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Estorsione - Cassazione Penale: costituisce reato la richiesta di denaro al debitore esecutato in cambio della rinuncia all’aggiudicazione definitiva

Estorsione - Cassazione Penale: costituisce reato la richiesta di denaro al debitore esecutato in cambio della rinuncia all’aggiudicazione definitiva
Estorsione - Cassazione Penale: costituisce reato la richiesta di denaro al debitore esecutato in cambio della rinuncia all’aggiudicazione definitiva

La Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di estorsione la condotta dell’aggiudicatario provvisorio nella procedura esecutiva immobiliare che richieda il versamento di una somma di denaro da parte del debitore esecutato in cambio della rinuncia a proseguire nel procedimento fino alla aggiudicazione definitiva e al trasferimento del bene.

 

Il fatto e le decisioni di merito

Nel caso in esame, l’imputato, di professione avvocato, veniva condannato nel giudizio di primo grado, con conferma della sentenza d’appello sul punto, alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 800 di multa in ordine ai reati di estorsione e turbata libertà degli incanti, in quanto, avendo partecipato ad una procedura esecutiva immobiliare per persona da nominare ed essendo risultato aggiudicatario provvisorio di detta procedura, aveva costretto il debitore esecutato a versare in suo favore la somma di 4.000 euro, quale acconto di una somma più alta richiesta dallo stesso, al fine di rinunciare all’aggiudicazione, minacciandolo che in caso contrario avrebbe proseguito nel procedimento fino al trasferimento della proprietà del bene.

Avverso la sentenza della Corte territoriale, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione di legge con riferimento a varie disposizioni del Codice Civile, in ragione della mancata indicazione dei limiti giuridici positivamente ed espressamente imposti, ritenuti violati dall’imputato, non potendo ravvisare, per tale ragione, alcun limite al principio cardine della libertà contrattuale privata, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 629 del Codice Penale con riferimento all’elemento dell’ingiustizia del profitto, dell’altrui danno, della minaccia e all’elemento soggettivo, richiesti dalla norma incriminatrice.

 

I limiti alla libertà contrattuale privata

I giudici di legittimità hanno ritenuto infondate le censure proposte dal ricorrente con riferimento alla asserita mancata violazione di norme imperatrici e limiti giuridici dell’ordinamento. Tali limiti esisterebbero e sarebbero relativi alla natura del procedimento di espropriazione immobiliare e, in particolare, del sub-procedimento di vendita.

A differenza del procedimento di cognizione, regolato dal principio dispositivo, quello esecutivo “non permette intrusioni, se non nei limiti fisiologici derivanti dalla stessa funzione del processo esecutivo per espropriazione, che per definizione si rivolge a soggetti estranei al processo stesso, per intercettarne l’interesse all’acquisto e realizzare, quindi, la sua finalità tipica: la trasformazione del bene pignorato in denaro, onde soddisfare creditori nella successiva fase distributiva”.

Il procedimento esecutivo, dunque, si caratterizza per la sua valenza statuale, attesi gli obiettivi avuti di mira, ossia la soddisfazione dei creditori nell’ottica del rispetto della par condicio credito rum, la certezza del diritto e l’utilità sociale.

Con riguardo alla vendita forzata, non si può parlare di “negozio di diritto privato in cui il creditore agisce come una sorta di mandatario ex lege del debitore”, ma la stessa sarebbe espressione di un potere statale, “esercitato tramite l’organo giurisdizionale e finalizzato ad un effetto traslativo che non si riconduce allo scambio dei consensi, ma ad una serie di atti che appartengono ad un procedimento”.

Non può, infatti, parlarsi di posizione soggettiva derivante dall’aggiudicazione provvisoria del bene, tale da legittimare il suo titolare a disporne in via negoziale, in quanto all’aggiudicazione segue necessariamente l’obbligo di acquisto del bene, che avverrebbe in seguito all’emissione del decreto di trasferimento, emesso dal giudice a condizione dell’integrale versamento del bene da parte dell’aggiudicatario.

Nel caso di specie, non sussisteva margine per un atto dispositivo da parte dell’aggiudicatario e la condotta realizzata si è posta in contrasto con norme imperative dell’ordinamento. La contrarietà a norme imperative, che disciplinano il procedimento esecutivo, renderebbe il contratto concluso dalle parti nullo per illiceità della causa.

 

Gli elementi costitutivi del reato di estorsione

I giudici di legittimità hanno, inoltre, ritenuto sussistenti gli ulteriori elementi, oggettivi e soggettivo del reato di estorsione di cui all’articolo 629 del Codice Penale, ed in particolare:

l’ingiustizia del profitto dal fatto che il ricorrente non era legittimato a pretendere il pagamento e, di contro, il debitore non era tenuto a versarlo, in quanto non fondato su alcuna legittima pretesa, tutelata dall’ordinamento, con conseguente causazione di un danno economico per la persona offesa pari alla somma effettivamente versata;

la minaccia, nell’avvenuta prospettazione da parte dell’imputato al debitore di un male ingiusto, ossia la prosecuzione della procedura esecutiva che avrebbe comportato la perdita definitiva del bene in capo al debitore esecutato; infine,

l’elemento soggettivo risultante dalla valutazione complessiva di una pluralità di elementi di fatto, valutati concordemente nei precedenti gradi di giudizio.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha, relativamente ai punti esaminati, rigettato il ricorso proposto.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 17 febbraio - 13 marzo 2017, n. 11979)

La Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di estorsione la condotta dell’aggiudicatario provvisorio nella procedura esecutiva immobiliare che richieda il versamento di una somma di denaro da parte del debitore esecutato in cambio della rinuncia a proseguire nel procedimento fino alla aggiudicazione definitiva e al trasferimento del bene.

 

Il fatto e le decisioni di merito

Nel caso in esame, l’imputato, di professione avvocato, veniva condannato nel giudizio di primo grado, con conferma della sentenza d’appello sul punto, alla pena di anni due, mesi quattro di reclusione ed euro 800 di multa in ordine ai reati di estorsione e turbata libertà degli incanti, in quanto, avendo partecipato ad una procedura esecutiva immobiliare per persona da nominare ed essendo risultato aggiudicatario provvisorio di detta procedura, aveva costretto il debitore esecutato a versare in suo favore la somma di 4.000 euro, quale acconto di una somma più alta richiesta dallo stesso, al fine di rinunciare all’aggiudicazione, minacciandolo che in caso contrario avrebbe proseguito nel procedimento fino al trasferimento della proprietà del bene.

Avverso la sentenza della Corte territoriale, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione di legge con riferimento a varie disposizioni del Codice Civile, in ragione della mancata indicazione dei limiti giuridici positivamente ed espressamente imposti, ritenuti violati dall’imputato, non potendo ravvisare, per tale ragione, alcun limite al principio cardine della libertà contrattuale privata, nonché la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 629 del Codice Penale con riferimento all’elemento dell’ingiustizia del profitto, dell’altrui danno, della minaccia e all’elemento soggettivo, richiesti dalla norma incriminatrice.

 

I limiti alla libertà contrattuale privata

I giudici di legittimità hanno ritenuto infondate le censure proposte dal ricorrente con riferimento alla asserita mancata violazione di norme imperatrici e limiti giuridici dell’ordinamento. Tali limiti esisterebbero e sarebbero relativi alla natura del procedimento di espropriazione immobiliare e, in particolare, del sub-procedimento di vendita.

A differenza del procedimento di cognizione, regolato dal principio dispositivo, quello esecutivo “non permette intrusioni, se non nei limiti fisiologici derivanti dalla stessa funzione del processo esecutivo per espropriazione, che per definizione si rivolge a soggetti estranei al processo stesso, per intercettarne l’interesse all’acquisto e realizzare, quindi, la sua finalità tipica: la trasformazione del bene pignorato in denaro, onde soddisfare creditori nella successiva fase distributiva”.

Il procedimento esecutivo, dunque, si caratterizza per la sua valenza statuale, attesi gli obiettivi avuti di mira, ossia la soddisfazione dei creditori nell’ottica del rispetto della par condicio credito rum, la certezza del diritto e l’utilità sociale.

Con riguardo alla vendita forzata, non si può parlare di “negozio di diritto privato in cui il creditore agisce come una sorta di mandatario ex lege del debitore”, ma la stessa sarebbe espressione di un potere statale, “esercitato tramite l’organo giurisdizionale e finalizzato ad un effetto traslativo che non si riconduce allo scambio dei consensi, ma ad una serie di atti che appartengono ad un procedimento”.

Non può, infatti, parlarsi di posizione soggettiva derivante dall’aggiudicazione provvisoria del bene, tale da legittimare il suo titolare a disporne in via negoziale, in quanto all’aggiudicazione segue necessariamente l’obbligo di acquisto del bene, che avverrebbe in seguito all’emissione del decreto di trasferimento, emesso dal giudice a condizione dell’integrale versamento del bene da parte dell’aggiudicatario.

Nel caso di specie, non sussisteva margine per un atto dispositivo da parte dell’aggiudicatario e la condotta realizzata si è posta in contrasto con norme imperative dell’ordinamento. La contrarietà a norme imperative, che disciplinano il procedimento esecutivo, renderebbe il contratto concluso dalle parti nullo per illiceità della causa.

 

Gli elementi costitutivi del reato di estorsione

I giudici di legittimità hanno, inoltre, ritenuto sussistenti gli ulteriori elementi, oggettivi e soggettivo del reato di estorsione di cui all’articolo 629 del Codice Penale, ed in particolare:

l’ingiustizia del profitto dal fatto che il ricorrente non era legittimato a pretendere il pagamento e, di contro, il debitore non era tenuto a versarlo, in quanto non fondato su alcuna legittima pretesa, tutelata dall’ordinamento, con conseguente causazione di un danno economico per la persona offesa pari alla somma effettivamente versata;

la minaccia, nell’avvenuta prospettazione da parte dell’imputato al debitore di un male ingiusto, ossia la prosecuzione della procedura esecutiva che avrebbe comportato la perdita definitiva del bene in capo al debitore esecutato; infine,

l’elemento soggettivo risultante dalla valutazione complessiva di una pluralità di elementi di fatto, valutati concordemente nei precedenti gradi di giudizio.

Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha, relativamente ai punti esaminati, rigettato il ricorso proposto.

La sentenza è integralmente consultabile sul sito della Cassazione.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 17 febbraio - 13 marzo 2017, n. 11979)