore dei soggetti ammessi alla procedura di esdebitazione disciplinata dagli articoli 142 e 143 della legge fallimentare?».

 

L’analisi e le conclusioni della Corte

La Corte di Giustizia ricorda innanzitutto che gli Stati membri hanno l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative atte a garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territori e che, nell’ambito del sistema comune dell’IVA, devono garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi, beneficiando di un’ampia libertà nei mezzi da utilizzare. Questa libertà, tuttavia, è limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione e da quello di non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti e questo sia all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme dei medesimi.

Tuttavia, le risorse proprio dell’Unione comprendono le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati. Dunque, qualsiasi lacuna nella riscossione del gettito IVA produce un deficit nelle stesse risorse dell’UE.

Dalla lettera della normativa nazionale applicabile, risulta che la procedura di esdebitazione di cui trattasi nel procedimento principale è assoggettata a condizioni di applicazione rigorose che offrono garanzie per quanto riguarda segnatamente la riscossione dei crediti IVA e che, tenuto conto di tali condizioni, essa non costituisce una rinuncia generale e indiscriminata alla riscossione dell’IVA e non è contraria all’obbligo degli Stati membri di garantire il prelievo integrale dell’IVA nel loro territorio nonché la riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione.

Inoltre, la Corte esclude che una procedura di esdebitazione così come disciplinata dalla legge fallimentare costituisca aiuto di Stato, per mancanza dei requisiti richiesti da una costante giurisprudenza europea.

I giudici concludono dunque affermando che la normativa comunitaria non osta all’applicazione della disciplina nazionale.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito InfoCuria.

(Corte di Giustizia dell’Unione Europea - Settima Sezione, Sentenza 16 marzo 2017, C-493/15: Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Sesta direttiva – Aiuti di Stato – Procedura di esdebitazione – Inesigibilità dei debiti IVA)