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Lesioni - Cassazione Penale: per le lesioni cagionate da un animale risponde il soggetto che ne ha anche la semplice detenzione temporanea

Lesioni - Cassazione Penale: per le lesioni cagionate da un animale risponde il soggetto che ne ha anche la semplice detenzione temporanea
Lesioni - Cassazione Penale: per le lesioni cagionate da un animale risponde il soggetto che ne ha anche la semplice detenzione temporanea

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di lesioni cagionate da un animale, è responsabile il soggetto che ne abbia la detenzione, anche solo materiale e di fatto, non essendo necessario un rapporto di proprietà in senso civilistico tra soggetto e animale.

 

Il caso in esame

La pronuncia trae origine dal ricorso presentato da un soggetto accusato di aver commesso il reato di cui all’articolo 590 del Codice Penale (Lesioni personali colpose) – perché, omettendo di controllare il proprio cane pastore tedesco, aveva fatto sì che questo aggredisse un terzo, con conseguenti lesioni personali – avverso la decisione del Tribunale del luogo che, in sede di appello, aveva confermato la sentenza di condanna del Giudice di Pace.

Nel proprio atto di gravame, il ricorrente lamentava l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato di lesioni personali per difetto dell’elemento oggettivo del reato e del nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del soggetto agente e l’evento lesivo.

L’imputato sosteneva infatti non essere né il proprietario né il detentore dell’animale, trattandosi di un cucciolo randagio di pastore tedesco, con il quale i propri figli si erano solo intrattenuti in alcune occasioni poiché l’animale era solito aggirarsi dinanzi alla loro abitazione. Pertanto, secondo il ricorrente, non sussisteva in capo allo stesso alcun obbligo di custodia dell’animale.

Inoltre, lamentava l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, ossia la colpa, non potendo addebitarsi all’imputato l’omessa custodia o l’omessa cautela nel vigilare sul cane, trattandosi di cane randagio, visto in qualche sporadica occasione giocare con i suoi figli in un’area pubblica. Nel caso di specie, la responsabilità per le lesioni personali era da imputarsi al Comune e alla ASL competente, unici soggetti titolari del relativo obbligo di custodia.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto la doglianza manifestamente infondata.

Richiamando un orientamento giurisprudenziale oramai consolidato, la Cassazione ha ritenuto che “quello che occorre verificare […] non è la proprietà dell’animale, bensì l’esistenza di una relazione di fatto tra l’imputato e il cane tale da far sorgere in capo allo stesso un obbligo di custodia e vigilanza sull’animale. E tale relazione può essere […] anche mediata ovvero per il tramite dei figli”.

Secondo i giudici di legittimità, “in tema di omessa custodia di animali, l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’art. 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprietà in senso civilistico”.

La posizione di garanzia nei confronti dell’animale, dunque, prescinde dalla nozione di appartenenza, essendo sufficiente una mera detenzione anche solo temporanea dell’animale per porre in capo al soggetto l’obbligo di controllare e di custodire l’animale, adottando ogni cautela per evitare e prevenire le possibili aggressioni a terzi.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000,00 euro alla Cassa delle Ammende.

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 10 novembre 2017, n. 51448)